La dimensione internazionale degli studi - QdS

La dimensione internazionale degli studi

Roberto Quartarone

La dimensione internazionale degli studi

domenica 10 Giugno 2012

Aumentano le possibilità per gli studenti delle superiori di viaggiare imparando, tra finanziamenti europei e iniziative scolastiche. Molti progetti mirano a creare una generazione europea, stimolando la cittadinanza attiva

PALERMO – Vacanze-studio, anni all’estero, progetti Comenius e della “Gioventù in azione”… Un aspetto che negli ultimi vent’anni ha assunto un ruolo sempre più determinante nella formazione degli adolescenti nati dopo gli anni settanta è stata la dimensione europea degli studi. Non solo è importante essere preparati sulle materie apprese a scuola, quindi, ma anche dispiegare e applicare i concetti e le nozioni alla vita reale oltre i confini della propria città e, soprattutto, del proprio Paese.
È questo il periodo in cui molti giovani si preparano a trascorrere una o più settimane all’estero per studiare una lingua straniera, mai abbastanza approfondita (e praticata) tra le quattro mura scolastiche. Ormai molti hanno già prenotato e scelto, ma esistono ancora delle agenzie – che negli ultimi anni sono proliferate – che offrono delle occasioni last minute per le destinazioni più disparate. L’inglese si studia, ovviamente, nel Regno Unito e in Irlanda, mete molto ambite, ma che lasciano un segno profondo nella formazione. C’è anche chi si lancia nello studio del francese, in Belgio o Francia, dello spagnolo, con l’Andalusia che è una destinazione da sogno per l’estate, o del tedesco, in Germania, Austria e Svizzera. I prezzi si aggirano intorno ai 500 euro per una settimana con corso e alloggio, ma per chi ha disponibilità maggiori ci sono anche destinazioni esotiche come Stati Uniti, Australia, Canada e il sempre più richiesto Giappone.
Ed è oltre oceano che si concentrano le attenzioni di chi invece vuole trascorrere più tempo all’estero. Si tratta di solito di studenti delle scuole superiori che preferiscono passare il penultimo anno lontani da casa: si taglia provvisoriamente il cordone ombelicale con la famiglia e, soprattutto, si scopre un mondo totalmente diverso dal proprio. Aiutati da borse di studio o pagando di tasca propria, i 16-17enni si ritrovano per un periodo che va da tre mesi a un anno intero in un’altra scuola, con altri compagni di classe, dovendo studiare e sostenere interrogazioni e compiti in un’altra lingua. E il risultato è un’indubbia ricaduta sulla propria crescita personale. D’altro canto, si può partecipare a questi progetti anche dall’altra parte della barricata, cioè ospitando gratuitamente uno studente straniero: l’italiano è una lingua che richiama molti stranieri, da paesi emergenti ma anche dagli Stati Uniti.
Altra grande opportunità è rappresentata dal progetto Comenius e dal programma Youth in Action (Gioventù in azione). Il primo, inserito nel programma di apprendimento permanente (Llp, di cui fanno parte anche l’Erasmus e il Leonardo), riceve dei finanziamenti europei che arrivano a 906 milioni di euro per tutti i Paesi dell’Ue. Proprio per questo, i professori più intraprendenti e con più fantasia possono presentare dei progetti che includano degli accordi internazionali con altre scuole.
 
Simile è Youth in Action, a cui però possono partecipare studenti e giovani lavorato anche slegati dalle scuole: il progetto internazionale è presentato e valutato dalle agenzie nazionali, che poi assegnano dei fondi per il suo sviluppo. Si tratta delle proposte più disparate, dai giornali d’istituto al turismo, dalla scienza alla musica, il tutto con il fine di creare un’integrazione tra i giovani di Paesi diversi, una sorta di generazione continentale che li renda open minded, “di larghe vedute”, e cittadini europei.
 


Il dibattito sull’utilità dell’Agenzia nazionale giovani
 
PALERMO – Proprio in questi giorni, l’Agenzia nazionale giovani (che gestisce per l’Italia il programma Youth in Action) è stata al centro di un articolo de l’Espresso in cui se ne metteva in dubbio l’utilità. Nell’articolo di Stefano Livadiotti si denunciava come i fondi europei e statali ricevuti nel 2011 ammontassero a oltre 20 milioni di euro per scopi che si rifanno a una “ragione sociale sufficientemente generica”, sottolineava l’autore, perché riferita alla “cittadinanza attiva dei giovani e, in particolare, la cittadinanza europea” (come si legge dallo Statuto).
La risposta dell’Agenzia (il cui responsabile è Paolo Di Caro, ex assessore allo sport del Comune di Catania) è arrivata a inizio giugno: in una lunga lettera aperta, si è notato come le accuse provenienti dal settimanale vadano contro “le decine di organizzazioni che con l’Agenzia lavorano per favorire l’inclusione di giovani con minori opportunità”, anche perché l’Agenzia è “presente in tutti i Paesi del continente e non certo frutto di qualche cervellotica e sprecona scelta di politici italiani”. E che il risparmio per lo Stato, se fosse chiusa, ammonterebbe ad appena 32 mila euro l’anno.

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