Meno male che il Comico c’è - QdS

Meno male che il Comico c’è

Carlo Alberto Tregua

Meno male che il Comico c’è

mercoledì 17 Aprile 2013

Se dice sì, sparisce dalla politica

Bersani ha tentato di coinvolgere il Comico quasi implorandolo di dargli i voti indispensabili al Senato. Ma il Genovese ha tenuto duro. Sarà un parolaio, ma non è fesso. Egli ha capito perfettamente che il movimento da lui fondato, insieme a Casaleggio, ha una ragion d’essere in quanto contenitore e strumento dell’ira del popolo che non vuole più sentire parlare delle infrastrutture partitocratiche, concentrato di corruzione e di privilegi che hanno affossato il Paese.
Nel momento in cui facesse un’alleanza con un qualunque partito verrebbe meno la sua funzione di strumento di protesta e quindi la sua stessa esistenza.
ecco come spiegano i politologi la sua apparente ostinazione ad allearsi. La richiesta al capo dello Stato di affidare il governo al M5S è strumentale. Come strumentale è l’affermazione che il movimento continuerà la sua lotta per arrivare al cento per cento dei consensi. Sono due propositi irrealizzabili, che fanno parte dell’immaginazione piuttosto che della realtà.

Tuttavia, meno male che il Comico c’è. Senza di esso i partiti avrebbero continuato a fare melina senza attivare il processo di riforme indispensabili per far riprendere al Paese il cammino della crescita economica e sociale.
Il Comico ha decretato la morte del supposto modello Sicilia quando ha intimato ai Grilletti siciliani, guidati da Giancarlo Cancelleri, di non unirsi ai voti di Crocetta e soci sulla legge delle preferenze rosa, mentre ha giustamente partecipato all’approvazione della legge che trasforma le Province in Consorzi di Comuni.
A proposito di Grilletti siciliani, essi risultano inadempienti sul piano del taglio dei propri emolumenti come consiglieri (deputati regionali). Il fatto che restituiscano la maggior parte di detti emolumenti alla Ragioneria dell’Assemblea non modifica la situazione, perché le somme restituite si mescolano nel calderone e non sono destinate al microcredito, a meno che non venga previsto per legge.
Ma, intanto, i Grilletti siciliani dell’Ars non hanno spiegato perché non è stato depositato un ddl a loro firma tendente ad abrogare la legge 44/1965 che parifica gli emolumenti dei consiglieri (deputati regionali) a quelli dei senatori.

 
L’omissione è inspiegabile, perché solo il loro gruppo potrebbe prendere questa iniziativa, anche se è stato depositato un analogo ddl a firma del vicepresidente dell’Ars, Pogliese, di Caputo e Vinciullo per la finalità (abrogazione della L.r. 44/65) da noi indicata da almeno dieci anni.
È inutile girarci attorno. L’Assemblea spende oltre 20 milioni per i deputati, 38 milioni per i dipendenti e oltre 45 milioni per i pensionati, una spesa non più sostenibile.
Infatti è urgente che il costo dei deputati venga dimezzato a 10 milioni, quello del personale a 19 milioni e quello dei pensionati a 20 milioni.
Come? Mediante un’apposita legge, anche la prossima finanziaria 2013 (legge di stabilità), che stabilisca tre punti: ai consiglieri (deputati regionali) vengano corrisposti emolumenti e indennità complessivi lordi non superiori a quelli erogati nella regione più virtuosa (Emilia Romagna); che i dipendenti dell’Ars percepiscano gli stessi compensi lordi di quelli del consiglio regionale più virtuoso; che ai pensionati vengano erogati assegni non superiori a quelli del consiglio regionale più virtuoso.

Sorge subito un’obiezione, a tutela dei privilegi. Ma così si tagliano i cosiddetti diritti acquisiti. Però, i diritti acquisiti sono privilegi a scapito dell’intera Comunità, essi vanno tagliati senza indugio. Non si capisce perché i consiglieri (deputati regionali), i dipendenti e i pensionati dell’Assemblea regionale debbano guadagnare il doppio dei loro colleghi di una regione virtuosa. La questione che poniamo da sempre è trasparente, lineare e lampante. Qualcuno ci scriva le ragioni contrarie, oppure taccia per sempre.
Ci dispiace che i Grilletti di Sicilia stiano deludendo le aspettative di chi li ha votati, ma anche di chi confidava nella ventata di novità. Se non procedono a proporre il taglio dei privilegi, la loro funzione cessa e il popolo irato non gli darà più i voti.
Analogo discorso vale per l’M5S nazionale: alle parole devono seguire i fatti. I fatti sono rappresentati da disegni di legge per tagliare i privilegi, che mettano con le spalle al muro i partitocrati che hanno rovinato l’Italia. Il resto appartiene alle chiacchiere.

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