Jobs Act: addio all’articolo 18 e nuove norme sui licenziamenti - QdS

Jobs Act: addio all’articolo 18 e nuove norme sui licenziamenti

Mariaelena Casaretti

Jobs Act: addio all’articolo 18 e nuove norme sui licenziamenti

martedì 10 Marzo 2015

Pubblicati in Guri 2 decreti attuativi della riforma sul lavoro con novità per aziende fino a 15 addetti. Indennità fissate in base all’anzianità e diritto al reintegro solo se discriminati

ROMA – Inutili aspre lotte in materia sindacale: il Jobs Act s’ha da fare. Parola fine, dunque, al cammino travagliato della legge delega fortemente voluta dal Governo Renzi approvata dieci giorni fa dal Consiglio dei ministri e pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso venerdì 6 marzo. Via libera ai primi due decreti legislativi attuativi della riforma che propone di migliorare le sorti del mercato del lavoro, con meno protezioni per i licenziamenti e tutele che crescono con l’avanzamento di carriera.
Ecco, di seguito, una panoramica su cosa cambia per i diritti e i doveri dei lavoratori assunti dal 1° gennaio 2015:

Articolo 18
Il Jobs Act modifica essenzialmente l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori in materia di licenziamenti individuali. Fino a ieri, il dipendente vittima di un licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice aveva diritto a essere reintegrato nell’organico aziendale. In seguito alle nuove disposizioni, il lavoratore potrà auspicare al diritto di reintegro solo se vittima di una discriminazione per motivi politici, sindacali, sessuali o razziali; diversamente, se il licenziamento sarà riconducibile alle sole ragioni economiche, all’ex dipendente spetterà solo un risarcimento in denaro. Nel caso, invece, di licenziamento per ragioni disciplinari, quali assenteismo, furto sul luogo di lavoro o insubordinazione, spetterà al giudice stabilire se ordinare o meno il reintegro nell’impresa.

Indennità di licenziamento
Novità per il sistema delle indennità di licenziamento per tutte le aziende con più di quindici addetti. Un dipendente spedito a casa ingiustamente avrà infatti diritto a un risarcimento in denaro proporzionale alla lunghezza della sua carriera. Per ogni anni di servizio alle spalle, l’ex lavoratore maturerà il diritto a un indennizzo di due mesi di stipendio e fino a un massimo di ventiquattro mensilità.

Licenziamenti collettivi
Dopo un estenuante lotta con le commissioni, il governo ha deciso di includere nel decreto anche i licenziamenti collettivi, ovvero quelli che riguardano più di cinque lavoratori contemporaneamente e per i quali si applica il regime di indennizzo monetario valido per i licenziamenti individuali, salvo comunicazione orale del distacco dal luogo di lavoro, ove verrà applicata la sanzione di reintegro.

Licenziamenti da parte di piccole e medie imprese
Ultimo capitolo del decreto legislativo è quello che prevede regole ad hoc per i licenziamenti da parte delle imprese fino a quindici dipendenti (cinque se di tipo agricolo). Per gli ex lavoratori di Pmi il reintegro in azienda sarà auspicabile per i soli licenziamenti discriminatori comunicati in forma orale. In alternativa, verrà attivata un’indennità a crescere degli anni di servizio, con minimo di due e massimo di sei mensilità.

Mansioni
In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificarne il trattamento economico.

Controlli a distanza
Modificata, rispetto al testo iniziale del decreto, la disciplina dei controlli a distanza dei dipendenti. La riforma del lavoro del Governo Renzi ha tra i tanti obiettivi prefissati, anche quello di introdurre dei meccanismi di verifica dell’operatività nell’azienda, con controlli che, diversamente da quanto precedentemente proposto, non riguarderanno i singoli lavoratori, ma soltanto reparti ed impianti, in maniera tare da non ledere, così, il diritto alla privacy dei dipendenti.

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