Le rendite finanziarie in Italia e i principi di tassazione - QdS

Le rendite finanziarie in Italia e i principi di tassazione

Antonio Pogliese

Le rendite finanziarie in Italia e i principi di tassazione

giovedì 18 Febbraio 2016

Gli investimenti mobiliari (azioni, obbligazioni, gestioni patrimoniali, depositi, ecc.) e le loro caratteristiche. Come si può difendere l’investitore in questo periodo di notevole volatilità

CATANIA – Durante gli anni Ottanta, in Italia il rapporto fra debito pubblico/Pil oscillava intorno al 50%, come adesso avviene in altri pochi Paesi additati quali esempi virtuosi di gestione della finanza pubblica. In quegli anni, nelle Università italiane si insegnava la Scienza delle finanze che studia gli aspetti economici dell’attività finanziaria dello Stato. Dopo venne la stagione dei governi di coalizione nazionale gestiti da tutti i partiti dell’arco costituzionale, i quali «scoprirono» che il consenso si poteva gestire anche concedendo tutto a tutti. Così sono riusciti a governare per tanto tempo, utilizzando la ricchezza prodotta e quella da produrre per un numero di anni che non è possibile determinare.
Il rapporto debito pubblico/Pil dal 50% arrivò ben presto al 100%. E nelle Università italiane l’insegnamento del Diritto tributario iniziò ad assumere sempre maggior peso rispetto alla Scienza delle finanze.
I criteri di tassazione delle rendite finanziarie, come recentemente modificati, costituiscono un esempio tipico di tecnica legislativa finalizzata a massimizzare il gettito non considerando la precisa funzione di ciascuna imposta nell’ambito del sistema tributario, nel rispetto delle norme costituzionali, mantenendo la specificità delle varie forme di investimenti oggetto dell’imposizione.
La tassazione delle rendite finanziarie colpisce i privati negli investimenti (azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, gestioni patrimoniali, depositi, ecc.) che vengono comunemente definiti “investimenti mobiliari”, per distinguerli dagli investimenti immobiliari (cioè i fabbricati, i terreni, ecc). Con questa definizione di uso comune intendiamo quindi riferirci a tutti gli strumenti finanziari regolamentati dal Testo Unico sulla Finanza, piuttosto che ai soli “valori mobiliari” con cui si identificano i titoli negoziati nel mercato dei capitali.
La qualificazione di “mobiliare” a tali investimenti sta a significare la concreta possibilità dell’immediato e certo (nella generalità dei casi) smobilizzo, cioè di liquidare l’investimento riconoscendo il relativo valore costituito dall’originario investimento, maggiorato della plusvalenza o interessi, decurtato della minusvalenza, dalla tassazione e dalle commissioni ove esistenti. Altre caratteristiche dell’investimento mobiliare, a differenza di quello immobiliare, sono rappresentate dalla diversificazione in vari prodotti finanziari e delle attuazioni immediate di operare, nella relativa gestione, con operazioni di compra e vendita.
Creare ostacoli alla diversificazione e/o all’immediato smobilizzo produce l’effetto di rendere gli investimenti finanziari molto meno mobili, con la conseguente riduzione dell’efficienza dei mercati. E ciò rappresenta una notevole criticità nell’attuale sistema economico e sociale di capitalismo moderno.
Per dare dimostrazione di quanto sopra è però necessario sistematizzare la normativa inerente la tassazione sulle rendite finanziarie.

La tassazione delle rendite finanziarie
La tassazione degli strumenti finanziari e delle rendite finanziarie ha subito numerose variazioni negli ultimi anni. Il Legislatore ha nel tempo individuato diverse tipologie di reddito tassabile, ciascuna delle quali è disciplinata in un apposito provvedimento normativo. A seguito della stratificazione degli interventi normativi, però, il quadro della pressione fiscale sulle rendite finanziarie risulta oggi molto variegato e complesso. I proventi tassati derivano principalmente dagli interessi delle obbligazioni (cedole), dai dividendi dei titoli azionari, dalle plusvalenze derivanti dalla partecipazione a fondi comuni e Sicav, dalle plusvalenze prodotte dalla negoziazione dei titoli (capital gains). Tali proventi si dividono in «redditi di capitale» e in «redditi diversi di natura finanziaria».

I redditi di capitale
I redditi di capitale sono proventi che derivano direttamente dall’investimento e rappresentano la remunerazione spettante all’investitore prodotta direttamente dallo strumento finanziario.
Sui redditi di capitale, che possono essere solo positivi, l’intermediario finanziario opera come sostituto d’imposta, indipendentemente dal regime fiscale. Quindi la ritenuta a titolo d’imposta verrà applicata anche dai clienti che hanno adottato il regime fiscale dichiarativo. Gli intermediari, poi, non applicano la ritenuta sui redditi di capitale alle società ed enti commerciali residenti (c.d. «lordisti»), che imputano a conto economico i proventi lordi.

Antonio Pogliese
(1a parte)

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