I criteri di tassazione delle rendite finanziarie, come recentemente modificati, costituiscono un esempio tipico di tecnica legislativa finalizzata a massimizzare il gettito non considerando la precisa funzione di ciascuna imposta nell’ambito del sistema tributario, nel rispetto delle norme costituzionali, mantenendo la specificità delle varie forme di investimenti oggetto dell’imposizione.
Creare ostacoli alla diversificazione e/o all’immediato smobilizzo produce l’effetto di rendere gli investimenti finanziari molto meno mobili, con la conseguente riduzione dell’efficienza dei mercati. E ciò rappresenta una notevole criticità nell’attuale sistema economico e sociale di capitalismo moderno.
Per dare dimostrazione di quanto sopra è però necessario sistematizzare la normativa inerente la tassazione sulle rendite finanziarie.
La tassazione delle rendite finanziarie
La tassazione degli strumenti finanziari e delle rendite finanziarie ha subito numerose variazioni negli ultimi anni. Il Legislatore ha nel tempo individuato diverse tipologie di reddito tassabile, ciascuna delle quali è disciplinata in un apposito provvedimento normativo. A seguito della stratificazione degli interventi normativi, però, il quadro della pressione fiscale sulle rendite finanziarie risulta oggi molto variegato e complesso. I proventi tassati derivano principalmente dagli interessi delle obbligazioni (cedole), dai dividendi dei titoli azionari, dalle plusvalenze derivanti dalla partecipazione a fondi comuni e Sicav, dalle plusvalenze prodotte dalla negoziazione dei titoli (capital gains). Tali proventi si dividono in «redditi di capitale» e in «redditi diversi di natura finanziaria».
I redditi di capitale
I redditi di capitale sono proventi che derivano direttamente dall’investimento e rappresentano la remunerazione spettante all’investitore prodotta direttamente dallo strumento finanziario.
Sui redditi di capitale, che possono essere solo positivi, l’intermediario finanziario opera come sostituto d’imposta, indipendentemente dal regime fiscale. Quindi la ritenuta a titolo d’imposta verrà applicata anche dai clienti che hanno adottato il regime fiscale dichiarativo. Gli intermediari, poi, non applicano la ritenuta sui redditi di capitale alle società ed enti commerciali residenti (c.d. «lordisti»), che imputano a conto economico i proventi lordi.
Antonio Pogliese
(1a parte)