Referendum Trivelle, istruzioni per l'uso - QdS

Referendum Trivelle, istruzioni per l’uso

Rosario Battiato

Referendum Trivelle, istruzioni per l’uso

venerdì 11 Marzo 2016

Fra poco più un mese il voto del 17 aprile, tutti i dettagli e le conseguenze di un voto politico sul futuro energetico dell’Italia. Le ragioni dei due fronti, ognuno dei quali rivendica il diritto di difendere l’ambiente

PALERMO – Il quesito è unico, ma gli sviluppi e i ragionamenti sono molteplici. Non si tratta di liberare l’Italia dal petrolio, visto che non è in discussione il blocco di nuove trivellazioni entro le 12 miglia (già vietato per legge), ma soltanto di impedire che le concessioni in scadenza vengano rinnovate fino all’esaurimento dei giacimenti. Per le trivellazioni oltre il limite delle 12 miglia non cambierebbe nulla. In altri termini: volete bloccare le trivellazioni entro le 12 miglia in presenza di un giacimento ancora attivo quando scadranno le concessioni? La risposta non è così semplice e ve ne illustriamo i motivi in preparazione del voto del 17 aprile.
Per avere un quadro chiaro e completo dell’unico quesito superstite dei 6 originariamente richiesti da nove Regioni (non dalla Sicilia), bisogna andare all’origine della domanda sulla quale gli italiani saranno chiamati a esprimersi il prossimo 17 aprile.
Il decreto del presidente della Repubblica 15 febbraio 2016 indice il referendum popolare per l’abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006 come sostituito dal comma 239 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, limitatamente alle seguenti parole: “Per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.
Di cosa si tratta? Semplificando si chiede ai cittadini italiani di decidere se vietare il rinnovo delle trivellazioni già esistenti alla scadenza delle concessioni, anche se ancora ci sono margini per estrarre idrocarburi liquidi o gassosi. In caso di vittoria del “sì”, alla scadenza dei termini delle concessioni (soltanto entro le 12 miglia della costa) si bloccheranno le attività di estrazione. In caso contrario, cioè vittoria del “no”, le compagnie petrolifere, in seguito all’ottenimento della Valutazione di impatto ambientale (Via) da parte del ministero, potranno richiedere un prolungamento dell’attività fino all’esaurimento del giacimento. Ovviamente questi ragionamenti avranno senso soltanto se si raggiungerà la famigerata quota del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. Altrimenti tutto resterà così com’è.
Per comprendere fino in fondo l’impatto che avrà sul territorio nazionale e siciliano ci siamo dotati di cartina e pazienza. Sono 21 i giacimenti offshore interessati dal referendum, circa un terzo del totale delle 69 concessioni di coltivazione nel sottofondo marino presenti sul sito del ministero dello Sviluppo economico. La mappa dettagliata è stata realizzata da ilsole24ore.com e riguarderebbe la Sicilia per sette concessioni lungo il Canale di Sicilia.
Il referendum diventa un voto “immediatamente politico”. Lo annuncia, dal proprio sito ufficiale, il comitato NoTriv che, tra le sei ragioni per votare “sì” al referendum, spiega che “è l’unico strumento” in mano ai movimenti “per dire la propria sulla Strategia energetica nazionale che da Monti a Renzi resta l’emblema dell’offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana”.
Sul fronte opposto il comitato “ottimisti e razionali” (ottimistierazionali.it), gruppo che raccoglie economisti, giornalisti e politici schierati per il “no”, e che ha redatto nel documento “Verso il referendum del 17 aprile. Buoni argomenti contro le crociate”. Per i fautori del “no” limitare la durata delle concessioni creerebbe “più pericoli per l’ambiente” anche in virtù del maggior numero di “petroliere in transito davanti alle nostre coste” visto che l’Italia avrebbe necessità di importare maggiori risorse a costi più alti della produzione locale (nel 2015 la produzione nazionale ha consentito di coprire il 9% dei consumi di petrolio e il 10,2% di quelli di gas). Da non sottovalutare nemmeno l’aspetto economico e occupazionale con 32mila unità che, tra diretti e indiretti, lavorano nel settore, investimenti da 1,2 miliardi e 310 milioni di euro di royalties e canoni versati alle regioni. Anche la Cgil, tramite il segretario nazionale Filctem, Emilio Miceli, ha preso posizione contro il referendum dalle pagine del quotidiano l’Unità.

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