Pmi siciliane: peso fiscale al 68,5% a Catania - QdS

Pmi siciliane: peso fiscale al 68,5% a Catania

redazione

Pmi siciliane: peso fiscale al 68,5% a Catania

giovedì 05 Maggio 2016

Osservatorio permanente sulla tassazione delle Pmi realizzato dalla Cna: Reggio Calabria la città con la fiscalità più elevata (73,2%). Nella città etnea si inizia a “lavorare per se stessi” il 7 settembre (giorno della liberazione fiscale)

ROMA – L’incidenza media del peso fiscale totale che grava su una piccola impresa nel 2016 dovrebbe toccare il 61 per cento. Ma sono numerosi i comuni destinati a discostarsi sensibilmente dalla media. Lo rileva la Cna nell’osservatorio permanente sulla tassazione delle Pmi, dal quale emerge che Reggio Calabria si conferma la città italiana con la fiscalità più elevata, il Total tax rate tocca il 73,2 per cento.
Al secondo posto figura Bologna, con il Ttr al 71,9 per cento, mentre sale di una posizione Roma, terza, con il Ttr al 69,8 per cento. Scala due posti Catania, quarta, con il 68,5 per cento.
Firenze rimane quinta, con il 68,5 per cento. E scala un posto Bari, sesta, con il 67,9 per cento. Napoli, invece, scivola al settimo posto (era terza) con il Ttr al 67,8 per cento davanti a Salerno, rimasta ottava, con il 66,8 per cento di prelievo fiscale complessivo. Nella poco invidiabile top ten si scambiano la posizione Cremona (salita al nono dal decimo posto) con il 66,8 per cento e Foggia, passata al decimo, con il 66,4 per cento.
Al Ttr – precisa la Cna – corrisponde, ovviamente, anche il Tax free day, il giorno della liberazione fiscale. Sono le piccole imprese di Reggio Calabria a dover lavorare di più per il fisco: fino al 24 settembre, quasi un mese e mezzo oltre la media, che cade il 10 agosto. Seguono Bologna (19 settembre), Roma (11 settembre) Catania e Firenze (7 settembre), Bari (5 settembre), Napoli (4 settembre), Salerno e Cremona (31 agosto), Foggia (30 agosto).
All’opposto il comune meno oneroso è Gorizia, dove l’incidenza del peso totale della fiscalità sulle piccole imprese si ferma al 54,4 per cento. Gorizia ha tolto lo scettro a Cuneo, ora seconda con il 54,5 per cento alla pari con Belluno, che invece migliora di una posizione. La perde Sondrio (54,8 per cento) mentre quint’ultima rimane Udine (55,2 per cento). Nella top ten dei comuni meno onerosi entra, quindi, Carbonia (55,3 per cento) che precede Imperia, Arezzo e Mantova (55,7 per cento) e Vicenza (55,9 per cento). Il Total tax rate corrisponde, anche tra i comuni meno onerosi, al Tax free day.
A Gorizia, Cuneo e Belluno si comincia a lavorare per l’impresa e la propria famiglia il 17 luglio (ben oltre due mesi prima di Reggio Calabria), il 19 luglio a Sondrio, il 20 a Udine e Carbonia, il 22 a Imperia, Arezzo e Mantova, il 23 a Vicenza.
Ma che cos’è successo nei principali comuni italiani a partire dal 2011, l’anno zero del federalismo fiscale? La media reca il segno più. La crescita è stata, infatti, del 3,04 per cento. Ma si registrano scostamenti sorprendenti. Reggio Calabria guida la classifica degli incrementi: +17,42 per cento. Bologna è seconda, ma distanziata (+11,3 per cento), terza Genova (+10,1 per cento), quarta Cremona (+10,09 per cento), seguita da Sassari (+9,35 per cento), Pesaro (+8,37 per cento), Isernia (+7,93 per cento), Biella (+7,81 per cento), Avellino (+7,74 per cento) e, a chiudere la top ten delle città dagli incrementi maggiori, Campobasso (+7,7 per cento).
All’opposto, a Massa la diminuzione è stata del 4,67 per cento.
Sul podio al secondo e al terzo posto Rieti (-2,72 per cento) e Teramo (-2,42 per cento). Quindi, nell’ordine, Gorizia (-2,34 per cento), La Spezia (-2,3 per cento), Mantova e Belluno (-2,13 per cento), Vicenza (-1,8 per cento), Imperia (-1,45 per cento) e Cuneo (-1,43 per cento) a chiudere la top ten dei comuni dove il Total tax rate sulle piccole imprese negli ultimi cinque anni è diminuito.
Una più consistente riduzione della pressione fiscale, il capovolgimento della tendenza a trasferire sulle imprese gli oneri dei controlli, l’uso intelligente della leva fiscale per aumentare la domanda interna. Sono queste le misure per la Confederazione Nazionale degli Artigiani per migliorare il sistema tributario italiano.
Nel rapporto 2016 l’Osservatorio permanente CNA sulla tassazione complessiva delle Pmi indica dieci proposte per migliorare il rapporto delle imprese con il fisco a partire dal rendere l’Imu sugli immobili strumentali completamente deducibile dal reddito d’impresa; utilizzare le risorse provenienti dalla spending review e dalla lotta all’evasione per ridurre la tassazione sul reddito delle imprese personali e sul lavoro autonomo; introdurre una misura premiale che riduca l’imposizione sul reddito incrementale rispetto al reddito "ideale" stimato dagli studi di settore.
Per la Cna si dovrebbe inoltre definire il concetto di autonoma organizzazione ai fini del non assoggettamento all’Irap; introdurre l’Iri (Imposta sul reddito delle imprese) per consentire alle imprese personali di allineare l’imposizione sui redditi re-investiti in azienda a quella applicata alle società di capitali; redistribuire il gettito derivante dalla tassazione sugli immobili adeguando i valori catastali ai valori commerciali; trasformare le detrazioni relative a spese per lavori edili in crediti d’imposta cedibili agli intermediari finanziari.
Le ultime tre proposte riguardano l’introduzione del principio di cassa nella determinazione del reddito delle imprese personali in regime di contabilità semplificata; l’eliminazione dello split payment e ridurre la ritenuta sui bonifici, relativi a spese per le quali sono riconosciute le detrazioni fiscali, dall’8 perlomeno al 4 per cento, come in precedenza; evitare di spostare sulle imprese gli oneri dei controlli attraverso un uso intelligente della fatturazione elettronica B2B e l’agevolazione del passaggio generazionale delle imprese individuali tramite la completa neutralità fiscale delle cessioni d’azienda, al pari di quanto previsto in caso di conferimenti.

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