La figura del medico esperto in gestione di pazienti acuti al centro di un convegno Cimo
Nel corso di un Convegno di Cimo, tenutosi lo scorso 18 febbraio a Firenze, si è fatto il punto della situazione sulla “figura” e la “carriera del medico specialista in emergenza-urgenza”.
Il sistema di gestione delle emergenze nasce in Italia con il DPR del 27/3/1992 ed a distanza di quasi 25 anni dalla sua istituzione rappresenta uno degli ambiti più critici del SSN. Per un sistema sanitario nazionale che cambia, con un nuovo modello ospedaliero (DM 70/2015) e delle cure primarie, anche il sistema di emergenza-urgenza deve sviluppare ed adeguare la propria capacità di risposta ai bisogni di salute.
Il riconoscimento a tutti i livelli del medico di emergenza-urgenza, tutor dei percorsi clinico assistenziale in un dipartimento di emergenza-urgenza integrato, territorio-ospedale e ospedale-ospedale, permetterà di migliorare la qualità percepita, efficacia ed efficienza, nel rispetto del principio della sostenibilità. Il sistema di emergenza-urgenza fino a pochi anni fa era ed è ancora oggi “figlio di nessuno”, cioè costituito da medici, convenzionati o dipendenti, di varia estrazione specialistica o addirittura privi di specializzazione, “adattati” dall’esperienza (e dalla necessità) alla gestione del paziente acuto e da modelli organizzativi e gestionali diversi nelle realtà territoriali e ospedaliere, nelle Regioni e nelle stesse Aziende, creando eterogenee risposte al soccorso sanitario.
Nel nuovo modello di Rete ospedaliera, previsto dal Dm 70/15, il sistema di emergenza-urgenza rappresenta una risposta al bisogno urgente 24h su 24, integrata, pur con la sua autonomia, anche con le reti delle patologie croniche. L’emergenza-urgenza non inizia e finisce in un ambulatorio così come in una corsia o in una stanza di degenza, ma si organizza e si articola in percorsi strutturati e codificati tra il territorio e l’ospedale e oggi anche tra ospedali.
È necessario un aggiornamento e una rivisitazione del servizio e del modello al fine di renderlo omogeneo su tutto il territorio nazionale.
Le modalità di risposta alle patologie “tempo-dipendenti” sono anche molto diverse tra Regione e Regione, e la motivazione di queste differenze risiede nella diversa applicazione del DPR 29 marzo 1992, legge ormai “anziana” ma ancora non operativa in maniera omogenea, e quindi da attualizzare per affrontare le nuove e le future sfide.
Ad oggi il sistema pone alcune problematiche: la disomogeneità nella gestione di casi con medesimo percorso clinico e terapeutico; le difficoltà nella gestione del paziente dopo le prime fasi di stabilizzazione; la frequente attivazione di consulenze specialistiche e di esami nel PS; le ridotte e mancate relazioni tra i servizi territorio-ospedale e ospedale-ospedale; la disomogeneità nella gestione del rischio e di governo clinico; i non uniformi percorsi di formazione, accreditamento, sviluppo continuo della qualità, ricerca.
I medici che lavorano nell’area dell’emergenza, sia sul territorio che in ospedale, oggi hanno tutti una diversa estrazione formativa, culturale di approccio all’emergenza. Ad oggi numerose sono in Italia le discipline e gli specialisti che a diversi livelli si interessano e garantiscono l’emergenza: basta ricordare la figura dell’anestesista-rianimatore, il cardiologo, chirurgo, ortopedico, pediatra, nefrologo, allergologo, psichiatra, ecc. Ma nessuno di questi garantisce l’emergenza-urgenza se non un medico che si dedica a tempo pieno alla presa in carico, alla gestione e trattamento dei rischi per patologie e traumi tempo-dipendenti.
L’avvento quindi della Scuola di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza nel 2008 è stato un passo essenziale per formare un medico capace di fronteggiare le situazioni più delicate. Un professionista dell’emergenza in grado di svolgere la propria attività in tutte le articolazioni organizzative e a rivestire tutte le posizioni funzionali e direttive del sistema stesso.
Le varie Scuole universitarie in medicina di emergenza-urgenza ogni anno riescono a specializzare un numero ancora esiguo di medici rispetto alle necessità e non tutte le facoltà di medicina hanno attivato i corsi (con grandi differenze da una Regione all’altra). Ancora oggi il medico specialista in emergenza-urgenza non ha riconosciuta la sua qualifica specifica in sede concorsuale, venendogli quindi meno il punteggio relativo al riconoscimento del titolo accademico acquisito.
Inoltre il sistema è tuttora composto per la grande maggioranza da medici non specialisti in medicina di emergenza-urgenza, ma che di fatto (occorre riconoscerlo) lo sono diventati con l’esperienza lavorativa e con una formazione specifica. La possibilità di uno sviluppo di carriera è ad oggi precluso al personale medico convenzionato, che anche per questo motivo dovrebbe essere al più presto trasformato contrattualmente verso la dirigenza medica, in modo da omogeneizzare le figure e i contratti per la definitiva rifondazione del sistema di emergenza-urgenza del Ssn.
Sia l’Università che il lavoro quotidiano nelle Aziende sanitarie tendono, dunque, a formare e a realizzare la figura di un medico di emergenza sanitaria “unico con una spiccata propensione per il lavoro in Pronto Soccorso. Questa figura “a tutto tondo” del medico di emergenza-urgenza rappresenta il reale e fondamentale trampolino di lancio sia per una corretta formazione medica, che per sviluppi di carriera.
La qualità, l’efficienza e l’efficacia di un sistema di emergenza-urgenza, così come previsto dal DPR 27 marzo 1992, va di pari passo all’organizzazione, lo sviluppo e l’applicazione del modello organizzativo dipartimentale.
Un dipartimento di emergenza-urgenza “chiuso”, cioè organizzato e gestito a compartimenti stagni che non lavorano e non comunicano e non condividono formazione, addestramento, regolamenti, procedure e indicatori (118 – Pronto soccorso – Obi – medicina d’urgenza), non è in grado di far sviluppare al medico la conoscenza e la consapevolezza completa della gestione del paziente acuto, mentre solo un Dipartimento “aperto” che dia a ciascun medico la possibilità di lavorare nei vari settings è in grado di determinare la crescita, professionale ed anche di carriera, di questo professionista dell’emergenza-urgenza.
Un medico “unico”. Tre livelli strategici per organizzare l’attività di urgenza
Le società scientifiche presenti e che si interessano di emergenza-urgenza in Italia sono e devono essere attori nella promozione e nella crescita, nel Ssn e in quelli regionali, della figura del “medico di emergenza unico”.
L’attività dello specialista e la progressione di carriera potrebbe essere organizzata su tre livelli strategico, intermedio e operativo:
1) Strategico direzionale, dove stanno i direttori Dipartimento, direttori di aree funzionali e aree omogenee: sarebbe dunque la regia del Dipartimento, dove si dovrebbero prendere le decisioni di tutto il sistema, dal personale alle linee strategiche;
2) Gestionale Intermedio, dove risiedono i responsabili di Unità operative complesse e semplici e i responsabili di sezione: questa rappresenta la parte di controllo e di responsabilità del sistema, dove i direttori devono mettere in pratica – in collaborazione con i professionisti – regole, percorsi e obiettivi condivisi a livello strategico.
3) Operativo, dove si collocano i professionali, i medici in formazione, i tutor, i professionisti di branca e/o di settings. È l’area dove la professionalità dei medici di emergenza entra in gioco, facendo la differenza nel 118 e nei Pronto soccorso.