Edilizia popolare: il sonno dei Comuni - QdS

Edilizia popolare: il sonno dei Comuni

Oriana Sipala

Edilizia popolare: il sonno dei Comuni

giovedì 13 Aprile 2017

Famiglie aventi diritto in attesa di immobili che spesso sono fatiscenti, occupati abusivamente o dimenticati. Briciole di spesa per un settore che metterebbe in moto costruzioni e occupazione

PALERMO – Quando un problema diventa nel tempo costante e intollerabile, forse non è proprio corretto parlare di “emergenza”. Quello degli sfratti è spesso etichettato come tale, come se fossero sufficienti misure straordinarie, da attuare di quando in quando, per risolvere la cosa.
Al contrario, sono necessarie una programmazione e una disponibilità costante di risorse, che possano garantire a tutti il diritto alla casa, soprattutto in un momento come questo in cui, con il sopraggiungere della crisi economica e della precarietà lavorativa, aumentano le persone che non riescono a pagare l’affitto o che perdono addirittura la propria casa.
Il Sunia (Sindacato nazionale unitario inquilini e assegnatari) stima che a oggi in Sicilia ci sono 3.500 senzatetto, costretti a dormire per strada o in alloggi di fortuna. A questi si aggiungono molte famiglie in difficoltà, che ripongono le loro speranze negli alloggi dell’Edilizia residenziale pubblica (Erp).
Ma la gestione di tali strutture è tutt’altro che semplice e scevra di controversie. L’ultimo rapporto di Federcasa sull’Edilizia residenziale pubblica, risalente al maggio 2015, ha calcolato la presenza di circa 650 mila domande nelle graduatorie dei Comuni di tutta Italia, in attesa di essere evase per l’assegnazione di un alloggio. Si tratta di un fabbisogno che tra il 2012 e il 2014 ha subito una vera e propria impennata. Federcasa ha infatti rilevato un incremento di 46 mila domande negli anni in questione. A un numero sempre maggiore di richieste, però, non corrisponde un’offerta adeguata, che anzi si sta progressivamente riducendo a causa di un costante taglio del flusso finanziario destinato al parco alloggi.
Accanto alle responsabilità del governo centrale, che concede sempre meno fondi, molte sono le negligenze imputabili a Regioni e Comuni. Questi ultimi, in particolare, hanno il compito di stilare le graduatorie e assegnare le case agli aventi diritto, inoltre provvedono alla manutenzione e ristrutturazione della case popolari del territorio, possono finanziare nuove costruzioni e concedere contributi alle famiglie più povere che non riescono a pagare l’affitto.
Tutto questo, ovviamente, comporta delle spese per gli Enti locali. Secondo quanto emerge dalla piattaforma di Opebilanci, non tutti i Comuni sono ugualmente sensibili alla questione, mettendo a disposizione risorse sufficienti a favorire il recupero e la manutenzione degli alloggi esistenti o la costruzione di nuovi. 
La classifica stilata da Openbilanci ci dice che la città che ha speso di più nel 2014 per l’edilizia residenziale pubblica è Milano, con i suoi 75,8 euro pro capite. Seguono Venezia e Firenze, che hanno speso rispettivamente 42 euro e 35,8 euro per abitante.
I Comuni siciliani non reggono il confronto, visto che spendono cifre alquanto irrisorie. A Catania si parla di soli 10,9 euro pro capite e a Palermo di 3,97 euro. In termini assoluti si parla, nel primo caso di 3,5 milioni di euro (di cui solo 461 mila destinati a investimenti per l’edilizia pubblica), mentre nel secondo di 2,6 milioni di euro, di cui 1,7 per investimenti. A Milano, invece, la spesa per l’edilizia residenziale pubblica supera in totale i 103 milioni di euro, 26,7 dei quali impiegati per investimenti. Cifre consistenti si hanno anche a Firenze e Venezia, dove la spesa totale per l’edilizia pubblica supera rispettivamente i 13 milioni e gli 11 milioni di euro.
Non vanno meglio di Catania e Palermo le altre città della Sicilia, visto che si va dallo zero di Trapani agli 11,4 euro pro capite di Ragusa. Nel mezzo la città di Enna, con 1,38 euro pro capite, Caltanissetta e Messina, con cifre che oscillano tra 3,9 e 3,55 euro pro capite, Siracusa coi suoi 6 euro pro capite e Agrigento, che ha speso 8,5 euro per abitante. Pochi, inoltre, sono i capoluoghi dell’Isola che hanno destinato parte della spesa totale per l’edilizia pubblica agli investimenti: oltre alle già citate Palermo e Catania, si parla di 503 mila euro nel caso di Agrigento, 273.908 euro per Siracusa, 95.351 euro per Messina e 17.883 euro per Caltanissetta. Zero in tutte le altre amministrazioni.
Eppure, investire in manutenzione o nella costruzione di nuovi edifici aiuterebbe non soltanto a ridurre il problema dell’emergenza abitativa, ma anche a creare ricchezza e posti di lavoro. Molti beni immobili sottratti alla mafia, per esempio, potrebbero essere recuperati e riutilizzati come alloggi per le famiglie in difficoltà, e invece restano chiusi per anni. Secondo l’Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), gli immobili confiscati definitivamente alla mafia in Sicilia ammontano, al 30 settembre 2015, a 17.577. Molti di questi aspettano di essere riutilizzati e nel frattempo migliaia di famiglie vivono ogni giorno con la preoccupazione di perdere il proprio tetto.
 

 
Occupazioni fuori controllo, circa 10 mila gli irregolari
 
PALERMO – Il decreto ministeriale del 30 marzo 2016 stabilisce anche quali siano le responsabilità dei Comuni relativamente alla gestione degli alloggi popolari da assegnare agli aventi diritto. Tra questi l’emanazione del bando per l’assegnazione e la verifica che i richiedenti abbiano tutti i requisiti necessari e stabiliti dalla legge per poter accedere al contributo. Tuttavia, i Comuni siciliani non si contraddistinguono per velocità ed efficienza. A Palermo, per esempio, a seguito di pressioni da parte del Sunia, è stata pubblicata il mese scorso una nuova graduatoria ed erogata una parte dei fondi destinati all’emergenza sfratti. Tuttavia il Sunia ricorda come, nonostante questa buona notizia, il capoluogo siciliano abbia ancora 500 mila euro da spendere per ridare certezze alle famiglie.
Proprio questa mancanza di certezze, unita alla carenza di controlli sul territorio, favorisce il fenomeno delle occupazioni abusive degli alloggi popolari, il quale contribuisce non poco ad aggravare il problema. Gli Enti locali, infatti, a occupazione già avvenuta, si scontrano con grosse difficoltà nel ripristinare una situazione di legalità.
La Sicilia è tra le regioni in cui tale fenomeno è più diffuso: secondo una relazione della Commissione antimafia all’Ars, resa nota lo scorso dicembre, gli alloggi occupati abusivamente in tutta l’Isola, gestiti dagli Iacp, ammonterebbero a 9.680. Una cifra cresciuta a dismisura se si considera che, tre anni fa, lo stesso Nello Musumeci, presidente della Commissione, aveva parlato di 6.500 alloggi occupati illegalmente. 
Con il triste e incisivo contributo della Sicilia, non a caso è prorio il Mezzogiorno a risultare la macroarea in cui tale fenomeno è maggiormente diffuso. Le ultime stime di Federcasa ci dicono infatti che, al Sud, gli alloggi occupati abusivamente ammontano all’11,5%, contro il 9,36% del Centro e l’1,76% del Nord.
 

 
Dal Governo 1,4 mln di euro per i morosi incolpevoli
 
PALERMO – Per venire incontro agli indigenti che rischiano lo sfratto, il Governo eroga ormai da qualche anno un Fondo inquilini morosi incolpevoli. L’ultimo in ordine di tempo è quello fissato dal decreto ministeriale del 30 marzo 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 72 del 25 luglio 2016. A ciascuna Regione, secondo quanto stabilisce il decreto, è destinata una parte del Fondo, decisa sulla base del numero di provvedimenti di sfratto per morosità emessi nei territori regionali e registrati dal ministero dell’Interno al 31 dicembre 2014.
Per la nostra Isola si è fissato un riparto di 1.463.778 euro, somma consistente che però, secondo quanto riporta Sunia Sicilia sulla pagina web ufficiale, resta ancora congelato. La Regione, infatti “ha sì provveduto alla ripartizione dei fondi tra i Comuni siciliani ma non ha recepito le modifiche introdotte dal decreto sull’utilizzazione del contributo”. La Sicilia, insomma, tarda ad applicare le novità del decreto, tra cui la possibilità di utilizzare il contributo per coprire i costi della caparra e di un numero di mensilità relative a un nuovo contratto di locazione, da sottoscrivere a canone concordato, fino a un massimo di 12 mila euro (art. 5 del decreto sopracitato).
Sempre secondo il Sunia, la nostra Isola “ha utilizzato solo una percentuale bassissima dei fondi stanziati, pari sino a qualche mese fa al 2% delle somme disponibili”. Tra il 2014 e il 2016 la Sicilia ha visto uno stanziamento complessivo di fondi pari a circa 4,5 milioni di euro, “non utilizzarli appieno – dichiara ancora la sezione siciliana del sindacato degli inquilini – è uno spreco inaccettabile in una fase in cui il disagio abitativo e sociale è ormai arrivato ai livelli di guardia”.
La nostra Isola, conclude il Sunia, “non solo non stanzia alcun fondo per il disagio abitativo ma non utilizza al meglio i fondi stanziati dallo Stato”.

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