Sicilia, grande bellezza accantonata - QdS

Sicilia, grande bellezza accantonata

Isabella Di Bartolo

Sicilia, grande bellezza accantonata

venerdì 12 Maggio 2017

A rischio crolli: grotte dell’Addaura a Palermo, Forte Gonzaga a Messina, ex carcere borbonico a Siracusa, le miniere di zolfo a Caltanissetta e altre. A nulla è servito l’Art bonus, Regione e sovrintendenti sordi. Soldi solo per il personale

È una Sicilia che sta scomparendo quella segnalata dai residenti. All’indomani della prima “black list” di luoghi in degrado tra le meraviglie dell’Isola, sono numerose le segnalazioni di quanti notano bellezze in oblio da Palermo a Portopalo. La Sicilia resta la terra dei paradossi quando si parla di valorizzazione delle proprie ricchezze a partire da quelle archeologiche e monumentali che sono tante, troppe per una gestione pubblica qual è quella della Regione siciliana. E a nulla valgono alcune direttive nazionali come il noto “Art bonus” per invogliare i privati a investire “salvando” così luoghi che, ogni giorno, si sbriciolano: la burocrazia resta il vulnus anche della gestione del patrimonio culturale. Così, alla vigilia dell’edizione 2017 di Salvalarte, l’associazione regionale Legambiente ha riacceso i riflettori su luoghi che rischiano di sparire dalla memoria per assenza di cure, allungando la lista dei luoghi simbolo dell’Isola calpestata.
 
Un tour tra il patrimonio in oblio è quello stilato, dunque, dai residenti che mostrano un elevato senso di appartenenza nei confronti del patrimonio culturale. Delle loro segnalazioni si fanno portavoce anche le associazioni di volontariato impegnate a difesa di tesori culturali tra cui SiciliAntica come sottolinea la presidentessa Simona Modeo.
Ma quali sono i tesori a rischio? Secondo Legambiente Sicilia troppi. Tra quelli del Palermitano, ad esempio, figura la Grotta dell’Addaura con i suoi rari graffiti di 12mila anni fa, inagibile e a rischio crollo. “È solo uno dei tristi esempi – dice Paolo Tuttoilmondo, responsabile del patrimonio culturale per Legambiente Sicilia – e il nostro intento è di riaccendere i riflettori per smuovere le coscienze”.
A Messina, il Fai aveva adottato Forte Gonzaga, parte di un articolato programma di rinnovamento delle fortificazioni delle principali città del Regno di Sicilia avviato dall’imperatore Carlo V nel 1535. Il monumento è stato aperto durante le Giornate del Fai nel 2002 e successivamente nel 2006, poi nulla è cambiato. Simbolo di incuria è anche il Cimitero monumentale di Messina realizzato da Leone Savoja nel 1854 e ritenuto uno dei più belli d’Italia, vittima dei vandali.
A Catania, ancora segnalazioni di incuria per le Terme dell’Indirizzo e per le due poderose strutture residue della cinta muraria cinquecentesca: il Bastione degli Infetti, soffocato da baracche, e il Bastione del Tindaro chiuso in parte da un cancello abusivo.
 
Nella provincia di Caltanissetta si segnala l’oblio in cui versano le miniere di zolfo ma anche il Parco archeologico regionale di Sabucina, a nord est di Caltanissetta, che si erge a 720 metri sul livello del mare dominando insieme al monte Capodarso il tratto centrale dell’ampia valle dell’Imera-Salso.
Nel lungo elenco dei beni in abbandono della provincia aretusea spiccano edifici protagonisti di rimpallo di competenze come l’ex Carcere Borbonico di Ortigia mentre a Palazzolo Acreide, il Santuario della Dea Cibele (i Santoni) che rappresenta “il più vasto complesso di figurazioni del culto della Magna Mater che il mondo antico ci abbia lasciato” come scriveva Bernabò Brea è in abbandono: il sito archeologico non è valorizzato né inserito in percorsi turistici nonostante il suo valore storico e artistico.
Nella provincia della Valle dei Templi è il centro storico di Agrigento il tesoro da salvare secondo i cittadini. Grazie alla sinergia tra Fai, Diocesi e Prefettura qualcosa è stato fatto ma il cuore della città attende una sua vera rinascita anche attraverso una legge ad hoc su modello di quella di Ortigia. Le segnalazioni dei turisti riguardano anche il museo archeologico di Ragusa che attende una valorizzazione concreta e l’inserimento in un percorso di promozione e sistemazione museale.
Nel Trapanese, fuori dai percorsi turistici è il villaggio di Mokarta, nel territorio di Salemi, riportato alla luce dall’archeologo Sebastiano Tusa ed è nel dimenticatoio anche quel che resta di Poggioreale, la città fantasma scelta come set cinematografico per le sue peculiarità urbanistiche legate all’abbandono degli abitanti dopo il terremoto del 1968 che l’ha reso una sorta di moderna Pompei. Oggi la cittadina della valle del Belice si sta sbriciolando e attende interventi di restauro ben diversi da quelli sporadici finora programmati.
“I luoghi da salvare sono tanti, troppi – dice Simona Modeo, presidente di SiciliAntica – come dimostrano le segnalazioni quotidiane che giungono nelle nostre sedi. Colpisce la difficoltà di intervenire sempre a causa delle lungaggini burocratiche ed è questo uno dei paradossi siciliani, persino il volontariato è un problema”.
 

 
“Sicilia pulita”, primo passo per valorizzare i Beni culturali
 
“Tocca a noi intervenire laddove gli enti pubblici non ci sono”. I soci di SiciliAntica scendono in campo, ancora una volta, a difesa del patrimonio attraverso una manifestazione simbolica dal titolo “Sicilia pulita”.
Un’iniziativa che coinvolge tutte le sedi dell’associazione nell’Isola e che ha avuto  luogo lo scorso fine settimana per ridare lustro a tesori in degrado. Ad Agira nel territorio di Enna, è stato ripulito dai volontari l’abbeveratoio rupestre di epoca bizantina di contrada Boccale. Ad Adrano, pulizie per il sito archeologico “Casa romana” di via Dionigi il Vecchio mentre nel Siracusano i volontari hanno ripulito da erbacce e rifiuti l’area archeologica di Colonna Pizzuta di Eloro.
L’associazione ha ripulito i Fontanoni dell’Acquanuova di Caltagirone, realizzati e decorati nel 1608 dallo scultore Giovanni Domenico Gagini e, ancora, le mura elimo-puniche di Erice in collaborazione con gli studenti del locale Ipsea.
I soci etnei si sono dedicati ad alcuni settori del Parco Regionale dell’Etna e quelli di Centuripe sono stati impegnati nell’area archeologica “Augustales”, dove si conservano le vestigia del foro di epoca romana (I-II sec. d.C.).
A Enna nell’area della cosiddetta “via sacra” sottostante la Rocca di Cerere; a Francofonte, in provincia di Siracusa, nel Parco suburbano di Gadera e Fonte Canali. La sede di Lentini e Carlentini nella Chiesa Rupestre del Crocifisso che rappresenta uno dei luoghi di maggior interesse storico-artistico della città, in quanto contiene al suo interno un ricco apparato iconografico, con pitture parietali che vanno dal XII al XVII secolo. A Messina, volontari in campo nell’area antistante il Monastero di San Filippo il Grande, un complesso monastico fondato intorno al 1100 dal Gran Conte Ruggero. A Milazzo nelle  tombe proto-bizantine di Piazza Duomo, presso le quali sarà collocato un pannello informativo sullo scavo delle sepolture; a Roccapalumba nel Palermitano al Ponte San Filippo, sull’ex reggia trazzera “Palermo-Catania”e risalente alla prima metà del XVII secolo.
 

 
Per la fontana di Diana a Siracusa necessari interventi urgenti
 
Si sbriciola letteralmente la fontana di Diana di piazza Archimede, nel cuore di Ortigia. Le segnalazioni, nell’epoca social, sono di residenti e turisti che non si accontentano delle promesse di intervento.
In passato, i residenti avevano anche denunciato il mancato decoro urbano di piazza Archimede anche a causa delle piante predisposte tutt’intorno alla fontana di piazza Archimede negli anni scorsi, non adeguate alla struttura in quanto capaci di crescere a dismisura impedendo il panorama del gruppo statuario che raffigura la dea Artemide, attorniata da Alfeo e Aretusa tra putti e tritoni.
La statua si presenta ancora oggi in condizioni precarie: il suo unico vero restauro, infatti, risale al 1993 da allora, quasi nulla nonostante le ripetute sollecitazioni che si sono susseguite in questi anni e la proposta, a firma del critico d’arte Paolo Giansiracusa, direttore dell’Accademia di Belle arti di Siracusa, di realizzare una copia della statua in materiale più adatto a stare all’aperto e tra i flutti d’acqua, custodendo quella originale, in cemento armato, in altro luogo.

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