POVERTA’ ASSOLUTA – Questa misura è calcolata sulla base della soglia relativa alla spesa mensile minima necessaria per acquistare un paniere di beni e servizi tale da garantire uno standard di vita accettabile. Partendo da questo indicatore, l’Istat classifica come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore alla soglia individuata. Si tratta, ovviamente, di una cifra che varia in base alle caratteristiche dei nuclei familiari, alla ripartizione geografica e al tipo di Comune di residenza.
Come dicevamo, in Italia, le famiglie in povertà assoluta sono poco più di un milione e mezzo: il 6,3% del totale. In condizioni peggiori, ancora una volta, le regioni del Meridione. Nel Mezzogiorno, infatti, risiedono 2 milioni di persone povere (la cifra registrata nel Nord è di 1 milione e 832mila): si tratta del 43% del totale (contro il 38% del Settentrione). Critica anche la situazione dei nuclei familiari 699mila quelli in povertà assoluta al Sud (43%), 609 al Nord (37%) e appena 311 al Centro (19%).
Chi sono i più svantaggiati? Secondo l’Istat, 2 milioni e 458 mila tra le persone in povertà assoluta sono donne (7,9% l’incidenza) , 1 milione e 17 mila sono giovani dai 18 ai 34 anni (10%) e 1 milione e 292mila sono minori (12,5%). La condizione di questi ultimi è in netto peggioramento: nel 2005 l’incidenza era del 3,9% (3,1% quella dei giovani, il cui valore si è triplicato negli ultimi undici anni). Nell’ultimo anno sono peggiorate anche le condizioni delle famiglie numerose (con tre o più figli minori): in dodici mesi l’incidenza della povertà assoluta è salita a 26,8% dal 18,3% registrato l’anno precedente.
Continua ad avere un peso importante anche il livello d’istruzione. “Se la persona di riferimento della famiglia è almeno diplomata – spiega l’Istat – l’incidenza della povertà assoluta è pari a 4,0%, cioè circa la metà di quella rilevata per chi ha conseguito al massimo la licenza elementare (8,2%)”.
POVERTA’ RELATIVA – Questa seconda misura è calcolata partendo dalla soglia di povertà che individua i valori di spesa per consumi al di sotto dei quali una famiglia viene considerata povera in termini relativi: per un nucleo composto da due persone, nel 2016 questa soglia è risultata di 1.061,50 euro (+1,0% rispetto al 2015). Secondo questo indicatore, nel nostro Paese due milioni e 743 mila di famiglie (il 10,6%) e 8 milioni 465mila individui (14%) vivono in condizione di povertà relativa.
Di questi, 4 milioni 339mila sono donne (14,0%), 2 milioni e 297mila sono minori (22,3%) e 1 milione e 98mila anziani (8,2%).
Vediamo la ripartizione per area geografica: al Nord le persone in povertà relativa sono 2 milioni 303 mila (27%), al Centro 1 milione 280 mila (15%) e nel Mezzogiorno 4 milioni 882 mila (57%). Questa, invece, la condizione delle famiglie in povertà relativa: 701mila al Nord (25%), 415 mila al Centro (15%), 1 milione e 618mila nel Mezzogiorno (59%). La Sicilia è tra le Regioni in condizioni più critiche: nell’Isola l’incidenza di povertà relativa registrata è del 22,8%, tra le peggiori del Mezzogiorno, seconda solo alla Calabria (34%).
Per quanto riguarda la composizione, invece, il rapporto specifica che “Il disagio economico si fa più diffuso se all’interno della famiglia sono presenti figli minori: l’incidenza di povertà è al 20,1% tra le famiglie con due figli minori e al 42,0% tra quelle che ne hanno almeno tre; se queste famiglie sono residenti nel Mezzogiorno sale, rispettivamente, a 26,8% e a 59,9%. Le famiglie di coppie con 1 o 2 figli mostrano valori superiori alla media nazionale (10,9% e 16,8%) così come quelle di monogenitori (13,9%, in particolare nel Mezzogiorno 26,7%) e le famiglie con 2 figli minori del Centro (20,5%)”.
Per le famiglie la cui persona di riferimento è un operaio, l’incidenza della povertà assoluta è doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), confermando quanto registrato negli anni precedenti.
Rimane, invece, piuttosto contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,5%) e ritirata dal lavoro (3,7%).
Come negli anni precedenti l’incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: 8,2% se ha al massimo la licenza elementare; 4,0% se è almeno diplomata.