Emergenza migranti: pochi passi verso un'accoglienza di qualità - QdS

Emergenza migranti: pochi passi verso un’accoglienza di qualità

Emergenza migranti: pochi passi verso un’accoglienza di qualità

giovedì 03 Agosto 2017

“In Migrazione” lancia l’allarme: i Centri italiani sono sovraffollati, inadeguati e con personale carente. Intervistati oltre 300 operatori: amministrazioni lente e poco collaborative

ROMA – Strutture di accoglienza sovraffollate (11%), decadenti (17%) e con spazi inadeguati per le attività di gruppo (35%). Edifici spesso isolati e mal collegati con le città (33%). Difficile per gli ospiti l’accesso ai servizi territoriali. Critica anche la “situazione organico” a causa di carenza di personale (39%) e di gruppi di lavoro e direzione scarsamente specializzati (41%). In un caso su tre, inoltre, mancano o sono carenti i controlli e le ispezioni istituzionali sull’operato dei soggetti che ne hanno la gestione.
È la fotografia dei centri di accoglienza per richiedenti e beneficiari di protezione internazionale scattata dagli operatori di Cas (Centri di accoglienza straordinaria), Sprar e altri centri governativi. I dati emergono dal dossier “Accoglienza rifugiati: un’ordinaria emergenza”, diffuso oggi dalla società cooperativa sociale “In Migrazione”, che lancia l’allarme sulle “gravi criticità” dei centri di accoglienza segnalate dall’84% degli operatori.
Le difficoltà – per i 333 intervistati tra coordinatori, operatori sociali, educatori, psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, personal tutor, operatori legali, insegnanti d’italiano, mediatori culturali e amministrativi – sono più accentuate nei Cas.
“Migliore, pur con problematiche”, l’accoglienza Sprar. In generale, il 62% degli operatori rileva uno o più problemi alle strutture. Per quanto riguarda invece l’accesso ai servizi territoriali, il 44% lamenta problemi nella relazione con gli uffici immigrazione delle Questure, soprattutto per i “tempi burocratici spesso lunghissimi, connessi all’iter della domanda d’asilo”.
Complicato anche il rapporto con le amministrazioni locali (con poca o inesistente collaborazione da parte degli uffici anagrafici, nel 33% dei casi, e dei servizi sociali, 53%) e con i servizi dei medici di base (19%), i servizi sanitari e le visite specialistiche (27%), la presa in carico di vulnerabilità psichiatriche (52%). Problemi anche con l’accesso ai corsi di lingua italiana – dalla prima alfabetizzazione (30%) ai livelli base e avanzato (53%) -, ai corsi di formazione professionale (58%) e agli stage (66%). Il 52% segnala anche criticità nelle relazioni e collaborazioni con il terzo settore.
È sempre più urgente, secondo l’analisi di “In Migrazione”, l’avvio di un sistema di accoglienza di qualità, senza allarmismi sui numeri. A fronte dell’aumento degli sbarchi e delle 71.744 richieste di asilo registrate da gennaio a giugno 2017, “non assistiamo ad alcuna invasione”: in Italia sono stati complessivamente attivati 175.550 posti per accogliere richiedenti asilo e rifugiati, poco più di tre persone ogni 1.000 residenti. Se in termini assoluti – osserva ‘In Migrazione’ – è la Lombardia a ospitare più richiedenti e beneficiari di protezione internazionale (23.391 persone), in rapporto ai residenti ospita appena lo 0,23%. È il Molise invece ad avere la presenza più forte (più di un rifugiato ogni 100 abitanti).
“Quello che trasforma una criticità in emergenza – spiega Marco Omizzolo, responsabile scientifico di ‘In Migrazione’ – è il ritardo del nostro Paese nel costruire un sistema di accoglienza di qualità con una visione che non sia soltanto tesa a tamponare gli sbarchi”. Occorre “trasformare l’accoglienza in un’opportunità per il nostro Paese”.
“In Migrazione” stima che un sistema di accoglienza di qualità può generare oltre 70.000 posti di lavoro – senza considerare l’indotto – “trasformando il vecchio binomio ‘accoglienza uguale business’ in ‘accoglienza uguale mestiere’, nel senso più nobile e specialistico del termine”.

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