Allarme biomasse, tra ecologia e inquinamento atmosferico - QdS

Allarme biomasse, tra ecologia e inquinamento atmosferico

Rosario Battiato

Allarme biomasse, tra ecologia e inquinamento atmosferico

sabato 07 Ottobre 2017

Assogasliquidi: “Determinano la quasi totalità di emissioni di particolato nel riscaldamento domestico”. In Sicilia l’energia derivante da scarti vegetali è ancora inferiore alle potenzialità

PALERMO – C’è biomassa e biomassa. Nell’ampio ventaglio di utilizzo degli scarti forestali e agricoli si è sviluppato, ormai da diversi anni, un dibattito a colpi di incentivi e dati emissivi sull’effettivo status “ecologico” di una risorsa che si presta a molteplici utilizzi, sia dal punto di vista termico che elettrico, e che si trova a dover affrontare una duplice sfida: l’accusa di contribuire alle elevate concentrazioni di inquinanti nel riscaldamento domestico e la richiesta di un maggiore utilizzo per contribuire al mix energetico di produzione elettrica a livello siciliano.
L’ultimo allarme è stato lanciato nei giorni scorsi da Francesco Franchi, presidente di Assogasliquidi, l’associazione di Federchimica-Confindustria delle imprese del gas, che ha ripreso alcuni passaggi del rapporto della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presieduta da Edo Ronchi. Due i punti messi in evidenza: il ruolo delle biomasse nell’ambito del riscaldamento domestico – “la quasi totalità delle emissioni di particolato in atmosfera, nel settore domestico, è prodotto dalla combustione di biomasse”, ha dichiarato – e il peso specifico degli incentivi che “è cresciuto del 115% negli ultimi 15 anni; con danni sia economici, vista la procedura di infrazione a causa dei ripetuti sforamenti dei limiti europei alle emissioni, sia sanitari, dal momento che il particolato, insieme alle alte concentrazione di Benzopirene, produce ricoveri e problemi respiratori”.
L’errore, secondo Franchi, starebbe nell’aver considerato ecologiche “le stufe a legna e a pellet” perché “la CO2 che emettono, si dice, è stata assorbita dall’albero durante la sua vita, quindi in teoria le stufe dovrebbero essere una fonte rinnovabile”. Il punto è che la stufa “non produce solo anidride carbonica, ma anche altri inquinanti pericolosi, come benzopirene e particolato”.
Inoltre il presidente delle imprese del gas ha sottolineato come “l’anidride carbonica assorbita da un albero in 80 anni di vita, viene rilasciata bruciando la legna in poche ore, e la concentrazione nell’atmosfera aumenta”.
Un ragionamento che va collegato a un altro passaggio determinante: l’Italia è tra i maggiori importatori di legno e pellet (circa 3,5 milioni di tonnellate all’anno) e questo si traduce in un meccanismo poco conveniente in quanto “loro si sono presi l’ossigeno prodotto dall’albero, noi ci prendiamo la CO2”.
Considerazioni che non sono del tutto nuove. Il peso della biomassa nell’ambito delle emissioni civili era stato evidenziato a più riprese dall’Enea che, in una recente nota sulla tendenza positiva (in riduzione) delle emissioni in Italia in relazione ai principali inquinanti, aveva evidenziato il ruolo avuto anche “nell’introduzione del gas naturale nella produzione elettrica e negli impianti di riscaldamento domestici”. Il settore civile, sempre secondo l’Agenzia nazionale, ha fatto registrare una crescita del 46% delle emissioni di PM2,5 dal 1990 ad oggi e “principalmente per l’aumento dell’uso di biomassa in impianti di riscaldamento a bassa efficienza”.

Non tutta la biomassa, che può provenire da pianti, animali o microrganismi, anche se genericamente si collega agli scarti delle attività agricole o forestali, è da riconsiderare. Ad esempio in Sicilia la produzione di energia elettrica da biomassa copre appena il 3% della produzione totale e andrebbe potenziata. Lo ha certificato l’Osservatorio regionale dell’Energia, all’interno di un rapporto dedicato al settore, registrando la bassa diffusione degli impianti, certamente inferiore al potenziale isolano, a fronte di “un territorio esteso e prevalentemente rurale”. La biomassa solida, invece, è limitata al riscaldamento domestico e non contribuisce al mix energetico regionale.

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