Accordi Stato-Regione, la Consulta ci bacchetta - QdS

Accordi Stato-Regione, la Consulta ci bacchetta

Raffaella Pessina

Accordi Stato-Regione, la Consulta ci bacchetta

venerdì 25 Maggio 2018

Contributo alla spesa pubblica, sentenza n. 103/18: “Serve collaborazione”. Ma Armao non arretra: “Il rapporto con Roma va rivisto” 

PALERMO – La Corte costituzionale, con la sentenza n. 103, ha compiuto il primo passo di un percorso che stabilirà nuovi rapporti tra lo Stato e le Regioni, siano esse a Statuto ordinario o speciale. In questa sentenza, la Corte stabilisce l’incostituzionalità del raddoppio surrettizio della durata di una manovra di finanza pubblica a carico delle Regioni ordinarie. Perciò è illegittima l’estensione al 2020 del contributo di 750 milioni di euro imposto a tali Regioni, con la legge di bilancio per il 2017. “La censura di incostituzionalità – si legge in un comunicato della Consulta – riguarda l’articolo 1, comma 527, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), là dove prevede appunto l’estensione al 2020 del contributo di 750 milioni a carico delle Regioni ordinarie (già previsto dal primo periodo dell’art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66)”.
 
Secondo la Corte, la disposizione censurata è in contrasto con il canone della transitorietà che deve caratterizzare le singole misure di finanza pubblica impositive di risparmi di spesa alle Regioni. Con la norma impugnata dalla Regione Veneto, lo Stato aveva, per la terza volta, esteso di un anno l’ambito temporale di operatività di una manovra economica in origine limitata al triennio 2015-2017, fino a giungere, con la disposizione ora dichiarata incostituzionale, a raddoppiarne la durata inizialmente prevista. Nella stessa sentenza viene anche affermato che le Autonomie speciali non devono sottrarsi agli accordi bilaterali con lo Stato finalizzati a stabilire la quota della loro contribuzione.
 
Abbiamo sentito in proposito l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, che ha sottolineato come la Sicilia si trovi in una situazione assolutamente depressa per poter sopportare gli oneri imposti dallo Stato: “Io parto dai conti pubblici territoriali,che sono dati economici che fanno emergere la spesa pubblica per cittadino, che in Sicilia si attesta sotto di 16 punti rispetto alle altre regioni italiane”.
 
Il Sistema dei Conti pubblici territoriali (Cpt), composto da una Unità tecnica centrale (Utc) e una Rete di 21 strutture (Nuclei regionali), si occupa di misurare e analizzare, a livello regionale, i flussi finanziari di entrata e di spesa delle amministrazioni pubbliche e di tutti gli enti appartenenti alla componente allargata del settore pubblico, per i quali cioè è previsto un controllo da parte di soggetti pubblici. “Fino a quando non si recupera questo gap – ha detto Armao – noi accordi con lo Stato non ne possiamo fare e quelli che sono stati fatti in precedenza dal governo Crocetta sono stati un errore clamoroso. Se la Sicilia ha una spesa pubblica inferiore alla media italiana, come facciamo ad accordarci su un prelievo forzoso che ormai è arrivato a 1 miliardo e 800 milioni di euro? Ho invitato il costituendo Governo nazionale a fornire alla Regione Sicilia ciò che le spetta, prima di pensare reddito di cittadinanza, per esempio”.
 
La sentenza n. 103 non esclude che sia lecito imporre alle Regioni risparmi anche di lungo periodo, ma ribadisce che le singole misure di contenimento della spesa pubblica devono presentare il carattere della temporaneità e richiedono che lo Stato definisca di volta in volta, secondo le ordinarie scansioni temporali dei cicli di bilancio, il quadro organico delle relazioni finanziarie con le Regioni e gli Enti locali, per non sottrarre al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici delle singole manovre di finanza pubblica. Tuttavia, i giudici costituzionali hanno “stigmatizzato il comportamento delle Autonomie speciali, ritenendo non rispettoso del principio di leale collaborazione il perdurante rifiuto da esse opposto alla stipula degli accordi previsti dalle disposizioni impugnate per determinare l’importo del contributo gravante su ciascuna ricorrente”.
 
Anche su questo punto l’assessore Armao ha puntualizzato che gli accordi Stato-Regione Sicilia dovranno essere inevitabilmente rivisti. “Questa sentenza – ha concluso – è importante perché pone un problema di negoziati, ma noi il negoziato lo facciamo se si parte da un dato, che è quello che i siciliani sono vessati rispetto al resto degli italiani”. Di conseguenza, gli accordi per il concorso alla finanza pubblica dovranno tenere conto di questo importante dato.

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