Energia pulita? La Sicilia la rifiuta - QdS

Energia pulita? La Sicilia la rifiuta

Rosario Battiato

Energia pulita? La Sicilia la rifiuta

sabato 19 Gennaio 2019

A causa di una rete ancora vetusta, incapace di esportare elettricità, spesso la Sicilia spegne gli impianti fotovoltaici e ferma le pale eoliche perché la produzione è più alta della domanda. LEGGI LA NOSTRA INTERVISTA A FRANCESCO CAPPELLO (Enea): “Rete poco interconnessa”

PALERMO – Nell’Isola teatro dell’assurdo succede che perfino la legge della conservazione della massa di Lavoisier, per cui “nulla si crea e nulla si distrugge”, arriva a vacillare. Nel Sicily solar report 2018, redatto tra gli altri da Mario Pagliaro del Cnr, si legge come “spesso la produzione di potenza fotovoltaica ed eolica in Sicilia è così elevata rispetto alla domanda, che la rete elettrica non è in grado di veicolarla altrove specie a causa della mancanza di un collegamento in alta tensione fra Sicilia orientale (dove si concentrano i consumi a causa dei poli petrolchimici e petroliferi) e Sicilia occidentale”. E così accade che quando si abbassa la domanda di elettricità e la produzione di rinnovabili supera la domanda, allora si innescano dei sistemi che causano il distacco degli impianti fotovoltaici dalla rete e lo stand by di molte pale eoliche.
Uno spreco che di fatto obbliga la Sicilia a importare energia. Non è un caso, infatti, che il saldo energetico della Sicilia sia stato negativo di circa 3 miliardi di kwh nel corso del 2018.
 
COSTI ZONALI ED ENERGIA SPRECATA
Nell’ultima Analisi trimestrale del sistema energetico in relazione al terzo trimestre del 2018, redatta dall’Enea, si registra, nell’analisi dei prezzi zonali, il divario tra la Sicilia e il continente, con il valore medio del prezzo nel trimestre in esame che nell’Isola risulta pari a 84 €/MWh, raggiungendo il massimo nel mese di agosto (oltre i 90 €/MWh media mensile) mentre la zona con prezzo di vendita più basso è risultata il Sud, con un valore trimestrale medio di 66,2 €/MWh.
Altro elemento preoccupante riguarda il possibile taglio della produzione rinnovabile. La simulazione di Entso-e, il network europeo dei gestori di sistemi di trasmissione di energia elettrica, ha rilevato che problemi di adeguatezza potrebbero sollevarsi qualora si “dovessero verificare condizioni estreme di elevata domanda e bassa produzione da rinnovabili”.
In questo senso, esiste la “possibilità che sia necessario tagliare la generazione intermittente nelle zone Sud, Sicilia e Sardegna nel caso in cui si dovessero verificare giorni di elevata ventosità e insolazione in concomitanza di una bassa domanda”.
 
 
SALDO ENERGETICO: LA SICILIA IN NEGATIVO
I numeri di Terna affrontano la tendenza nazionale dei primi undici mesi del 2018. La mappa del saldo dei movimenti fisici di energia “evidenzia – si legge nel report – essenzialmente i flussi di energia scambiati tra le varie aree individuate sul sistema elettrico italiano”. Viene segnalato il collegamento a 380kV tra l’Isola e il Continente che “assicura la gestione in sicurezza del sistema elettrico in Sicilia e in Calabria”. In riferimento ai flussi di energia scambiati nel corso del 2018, si registra “uno scambio netto dalla zona Nord verso l’Emilia Romagna e Toscana pari a circa 15,2 TWh” mentre il “Continente registra uno scambio netto verso la Sicilia pari a 3,7 TWh”.
 
CARO PREZZI
Per una Sicilia che spreca risorse e con infrastrutture non ancora all’altezza, volano i costi in bolletta. Lo ha precisato il Codacons nei giorni scorsi, delineando “un 2018 all’insegna dei rincari dell’energia in Sicilia”. Secondo lo studio dell’associazione dei consumatori, “a causa delle tensioni nel settore energetico e degli aumenti delle tariffe luce e gas dall’1 gennaio al 31 dicembre 2018 le famiglie della Sicilia che rientrano nel ‘mercato tutelato’ (circa 1,5 milioni di nuclei per l’energia elettrica e 624 mila famiglie per il gas) hanno subito una maxi-stangata complessiva pari a 86,9 milioni di euro a causa dei rincari di luce e gas”. Nell’ultimo anno, si legge nello studio, le “tariffe della luce, nell’ultimo anno, hanno infatti registrato un incremento del +11,12% rispetto al 2017, portando i consumatori della regione a spendere circa 48,8 milioni di euro in più su base annua solo per l’elettricità”.
 
FUTURO E PROSPETTIVE
Il futuro siciliano dei prossimi decenni potrebbe essere più verde, anche se al momento si corre concretamente il rischio di non rientrare nei parametri previsti dal decreto burden sharing in termini di consumo da rinnovabili sul totale. La green economy è un’opportunità da cogliere rispetto al passato anche in termini produttivi, quando la tumultuosa installazione dei grandi impianti eolici e fotovoltaici non ha avuto come seguito un grande sviluppo economico. In questo senso, i migliori vantaggi in termini di investimento e ritorni per l’economia locale sono le bioenergie, considerando, inoltre, che il Gse eroga, ogni anno, incentivi per quasi 1,4 miliardi di euro agli impianti di biogas e a biomassa e che la Sicilia spreca risorse combustibili, pagando lo “smaltimento in discarica delle potature e la combustione, abusiva, in campo”, avendo inoltre “un impatto ambientale” perché “il legname lasciato a marcire nei boschi comporta emissioni di gas clima alternati”.
Iniziative sulle infrastrutture energetiche, come i fondi recentemente stanziati dalla Regione per le smart grids (circa 90 milioni), potrebbero favorire l’allineamento del “prezzo zonale siciliano” a quello nazionale e “comporterebbe un conseguente, seppure molto lieve, abbassamento del Prezzo unico nazionale e, quindi, un risparmio per tutti i consumatori finali italiani, specie per quelli industriali”. Parole e concetti di Francesco Cappello dell’Enea, responsabile Centri di consulenza energetica del Sud Italia, che espone tutti questi passaggi nell’intervista in pagina.
 
 
 
Intervista a Francesco Cappello, responsabile Enea dei Centri di consulenza energetica del Sud Italia
 
Come giudica il contributo della Sicilia in rapporto ai target comunitari che l’Italia deve rispettare in termini di energie rinnovabili?
“Sono state raggiunti e ampiamente superati gli obiettivi e le previsioni al 2012, del piano energetico Siciliano (Pears), a proposito di installazioni eoliche e, ancor più, fotovoltaiche. Non grandi, invece, gli incrementi registrati nella diffusione delle altre fonti rinnovabili, dalle biomasse, al solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria e alle pompe di calore che contribuiscono anch’esse alla produzione di energia rinnovabile, con la quota di calore che, preso gratuitamente dall’aria esterna o dall’acqua, “pompano” nelle case, nei negozi o nei grandi centri commerciali, dove sono installate. Nelle settore delle politiche energetiche europee per l’Energia e il Clima (Pacchetto 20-20-20), a partire proprio dal 2012 è venuto l’obbligo, agli stati membri e, quindi, alle regioni, di coprire entro il 2020, con le fonti rinnovabili, una quota significativa dei consumi complessivi di energia, non soltanto cioè di elettricità ma anche del calore che consumiamo nelle case, nelle industrie, negli uffici, nei grandi magazzini o nell’agricoltura.
La suddivisione, ai vari stati, di tale obbligo (Burden sharing), si è tradotto per la Sicilia, nell’obiettivo di copertura, con le fonti rinnovabili, della percentuale del 15,9% dei Consumi finali lordi di energia (Cfl), entro il 2020. Per intenderci, rispetto a tale impegno, la percentuale del quasi 25% che, in Sicilia, eolico e fotovoltaico coprono della richiesta di elettricità, si abbassa invece al 7%–8%, quando ci riferiamo ai consumi finali complessivi di energia elettrica e termica.
Grazie al grande numero di impianti eolici e fotovoltaici installati e al contributo dell’energia delle biomasse che, nel settore civile, usiamo, per usi termici, insieme a quella delle pompe di calore, già nel 2014, con la percentuale del 11,2%, calcolata da Gse ed Enea, avevamo superato il valore (10,8 %) di Burden sharing che, stando alla “traiettoria” indicata dalla normativa, avremmo dovuto raggiungere nel 2016. A partire, tuttavia, dal 2012, venuti meno in grandi incentivi finanziari dello Stato, si è registrato, e non solo in Sicilia, un incremento annuale dell’ordine di poche decine di Megawatt, nella potenza di nuove macchine eoliche e impianti fotovoltaici”.
 
Cosa ci dobbiamo aspettare per i prossimi anni?
“Le previsioni al 2020 non sono rosee. Già per il 2018 le stime preliminari, fatte dal Gruppo di lavoro che la Regione ha costituito per la elaborazione delle Linee di indirizzo e del nuovo Piano Energetico, indicano un valore del Burden sharing che non dovrebbe superare il 12% e comunque, sicuramente inferiore al 13,1% che la traiettoria indicava, nel 2018, per la Sicilia”.
 
Come ha già detto la Sicilia ha un problema con le bioenergie che però potrebbero rappresentare una fonte determinante per migliorare le performance complessive.
“Quello delle bioenergie è purtroppo un capitolo controverso nelle politiche energetiche, in particolare in quelle siciliane. Gli impianti, visti o accostati agli impianti per lo smaltimento o la ‘termovalorizzazione’ dei rifiuti, patiscono la diffidenza delle persone e dei territori. Eppure in altre parti d’Italia, gli impianti di produzione di biogas o a biomassa, si realizzano e comportano incentivi e importanti ricadute economiche territoriali. Il Gse eroga, ogni anno, incentivi per quasi 1,4 Miliardi di euro agli impianti di biogas e a biomassa”.
 
E i rischi per l’ambiente ci sono?
“La pubblica utilità degli insediamenti energetici e la buona disponibilità nell’isola delle fonti rinnovabili solari ed eoliche o di biomassa, non possono giustificare uno sfruttamento che non tenga conto dei legittimi interessi, del territorio, allo sviluppo di altri settori trainanti dell’economia locale o ad un equo ritorno in termini industriali, economici e occupazionali. La ‘pubblica utilità’ del territorio e dei patrimoni ad esso connessi è da ritenere preminente rispetto ad una generica pubblica utilità energetica al cui soddisfacimento si può provvedere sulla base della distribuzione territoriale delle diverse fonti e della possibilità di ibridazione, dimensionamento e allocazione finale degli impianti”.
 
Dal punto di vista economico, che genere di vantaggi potrebbero esserci per la Sicilia?
“Impatti ambientali e ricadute della green economy sono aspetti importanti connessi con la possibilità di sviluppo di un territorio e la loro attenta analisi è indispensabile per la sostenibilità, economica, sociale e culturale, di tale sviluppo. La tumultuosa installazione dei grandi impianti eolici e fotovoltaici registrata in Sicilia negli anni scorsi, in conseguenza dei robusti incentivi nazionali del conto energia fotovoltaico e dei certificati verdi, non ha, nei fatti, rappresentato per la Sicilia quell’occasione di sviluppo economico e sociale che sarebbe stata auspicabile. A causa delle congiunture internazionali e del sistema globale di produzione e vendita di macchine, impianti e perfino di manodopera a basso costo, rimane nell’Isola un numero estremamente basso di realtà operanti nel campo dei grandi impianti a fonte rinnovabile o di soggetti che beneficino realmente degli incentivi. è interessante preferire e incentivare, fra le diverse opzioni energetiche e di investimento, quelle, come le bioenergie, che presentano maggiori ritorni, per il lavoro. le economie locali, e ciò anche negli anni di esercizio degli impianti e non solo nel breve periodo di loro realizzazione”.
 
Invece preferiamo gettare tutto in discarica…
“Nonostante la Sicilia sia caratterizzata da una buona disponibilità di biomassa, siamo solo la quattordicesima regione d’Italia per potenza installata, con meno di 75 MW nel 2016, sul totale nazionale di 4.124 MW. Le biomasse sono ad oggi un costo ecologico ed economico. Paghiamo lo smaltimento in discarica delle potature e la combustione, abusiva, in campo, ha un impatto ambientale così come il legname lasciato a marcire nei boschi comporta, comunque, emissioni di gas clima alternati. Gli scarti dell’agroindustria, quando non da smaltire in discarica, sono conferiti come sottoprodotti ad altre industrie senza significativi ricavi. Anche per questo motivo, in Sicilia, si è registrato negli scorsi anni un cresciuto interesse alle bioenergie e nella Programmazione 2014-2020 erano pure attestate risorse finanziarie per la realizzazione di piattaforme, impianti e filiere territoriali finora non utilizzate se non addirittura stornate su altri interventi. Le nostre nuove Linee della programmazione energetica prevedono, anche a motivo di ciò, solo un discreto incremento, circa 10 MW, della potenza, al 2030”.
 
Quanto pesa il ritardo infrastrutturale siciliano nei costi del prezzo dell’energia?
“Questo della non programmabilità degli impianti a fonte rinnovabile di tipo solare o eolica e delle conseguenti, possibili, criticità che possono derivarne alle reti di trasmissione, è un problema comune a tutte le linee elettriche. Naturalmente le reti meno interconnesse, come quella siciliana, sono quelle che corrono e rappresentano, per le reti ad esse collegate, i maggiori rischi. Certamente il raddoppio del collegamento a Messina (Elettrodotto Sorgente-Rizziconi, ndr) non ha risolto e non può risolvere, da solo, il problema, né potrebbe farlo da sola, la pur importantissima chiusura del collegamento elettrico, di 170 chilometri, in altissima tensione fra Chiaramonte Gulfi e Ciminna. È uno dei motivi per i quali Il Dipartimento Energia ha finanziato, con 90 milioni di euro, progetti di Terna ed Enel per l’ammodernamento della rete siciliana, in chiave digitale e smart. L’obiettivo è quello di favorire l’installazione di nuova potenza da energia rinnovabile. Nuovi impianti e nuove linee e sistemi intelligenti di interruzione e di controllo, consentiranno, infatti, la bidirezionalità dei flussi di energia e, al riduzione dei tempi di ripristino, aumentando, così, il grado di resilienza del sistema, cioè la capacità della rete di resistere a sollecitazioni estreme e di ripristinare, nel più breve tempo possibile, la propria operatività.
Lo sviluppo sinergico delle Fer unitamente alle azioni previste dai Piani di sviluppo di Terna ed Enel, sulla rete di trasmissione, contribuirà, inoltre, ad una riduzione del Prezzo zonale Siciliano attualmente maggiore, per motivi forse anche diversi da quelli puramente tecnici, di quello delle altre zone del mercato italiano. L’allineamento del prezzo zonale siciliano comporterebbe un conseguente, seppure molto lieve, abbassamento del Prezzo unico nazionale e, quindi, un risparmio per tutti i consumatori finali italiani, specie per quelli industriali”.
 

 
La strategia della Regione per un futuro più pulito
 
PALERMO – Quale futuro per l’energia siciliana? Francesco Cappello, responsabile Enea dei Centri di consulenza energetica del Sud Italia, ha esposto al QdS il Documento di indirizzo del nuovo Piano energetico, presentato lo scorso dicembre dal Dipartimento Energia della Regione. “Nell’adottare l’obiettivo del 32% al 2030 – ha spiegato –, si delineano, in modo puntuale, non soltanto le possibilità tecnologiche e le stime di produzione per ciascuna delle fonti rinnovabili, ma anche priorità, strategie e misure da adottare anche a livello regolatorio e legislativo”.
Nelle linee di indirizzo, in particolare per la tecnologia fotovoltaica, si prevede la “concreta possibilità di triplicare il valore della potenza ad oggi installata” e in questo senso si procede a “partire dalla sostituzione dei moduli, negli impianti esistenti, con moduli di ultima generazione (il cosiddetto revampig) e attraverso una migliore utilizzazione delle aree già impegnate da tali impianti (repowering)” che porterebbero ad un “incremento, per oltre 500 MW, della potenza installata”. Inoltre, nuovi “impianti fotovoltaici, per quasi 1.100 MW, potranno, certamente, realizzarsi usando cave, siti minerari, e discariche, dismessi e altri siti di interesse nazionale; la parità di costo dell’energia prodotta con gli impianti fotovoltaici rispetto a quella prodotta dalle centrali convenzionali e la certezza dell’iter di concessione delle aree e di approvazione dei progetti, renderanno perseguibile tale obiettivo”.
Si prevede, inoltre, l’installazione, entro il 2030, di “500 MW di impianti per l’autoconsumo sugli edifici e nei condomini”: ad assicurare l’interesse degli utenti alla realizzazione degli impianti dovrebbero essere il “mantenimento degli sgravi fiscali per la ristrutturazione edilizia (50% del costo degli impianti e dell’eventuale sistema di accumulo, iva compresa, da detrarre dall’Irpef, in dieci rate annuali) e altre misure, come fondi di rotazione o la cessione del credito Irpef decennale”. A completare il quadro fotovoltaico sono i “circa 700 MW da realizzare su aree commerciali, edifici di Regione e Comuni, capannoni agricoli e industriali”.
Si prospettano anche le possibilità di incremento delle produzioni da altre fonti, solare termodinamica, bioenergie e, naturalmente, eolica. “Per quest’ultima, in particolare, si prospetta la possibilità di raddoppiarne la produzione di energia, come per il fotovoltaico, attraverso revamping e repowering degli impianti esistenti e con la installazione, al 2030, di nuovi impianti minieolici (180 MW) e di impianti di grande taglia”.
 
Quei “No” che bloccano lo sviluppo della Sicilia
 
PALERMO – Il non fare costa e si può calcolare, Lo dice l’Osservatorio “I costi del non fare”, redatto da Agici finanza d’impresa, società di ricerca e consulenza specializzata nelle utilities, nelle rinnovabili, nelle infrastrutture e nell’efficienza energetica, che monitora le conseguenze economiche derivate dalla mancata realizzazione di infrastrutture considerate strategiche per lo sviluppo: nell’edizione 2016 erano stati stimati in 12 miliardi i costi del non fare relativi a 5 mila km di reti di trasmissione e 160 cabine in tutta Italia.
La Sicilia non sta a guardare: nell’estate dello scorso anno una sentenza del Consiglio di Stato ha bloccato la realizzazione dell’elettrodotto Chiaramonte Gulfi-Ciminna. La sentenza dell’organo di giustizia amministrativa, in direzione contraria a un’altra sentenza del Tar del Lazio che aveva invece respinto un ricorso di 24 aziende della zona, ha accolto il ricorso di una imprenditrice locale, annullando per difetto di motivazione il decreto interministeriale (ministero dell’Ambiente di concerto con il ministero dei Beni Culturali) che aveva espresso giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul progetto (decreto n.104 del 27 aprile 2016) dell’elettrodotto 380 kV in doppia terna Chiaramonte Gulfi-Ciminna presentato da Terna. Un dettaglio che non congela soltanto un’opera determinante per il futuro energetico dell’Isola, ma anche l’investimento che Terna ha programmato in 290 milioni di euro con il coinvolgimento di 60 imprese e 450 lavoratori per 8 cantieri per 2/3 anni.

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