I cambiamenti climatici, una spada di Damocle che pende sulla nostra generazione e su quelle future - QdS

I cambiamenti climatici, una spada di Damocle che pende sulla nostra generazione e su quelle future

I cambiamenti climatici, una spada di Damocle che pende sulla nostra generazione e su quelle future

sabato 26 Gennaio 2019
GELA (CL) – La nostra generazione potrebbe essere l’ultima in vita sulla Terra a causa dei cambiamenti climatici. Essi sono dovuti alle emissioni di gas che aumentano l’effetto serra del pianeta.
 
Per l’Istituto Superiore della Sanità infatti sono rimasti solo 20 anni per salvare il pianeta dalla catastrofe ambientale. Il surriscaldamento globale sta portando numerose conseguenze come lo scioglimento dei ghiacciai, l’estinzione di alcune specie di animali e vegetali, disastri meteorologici come inondazioni, siccità, tsunami, l’innalzamento del livello dei mari, e infine gravi conseguenze per la nostra salute.
 
Per questo motivo, nella conferenza dell’Onu, tenutasi dal 5 al 14 dicembre 2018 in Polonia, 16 Capi di Stato hanno affermato che bisogna sbrigarsi ad agire per cercare di diminuire l’effetto serra, riducendo le emissioni di carbonio e passando alle energie rinnovabili. Vi sono alcune proposte per combattere i cambiamenti climatici come:
– adottare energia pulita tra cui energia eolica e solare;
– coltivare alghe che possono aiutare a ridurre le emissioni di Co2;
– ridurre l’allevamento della carne bovina, che a differenza delle carni bianche, rilascia fino a 100 kg in più di metano all’anno;
– utilizzare meno auto e più trasporti pubblici elettrici o ibridi.
 
Dunque, per salvare il pianeta servono nuovi modelli di produzione e consumo che i vari Capi di Stato hanno proposto nelle varie conferenze climatiche.
 
Ma bisogna preoccuparsi? Siamo veramente alla fine del mondo? Di certo, come diceva Benjamin Franklin, di sicuro c’è solo la morte, ma se continuiamo a sottovalutare il problema ci ritroveremo in situazioni davvero disastrose.
 
Per esempio secondo un gruppo di scienziati dell’Istituto Nazionale degli studi per l’Ambiente, il 60% delle spiagge in Giappone entro la fine del secolo potrebbe sparire a causa dell’innalzamento del livello dei mari, provocato dalle eccessive temperature che causano la fusione dei ghiacciai, come sta avvenendo in Groenlandia e Antartide.
 
In base all’ultimo resoconto, se le temperature dovessero aumentare di circa 4 gradi, il livello del mare lungo le coste dell’arcipelago giapponese salirebbe di 60 centimetri, e il 96% delle aree costiere del Sol Levante perderebbe gran parte del territorio balneabile. Il gruppo ha calcolato che dei 77 litorali presenti in Giappone 46 sarebbero completamente ingoiati dall’acqua, vale a dire il 60%. Se ciò non bastasse, ci sono le prove che i cambiamenti climatici hanno effetti negativi sulla nostra salute, poiché l’inquinamento atmosferico, le ondate di calore e la diffusione di agenti infettivi avranno la meglio.
 
C’è da dire anche sulla salute mentale e sulla tutela degli ecosistemi, perché, secondo Laura Mancini, ricercatrice del dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, “l’impatto del cambiamento climatico non si esaurisce nelle malattie, ma aggrava anche la qualità della vita attraverso una minore disponibilità di acqua, suolo, cibo. L’alterazione degli ecosistemi diminuisce il nostro benessere, rendendoci più vulnerabili”. Conclude la ricercatrice affermando che grande attenzione sarà posta sulla salute infantile e, in generale, su quella delle fasce di popolazione più fragili, sulle quali gli effetti del cambiamento climatico si abbattono maggiormente.
 
Quindi, alla domanda precedente ‘bisogna preoccuparsi?’, io risponderei sì, perché lasciar crescere le emissioni serra vuol dire essere a favore di un olocausto. Non bisogna pensare che il disastro climatico sia stato un evento improvviso, inaspettato, perché già nel 1972 Aurelio Peccei, insieme ad un gruppo di scienziati, pubblicò uno studio intitolato “Limiti dello sviluppo”. Lo studioso, sosteneva la teoria che una crescita infinita non era possibile su un pianeta finito, in sintesi, cercava di determinare i limiti che gli umani dovevano rispettare, in modo da non correre il rischio del sovraffollamento in futuro. In realtà vi era un messaggio di speranza che nessuno allora capì: come evitare il disastro che ci sarebbe caduto addosso se avessimo continuato a crescere fino ad oltrepassare i limiti, in modo da poter controllare l’inquinamento e quindi il riscaldamento globale. Purtroppo, questo studio fu criticato e reputato inutile, e ne sono una conseguenza i cambiamenti climatici. Se solo avessimo dato importanza allo studio di Aurelio Peccei, adesso non saremmo qui a lamentarci e a cercare di trovare una soluzione al problema del clima, perché la soluzione c’era già 50 anni fa.
 
Michelle Oliva
VB dell’I.I.S.S. “Sturzo” di Gela
 

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