Burocrazia, in Sicilia il peggio del peggio - QdS

Burocrazia, in Sicilia il peggio del peggio

Serena Giovanna Grasso

Burocrazia, in Sicilia il peggio del peggio

martedì 29 Gennaio 2019

Eqi (European quality of government index) pari a 15,7 su un massimo di 100. Tra i parametri presi in esame vi sono: trasparenza, imparzialità e corruzione. Report Commissione Ue su qualità della Pa: l’Isola 177esima su 192 regioni europee. “Il livello medio complessivo della pubblica amministrazione è preoccupante" afferma Paolo Zabeo, il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia

PALERMO – La Pubblica amministrazione siciliana è tra le peggiori non sono dell’Italia, ma addirittura dell’intera Europa. Infatti, l’Isola è la 177° regione europea per qualità della cosa pubblica.
 
L’indice europeo Eqi (European quality of government index) nella nostra regione assume un valore pari a 15,7, decisamente molto basso se consideriamo che l’indicatore varia tra un massimo di 100, ottenuto dalla regione finlandese Åland che consegue il primo posto, e zero, totalizzato dalla regione bulgara dello Severozapaden che chiude rovinosamente la classifica.
Questo è quanto emerge dal report redatto dalla Cgia di Mestre, basato sull’analisi dei dati raccolti dalla Commissione europea nel 2017.
L’Eqi è il risultato di un’indagine sulla corruzione e la governance a livello regionale in Europa.
 
L’indice finale della qualità della Pubblica amministrazione è frutto di un mix di quesiti posti ai cittadini che riguardano la qualità dei servizi pubblici, l’imparzialità con la quale questi vengono assegnati e la corruzione. Nello specifico i quesiti convergono su tre servizi pubblici che hanno valenza più “territoriale”: istruzione, sanità e pubblica sicurezza; l’indice finale, oltre ai dati delle indagini regionali, tiene conto anche di altri servizi più generali.
 
In tema di qualità della Pubblica amministrazione, la Sicilia si classifica tra gli ultimi otto posti in Italia, con un punteggio pari a 27,9. Molto peggio va in riferimento all’imparzialità: infatti, in questo caso si trova al terz’ultimo posto (18,3), peggio fanno solo Campania (15,7) e Calabria (9,8).
 
Rispetto ai 192 territori europei interessati dall’analisi, sono ben otto le regioni italiane che si collocano tra gli ultimi venti posti della classifica. In particolare, oltre la situazione siciliana già vista (177), troviamo Umbria (174), Lazio (175), Puglia (178), Basilicata (183), Campania (186), Abruzzo (189) e la Calabria al terzultimo posto nell’Ue (190).
 
“Il livello medio complessivo della pubblica amministrazione è preoccupante – afferma Paolo Zabeo, il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia – L’incomunicabilità, la mancanza di trasparenza, l’incertezza giuridica e gli adempimenti troppo onerosi hanno generato una profonda incrinatura, soprattutto nei rapporti tra le imprese e i pubblici uffici, cha ha provocato l’allontanamento di molti operatori stranieri che, purtroppo, non vogliono più investire in Italia anche per l’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico. Ad ogni modo, è sbagliato generalizzare, non tutta la nostra Pa è di bassa qualità. Infatti, la sanità al Nord, molti settori delle forze dell’ordine, diversi centri di ricerca e istituti universitari assicurano delle performance che non temono confronti con il resto d’Europa”.
 
Sebbene sia relegato al centodiciottesimo posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia, seguono, a pari merito, altre due regioni settentrionali: l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al centoventisettesimo e al centoventottesimo posto della classifica generale. Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al centotrentunesimo posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al centotrentateseiesimo gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea.
 
Altrettanto preoccupanti sono i risultati che emergono dalla periodica indagine campionaria condotta da Eurobarometro (Commissione europea) sulla complessità delle procedure amministrative che incontrano gli imprenditori dei 28 paesi dell’Unione.
L’Italia si trova al quarto posto di questa graduatoria, con l’84% degli intervistati che dichiara che la cattiva burocrazia è un grosso problema. Solo la Grecia, la Romania e la Francia presentano una situazione peggiore della nostra, mentre il dato medio dell’Unione europea si attesta al 60%.
 
 
ARS, DDL DI RIFORMA DELLA BUROCRAZIA SOTTO LA POLVERE
 
PALERMO – Amministrazione più digitale e trasparente, tempi più brevi dei procedimenti amministrativi, adeguamento degli iter alle modifiche apportate dai decreti della riforma Madia a livello nazionale, attribuzione di maggiore responsabilità ai dirigenti rispetto a quella attribuita a livello nazionale, una chiara disciplina della Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) e attivazione di strumenti di semplificazione (come l’agenzia regionale per gli investimenti).
 
Sarebbero questi i punti chiave che ci porterebbero al passo con le altre regioni italiane. Questi i punti chiave trattati all’interno del Ddl n. 366, fortemente voluto dal Governo Musumeci, ma osteggiato dal M5s. Fortemente voluto sì, ma purtroppo caduto nel dimenticatoio, insieme a molte altre iniziative di questo Governo.
 
Il ddl si sarebbe applicato alla burocrazia regionale, ad enti, istituti e aziende dipendenti dalla Regione, alle società partecipate a controllo pubblico e ai Comuni, secondo quanto prescritto dal primo articolo. Avrebbe previsto l’armonizzazione della normativa regionale con quella di livello statale. Tale armonizzazione si giustificava dall’esigenza di conformare istituti pensati per l’organizzazione statale all’amministrazione regionale, in coerenza con la competenza esclusiva riconosciuta allo Statuto in materia di organizzazione degli uffici.
 
Sarebbe stato pari a 150 giorni, trenta in meno rispetto al termine di 180 giorni, il tempo massimo a disposizione dell’amministrazione per dare risposte. Ogni volta che un funzionario non avrebbe prodotto risposte nei tempi utili, il dipendente avrebbe subito una diminuzione dell’indennità di risultato ed in più avrebbe rischiato di ricevere un provvedimento disciplinare. Inoltre, ogni provvedimento sarebbe stato registrato sul sito di ogni dipartimento o altra amministrazione.
 
“La Regione -secondo un articolo del Ddl – assicura la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione amministrativa in modalità digitale”.
 
“Le pagine del sito della Regione diventeranno la vetrina del Palazzo. Per questo la presidenza dovrà adottare, su proposta dell’assessorato all’Economia, il piano per l’innovazione tecnologica della Regione. Il piano dovrà prevedere le fasi e i tempi per al realizzazione di tutte le misure per la digitalizzazione dell’amministrazione regionale”.
Tutti principi rimasti purtroppo lettera morta fino ad oggi.

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