Recessione transitoria se crescita pianificata - QdS

Recessione transitoria se crescita pianificata

Carlo Alberto Tregua

Recessione transitoria se crescita pianificata

giovedì 07 Febbraio 2019

Senza investimenti niente posti di lavoro

Dopo due trimestri di decrescita, si entra nel vicolo cieco della recessione. Quest’ultima e la crescita sono due facce della stessa medaglia, la prima positiva, la seconda negativa. Sia l’una che l’altra non scaturiscono dall’immediato, bensì da azioni che si sono svolte, bene o male, in un periodo dai tre ai cinque anni.
Ecco in che cosa si differenziano gli statisti dai politicanti. I primi pianificano lo sviluppo del Paese in 3-5 anni. I secondi agiscono per l’oggi e il domani, trascurando il dopodomani. I primi si muovono nell’interesse delle future generazioni; i secondi, da egoisti, per il presente, danneggiando l’epoca successiva.
La recessione è frutto di molte variabili, ma essa non è misteriosa, anzi è conseguenza della combinazione delle predette variabili. Per invertire la tendenza e passare dalla recessione alla crescita, ci vogliono persone competenti, di alta professionalità, che sappiano cosa sia l’interesse nazionale e lo facciano prevalere sempre sulle questioni private.
 
Hanno parzialmente ragione i Giallo-Verdi quando sostengono che questa fase negativa è conseguente alla scadente politica economica dei Governi precedenti. Tuttavia, di fronte alla malattia ormai accertata, hanno messo in atto iniziative che non la curano, bensì la peggiorano.
Invece, avrebbero dovuto approvare progetti di crescita, mediante tutti gli investimenti possibili in infrastrutture, opere pubbliche di risanamento idrogeologico del territorio, attivazione di migliaia di cantieri bloccati dalla burocrazia, utilizzazione integrale dei fondi europei e di quelli di sviluppo e coesione statali. Inoltre, avrebbero dovuto imporre alle Regioni, a statuto ordinario e speciale, la destinazione di almeno un quinto delle entrate agli investimenti.
Si dirà che lo Stato non può imporre tale condotta alle Regioni, però può farlo diminuendo i trasferimenti, nel caso esse non dovessero osservare tale indirizzo di politica economica. Prima, però, il Governo dovrebbe dare l’esempio facendo altrettanto, ma non sembra che questo comportamento virtuoso sia stato messo in atto.
 
La Legge di bilancio 2019 prevede uscite per 904 miliardi di euro, di cui 80 miliardi per interessi. Quest’ultima cifra è ottimistica perché è connessa ad uno spread poco sopra i 200 punti. Esso in atto è intorno a 250 punti, ma se dovesse continuare la recessione, con il conseguente aumento dell’indebitamento, lo spread potrebbe risalire verso i 300 punti ed oltre, il che significherebbe aumentare la spesa per interessi dei titoli di Stato forse di 10 miliardi di euro.
Fra le uscite, quelle destinate agli investimenti sono una parte minima. Col che la ruota economica, non essendo alimentata, non può girare in maniera normale. In questo quadro risulta coerente la diminuzione dell’inflazione, che si è attestata sullo 0,9%, e corrisponde ad uno stallo dei consumi.
Infatti, solo quando essi crescono fanno aumentare i prezzi dei prodotti e con l’aumento cresce anche l’inflazione, che fisiologicamente si dovrebbe attestare intorno al 2 per cento.
 
Non vediamo come la recessione possa fermarsi e il ciclo economico invertirsi ritornando alla crescita, perché senza investimenti, anche nel settore privato, mediante il sostegno alle imprese, non si creano posti di lavoro, senza dei quali i consumi non possono aumentare.
Vi è da aggiungere l’inversione dell’indice di fiducia sia dei consumatori che delle imprese. Si sa, quando la fiducia scende, il ciclo economico positivo si inceppa e la ruota tende a fermarsi.
Che l’immissione di 5-7 miliardi nelle tasche dei cosiddetti poveri (senza la prova che essi lo siano) possa migliorare i consumi è illusorio perché tale cifra rappresenta una goccia nel mare. Le buone intenzioni di presidente e dei due vice presidenti del Consiglio sono apprezzabili, ma si sa che la via dell’Inferno è lastricata di buone intenzioni.
L’economia funziona su basi matematiche, che è l’unica scienza esatta. Le parole non possono cambiare tali fondamenta scientifiche e neppure le buone intenzioni. Chi non capisce questi fatti elementari è destinato a perdersi e, purtroppo, con egli si perdono anche i cittadini italiani.

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