Nuove prospettive di cura per l'Hiv/Aids con la somministrazione del vaccino Tat - QdS

Nuove prospettive di cura per l’Hiv/Aids con la somministrazione del vaccino Tat

Nuove prospettive di cura per l’Hiv/Aids con la somministrazione del vaccino Tat

mercoledì 20 Febbraio 2019

Questo il risultato di un follow-up durato otto anni, pubblicato sulla rivista open access “Frontiers in immunology”

in collaborazione con ITALPRESS
 
MILANO – La somministrazione del vaccino Tat a pazienti in terapia antiretrovirale (Cart) si è rivelata capace di ridurre drasticamente il “serbatoio di virus latente” inattaccabile dalla sola Cart. È questo il risultato del follow-up, durato otto anni e pubblicato sulla rivista open access “Frontiers in immunology”, di pazienti immunizzati con il vaccino Tat messo a punto dall’équipe guidata da Barbara Ensoli, direttore del Centro nazionale per la ricerca su Hiv/Aids dell’Istituto superiore di Sanità.
 
“Si tratta – ha spiegato Ensoli – di risultati che aprono nuove prospettive per una cura ‘funzionale’ dell’Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con Hiv, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando l’aderenza alla terapia e la qualità di vita, problemi di grande rilevanza soprattutto in bambini e adolescenti, con l’obiettivo, in prospettiva, di giungere all’eradicazione del virus”.
 
A quarant’anni dalla scoperta del virus, l’Hiv/Aids rimane purtroppo un’emergenza globale che colpisce soprattutto le fasce più povere e fragili della popolazione mondiale, in particolare le donne e i bambini, gli omosessuali, bisessuali e transgender (Lgbt), i lavoratori del sesso, le popolazioni migranti, gli utilizzatori di sostanze iniettabili. A oggi, ben 40 milioni di persone nel mondo convivono con l’infezione da Hiv, la metà delle quali senza ricevere alcuna terapia. La cura per Hiv/Aids richiede ancora molti sforzi, ingenti investimenti e strategie innovative per l’eradicazione del virus. Infatti, il virus non può essere eliminato dalla Cart perché persiste, senza replicarsi, in alcune delle cellule infettate in forma di Dna virale. Questa forma “silente” del virus (Dna provirale) costituisce un “serbatoio di virus latente” che rimane invisibile al sistema immunitario ed è inattaccabile dalla terapia Cart. Il virus latente periodicamente si riattiva e comincia a replicarsi; pertanto, l’interruzione della Cart determina inevitabilmente la ripresa dell’infezione. Di qui la necessità di assumere la terapia ininterrottamente per tutta la vita.
 
Il nuovo studio, intitolato “Continued decay of Hiv proviral Dna upon vaccination with Hiv-1 Tat of subjects on long-term Art: an 8-year follow-up study”, e condotto in otto centri clinici in Italia (Ospedale San Raffaele di Milano, Ospedale Sacco di Milano, Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale Universitario di Ferrara, Policlinico di Modena, Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano-Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, Policlinico universitario di Bari), presenta i dati del monitoraggio clinico a lungo termine di 92 volontari vaccinati del precedente studio clinico Iss T-002 (Clinical trials.gov Nct00751595).
 
Gli autori dello studio riportano che i volontari trattati con Cart e vaccinati con la proteina Tat hanno mostrato un forte calo del Dna provirale nel sangue, avvenuto con una velocità in media 4-7 volte maggiore di quella osservata in studi analoghi in pazienti trattati solo con Cart. Nei volontari vaccinati, inoltre, la riduzione del serbatoio di virus latente si è associata a un aumento delle cellule T Cd4+ e del rapporto delle cellule T Cda+/Cd8+. Queste caratteristiche vengono riscontrate anche in rari pazienti, denominati post-treatment controllers, in grado di controllare spontaneamente la riattivazione della replicazione virale dopo aver sospeso la terapia, i quali hanno, infatti, un serbatoio di virus latente di dimensioni assai ridotte, come evidenziato da bassi valori di Dna provirale e mostrano un buon recupero del sistema immune, come indicato da un elevato rapporto dei linfociti T Cd4+/Cd8+.
 
“È concepibile, pertanto – ha concluso Barbara Ensoli – che la vaccinazione con Tat possa conferire ai pazienti la capacità di divenire ‘post-treatment controllers’, cioè di controllare il virus senza assunzione di farmaci per periodi di tempo la cui durata dovrà essere valutata con specifici studi clinici. Pertanto, i risultati dello studio aprono la strada a studi di interruzione programmata e controllata della terapia nei volontari in trattamento con Cart vaccinati con Tat, attualmente in corso di pianificazione proprio allo scopo di verificare questa ipotesi”.
 

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