Accesso al sistema informatico di un ente pubblico - QdS

Accesso al sistema informatico di un ente pubblico

Marco Carlino

Accesso al sistema informatico di un ente pubblico

domenica 17 Marzo 2019

Corte di Cassazione, sentenza 8541/2019: rigettato il ricorso di un sottoufficiale della Guardia di Finanza. Va condannato il dipendente che vi accede abusivamente per motivazioni diverse da quelle professionali

ROMA – L’accesso abusivo al sistema informatico è un reato di pericolo, e prescinde dal tipo di notizia appresa.
Così la Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 8541/2019, ha rigettato il ricorso di un sottoufficiale della Guardia di finanza, confermando la sentenza della Corte d’appello; per i giudici di legittimità va condannato il dipendente pubblico che accede al sistema informatico dell’ente di appartenenza per motivazioni diverse da quelle professionali.
 
La Corte d’Appello di Ancona aveva confermato la sentenza di primo grado, che aveva condannato il dipendente delle forze dell’ordine per essersi abusivamente introdotto nel sistema informatico “Serpico” al fine di acquisire informazioni sulla situazione reddituale della moglie, con cui aveva in corso una causa di separazione. Il dipendente pubblico, però, non ci stava e tramite i suoi legali faceva ricorso. Secondo i difensori è stato dato per pacifico che fosse stato il sottoufficiale ad introdursi nel sistema informatico, senza considerare che la rete è un sistema complesso, che non si risolve in un numero identificativo, cosicché non vi è prova che sia stato lui ad introdursi nel sistema e vi è anche incertezza sul luogo in cui è avvenuto l’accesso. Non solo: il pool difensivo dell’imputato contesta il mancato raggiungimento della prova del carattere abusivo dell’accesso, in quanto non sarebbero stati accertati né i limiti né le condizioni dell’accesso imposti dal complesso delle disposizioni impartite dal titolare del sistema.
Secondo i giudici di ultima istanza, però, l’appello è da respingere. Non c’è dubbio che il sistema “Serpico”contenga notizie della più varia natura, tra cui anche notizie e dati destinati a rimanere segreti o riservati.
 
Quindi, indipendentemente dai limiti formali posti dall’amministratore l’imputato si sarebbe introdotto nel sistema per ragioni ontologicamente diverse da quelle per cui il potere gli era stato conferito, commettendo il reato di accesso al sistema.
Pertanto la condotta penalmente rilevante “si concretizza ogniqualvolta l’ingresso abusivo riguardi un sistema informatico in cui sono contenute notizie riservate, indipendentemente dal tipo di notizia eventualmente appresa”.
 
Da annotare che l’accesso abusivo a un sistema informatico o telematico è l’attività tipicamente posta in atto da un soggetto che si introduce senza autorizzazione in un computer o in un sistema di computer. I reati informatici e i reati telematici rappresentano una delle forme di aggressione più frequenti nell’attuale ambiente sociale.
 
In molti ordinamenti questa attività è considerata illecita ed è variamente sanzionata.
Il nostro ordinamento ha assistito a una vorticosa crescita dei delitti informatici e telematici sin dai primi anni 90. In Italia, ai sensi dell’art. 615-ter, esso costituisce reato commesso da colui che abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo. La norma è stata introdotta con la legge 23 dicembre 1993, n.547, su sollecitazione comunitaria a seguito della raccomandazione 13 settembre 1989, n.9, del Consiglio dell’Unione europea, con la quale si suggerivano misure per la repressione del crimine informatico.

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