Anno giudiziario, la Sicilia dopo l'annus horribilis - QdS

Anno giudiziario, la Sicilia dopo l’annus horribilis

redazione web

Anno giudiziario, la Sicilia dopo l’annus horribilis

domenica 02 Febbraio 2020

E' partito da Catania e dalle parole pronunciate nel Palazzo di Giustizia dal presidente della Corte d'appello etnea Meliadò, il dibattito su valori e principi della magistratura, ripreso a Palermo da Nino Di Matteo, che ha chiesto una "svolta etica"

Quello “che si è concluso”, ha detto Meliadò, è stato” “un ‘annus horribilis’ per la magistratura, avendo avvenimenti recenti e che hanno avuto grande eco nell’opinione pubblica, riproposto il dibattito sui valori morali e sui principi costituzionali che sorreggono l’indipendenza della magistratura”.

Queste le parole del presidente della Corte d’appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell’Anno giudiziario di Catania, che hano segnato il dibattito in tutta la Sicilia.

“Il rischio di reazioni emotive e di valutazioni affrettate del tutto scontate – ha osservato Meliadò – in una società che privilegia la velocità della comunicazione rispetto ai tempi della riflessione non ha impedito, tuttavia, che si avviasse su questi temi una discussione che, nonostante luci e ombre, ha cercato di distinguere tra quelli che sono i valori di fondo – e come tali irrinunciabili – dell’autogoverno e del pluralismo ideale e organizzativo della magistratura e le esigenze di rinnovamento che, attraverso la scrittura di nuove regole, possono migliorare la capacità della magistratura di articolarsi come potere diffuso, ma non gerarchico, potere responsabile, ma soggetto solo alla legge, sollecitando l’inclinazione di ogni magistrato a essere, in ogni momento della vita professionale, ‘senza timore e senza speranze’, per come ha voluto la Costituzione Repubblicana”.

Anno giudiziario, Frasca lo apre a Palermo

A Palermo la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è stata aperta dal presidente Matteo Frasca nell’aula magna della Corte d’appello, con la relazione sullo stato della giustizia nel distretto.

In rappresentanza del ministro della Giustizia era presente il capo del Dap Francesco Basentini, mentre per il Csm c’era l’ex pm di Palermo Nino Di Matteo. Tra i presenti il procuratore generale Roberto Scarpinato e il procuratore della repubblica Francesco Lo Voi.

Di Matteo, il Csm volti pagina, serve una svolta etica

“Il Consiglio Superiore della Magistratura – ha detto Di Matteo – deve voltare pagina: quel che è venuto alla luce dall’inchiesta di Perugia deve indignarci, ma non può sorprenderci perché è la fotografia nitida di una patologia grave che si è diffusa come un cancro e che ha portato allo strapotere delle correnti e al collateralismo con la politica, logiche che hanno allontanato l’organo di autogoverno dagli scopi per cui la Costituzione lo aveva previsto”.
Lo ha detto Nino Di Matteo, ex pm a Palermo, ora componente del Csm intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario riferendosi al caso.
L’ex pm ha puntato il dito contro i “magistrati impegnati in una folle corsa verso incarichi direttivi ” e contro “correnti che da ossatura della democrazia sono diventate ambiziose articolazioni di potere”, affermando che l’inchiesta di Perugia ha sì generato “un generale discredito nei confronti della magistratura”, ma rappresenta anche “l’occasione per ripartire prima che altri cambino le regole comprimendo valori come quello dell’indipendenza”, attraverso “una svolta etica individuale e di corpo”.

Scarpinato, illegalità figlia della povertà, pene inutili

Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, nel suo intervento, partendo dall’analisi dei reati commessi nel distretto, ha tracciato un affresco della società.
“I furti cosiddetti minori – ha detto – , perpetrati da persone in stato di bisogno e in quartieri dove sono forti la dispersione scolastica e la disoccupazione, sono aumentati del 20%. Nonostante la Procura si sia organizzata con un ufficio ad hoc il fenomeno ha registrato un enorme incremento e, nonostante le pene inflitte, il fenomeno cresce”, perché “le pene pecuniarie non possono essere riscosse perché i condannati sono incapienti le pene detentive brevi vengono convertite in obbligo di firma”.

Lo Voi, serve reazione corale alla corruzione, come contro mafia

Dall’altra parte, nel distretto, secondo il procuratore Francesco Lo Voi, “C’è troppa gente che ruba e ruba risorse pubbliche: colletti bianchi e inamidati, che, condannati, restano al loro posto e allora non c’è alcuna deterrenza”.

“Corrotti e corruttori – ha aggiunto – traggono dalla mafia preziosi insegnamenti, adottano cautele negli incontri per evitare intercettazioni, usano comunicazioni criptiche quando parlano tra loro, hanno incontri riservati avendo cura di lasciare i telefoni, riciclano come i mafiosi e autoriciclano. Tra corrotto e corruttore poi c’è un interesse reciproco da tutelare, ciò comporta che le denunce o non ci sono o sono pochissime”.

“Forse – ha concluso – occorre una presa di coscienza su un fenomeno che fa danni come la mafia, non spara, ma danneggia l’economia,l’ imprenditoria onesta e l’intera società. Come contro la mafia, dunque, serve una risposta collettiva della società e di tutte le istituzioni”.

Lo Voi ha poi puntato l’indice sulla carenza di organici: “Mancano 18 pm su 61, il vuoto di organico dunque è del il 30%. Ciò vuol dire che sette sostituti devono fare il lavoro di dieci. Auspico l’intervento del Csm per ottenere una copertura ragionevole dei posti”.

Catania, migliorano tempi processi, alto numero di quelli penali

Di “persistenti vuoti di organico del personale della magistratura, che continuano ad affliggere, in misura maggiore o minore, tutti gli uffici del Distretto” ha parlato anche, a Catania, Giuseppe Meliadò, illustrando lo “stato dell’amministrazione della giustizia”, e sottolineando che esso “risente di un operoso contesto e riflette una inclinazione al cambiamento, con segnali di miglioramento, specie in ordine ai tempi della durata dei processi”.

“Le innovazioni introdotte – ha aggiunto -, dai progetti di modernizzazione finanziati con fondi europei, alla costituzione dell’Ufficio del Processo, ai protocolli d’intesa con l’Avvocatura hanno costituito un antidoto alla obsolescenza dei metodi di lavoro e delle tecniche di organizzazione del processo, senza le quali l’arretramento della giustizia civile e penale avrebbe raggiunto, nel nostro distretto, livelli ben più preoccupanti”.

“Protocolli e intese programmatiche – rileva Meliadò – attività congiunte negli organi di gestione e azioni formative comuni, tavoli di lavoro e osservatori permanenti costituiscono, nella realtà del Distretto di Catania, ormai un reticolo prezioso di esperienze che hanno inciso profondamente sulla visione comune dei problemi della giurisdizione e hanno dato corpo a quella cultura dell’autogoverno, ben diversa dall’antica separatezza, che sostanzia la libertà delle formazioni sociali, l’autonomia dell’avvocatura e l’indipendenza della magistratura”.

Meliadò ha riferito che “In termini di giustizia penale, rilevante rimane il numero dei procedimenti che riguardano fatti di criminalità organizzata. In particolare, l’attività di Cosa nostra nel Distretto di Catania non appare finalizzata a perseguire il monopolio dell’attività criminale di basso, mirando piuttosto alla gestione di attività economiche particolarmente redditizie ma di difficile individuazione”.

“Tra queste – ha aggiunto – la gestione legale tramite prestanome di esercizi commerciali, l’assegnazione di pubblici appalti, la gestione dei rifiuti, le scommesse, anche on line, con le conseguenti opportunità di ‘ripulitura’ e di reinvestimento, anche su scala internazionale, dei capitali illecitamente perseguiti e una sistematica infiltrazione nel settore economico, che finisce per depotenziare ed escludere dal mercato l’iniziativa imprenditoriale sana”.

“Sensibilmente aumentato – ha sottolineato – è il flusso dei reati contro il patrimonio, specie nei circondari di Siracusa e Ragusa e l’aumento delle truffe informatiche. Costante è anche il flusso dei reati contro la pubblica amministrazione, i reati finanziari e fallimentari e la Procura distrettuale ha evidenziato la fondamentale importanza del coordinamento delle forze di polizia per ottimizzare i risultati investigativi e privilegiare il disvelamento di sistemi illegali ‘seriali’ tipici della corruzione rispetto alla repressione episodica di singoli fatti criminosi. “.

Meliadò, buon andamento nel Civile e nel Lavoro

“Per quanto riguarda la giustizia civile – ha osservato Meliadò – resta confermato il buon andamento della giurisdizione nel Distretto. In particolare, la pendenza degli affari civili ha registrato un’ulteriore complessiva diminuzione del 6,7% per i procedimenti contenziosi ordinari e per quelli del lavoro. Sono 8.388 quelli pendenti al 30 giugno 2019, rispetto agli 8.987 procedimenti pendenti al 1 luglio 2018”.

“Nettamente positivo – ha sottolineato – è il bilancio dell’attività in materia di lavoro, avendo i giudici catanesi – con un organico pari alla metà di quello dei colleghi milanesi pur a parità di sopravvenienze – abbattuto la pendenza dell’ufficio, che è tra i più esposti nel fronteggiare gli effetti della crisi occupazionale, di oltre il 15%”.

Caltanissetta, Vagliasindi, serve aumento di organico, , patto tra Stidda e Cosa Nostra

“La storia giudiziaria di Caltanissetta narra di processi su tante morti eroiche di servitori dello Stato legate da un comune filo rosso. Morti confermative del tentativo della mafia di accreditarsi come contropotere dello Stato capace di eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono ad un’espansione mirata all’infiltrazione negli apparati istituzionali, oggi, anche attraverso il torbido connubio corruzione e criminalità organizzata”.

Lo ha detto il presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta Maria Grazia Vagliasindi, ricordando che a Caltanissetta è stato celebrato il primo processo Chinnici e i processi sulle stragi Falcone e Borsellino e chiedendo un aumento d’organico prima di parlare del “subdolo patto di non belligeranza” tra Stidda e Cosa nostra “in un’ottica di cointeressenze illecite comuni, attuate imponendo estorsioni, sfruttando i profitti dell’usura e del traffico degli stupefacenti e accaparrandosi i settori di mercato più redditizi attraverso l’affidamento di appalti e subappalti”.

“Non si può combattere la criminalità organizzata – ha proseguito -, che non è più solo siciliana, se non la si attacca su tutti i piani colpendo soprattutto il cuore degli imperi finanziari, se non se ne taglia ogni tentacolo, se non si identifica soprattutto la rete dei sostenitori, facilitatori (broker e consulenti finanziari) che ne consentono la proliferazione e la sopravvivenza”.

Sava, la mafia non è sconfitta e controlla l’economia

La procuratore generale nissena, Lia Sava, ha aggiunto: “Non illudiamoci, la mafia non è sconfitta e non è neppure più debole: riusciamo a contrastarne gli effetti nefasti solo grazie a un impegno indefesso e ciò rende maggiormente degno di elogio il lavoro della magistratura locale”.

“Non sono, dunque, consentiti cedimenti di sorta, non possiamo arretrare di un solo passo, – ha aggiunto – specie in un ambito territoriale come il nostro, afflitto più di altri dagli effetti della crisi economica che ha indotto, negli ultimi cinque anni, undicimila persone a cercare fortuna altrove. Ecco perché la Corte di Appello di Caltanissetta non può essere soppressa, perché roccaforte di legalità e baluardo di resistenza alle aggressioni subdole di organizzazioni criminali che succhiano avidamente la linfa vitale indispensabile al riscatto della nostra Sicilia”.

“Il traffico di stupefacenti e l’attività estorsiva – ha sottolineato – rimangono la forma più diffusa di controllo mafioso dell’economia legale e del territorio, posta in essere non solo da Cosa nostra, ma anche dalla Stidda. Momento di fibrillazione costituiscono, infine, storicamente le tornate elettorali e ciò per la “messa a disposizione” di pacchetti di voti al fine di appoggiare candidati ritenuti più avvicinabili con l’evidente scopo di assicurarsi somme di denaro e altre, anche future, utilità”.

Messina, Galluccio, organici, risorse rubate al Sud e date al Nord

“Gli organici dei tribunali di Messina, Barcellona Pozzo di Gotto e Patti sono stati complessivamente ridotti di cinque unità, in conseguenza della enunciata scelta di politica giudiziaria, di rafforzare le aree del Nord ed in particolare del Nord-est”.

Lo ha denunciato Michele Galluccio, presidente della Corte di appello di Messina durante l’inaugurazione dell’anno.

“Il distretto peloritano – ha aggiunto Galluccio – è stato quello più penalizzato tra tutti i distretti d’Italia. La sottrazione di risorse al Sud, economicamente depresso, per sopperire alle esigenze di sviluppo del Nord, ha significato nei fatti e al di la delle contrarie enunciazioni, la mancanza di interesse a promuovere, attraverso una giustizia efficiente, lo sviluppo del Meridione, accentuando, invece di rimuoverlo, il divario tra le diverse parti del Paese”.

“La delusione per il progetto di determinazione delle piante organiche dei magistrati, è ancora più forte, ove si consideri che, la Corte di Appello di Messina, nel settore penale, è al primo posto in Italia, per la durata media dei procedimenti di 229 giorni (sette mesi) e per indice di ricambio ed è, per i giudizi civili, ai primi posti in Italia, con una durata di 480 giorni su una media nazionale di 702, e con il miglior indice di ricambio, seconda solo a Perugia”.

Dal punto di vista statistico “E’ in aumento la sopravvenienza di procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione quali peculato, malversazione, corruzione e concussione. Dimezzati i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso (anche finalizzata alle estorsioni, allo spaccio di sostanze stupefacenti, all’usura) e in aumento, invece, quelli di associazione a delinquere”.

Galluccio ha parlato inoltre di “condizioni di estrema criticità, per la mancanza di locali e per i problemi di salubrità e sicurezza per quelli in atto a disposizione al Tribunale di Messina”.

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