Burocrazia, da zavorra a volàno di sviluppo, ecco come - QdS

Burocrazia, da zavorra a volàno di sviluppo, ecco come

redazione

Burocrazia, da zavorra a volàno di sviluppo, ecco come

martedì 02 Giugno 2020

Una sintesi delle proposte avanzate dalle imprese, dai sindacati e dalla politica siciliana per far ripartire l’Isola. Digitalizzazione, automatismi, merito e responsabilità: i 4 pilastri su cui ricostruire una Pa finalmente efficiente

di Raffaella Pessina, Patrizia Penna, Ivana Zimbone

Il caos delle pratiche per la cassa integrazione in deroga alla Regione siciliana ha messo a nudo tutte le debolezze della nostra burocrazia e ha reso estremamente attuale il dibattito sulla necessità di una riforma della pubblica amministrazione regionale.

Mancano del tutto i processi di digitalizzazione così come gli automatismi, non viene applicato il criterio del merito per i dipendenti così come quello delle responsabilità.

Il Movimento Cinquestelle riferisce di aver appreso dai sindacati che il bonus di 10 euro per ogni pratica evasa sarebbe stato proposto addirittura dal Governo e ha chiesto le dimissioni dell’assessore regionale alla Famiglia, Antonio Scavone per i ritardi accumulati. Le settimane passano, le polemiche non si placano ma i lavoratori ancora attendono.

La politica litiga e il cittadino soffre poiché è costretto, per qualsiasi atto voglia compiere con la Pubblica amministrazione (l’apertura di un’attività, la richiesta di un contributo, solo per fare un paio di esempi) ad affrontare una trafila infinita. Gli stessi utenti arrivano spesso a rinunciare a quanto legittimamente richiesto perché non riescono a districarsi nella giungla degli adempimenti. La lentezza della macchina burocratica arriva ad inficiare qualsiasi provvedimento preso dal Governo pregiudicando il corretto funzionamento del rapporto tra amministrazione e cittadinanza.

È innegabile che in passato siano state fatte assunzioni clientelari, e alquanto discutibile è la qualità delle prestazioni erogate ai cittadini. Il governo regionale, tra l’altro, ha provato a cambiare le cose con la riforma della burocrazia (legge regionale n.7/2018). Adesso la politica ci riprova con un nuovo disegno di legge, il Ddl n. 733 “Semplificazione” che a breve approderà a Sala d’Ercole.

COSA CHIEDONO LE IMPRESE
“Motore pubblico essenziale per far ripartire l’economia”

L’interruzione del lockdown non risolve il dramma economico ereditato dal Coronavirus. Sembra giunto il momento di riprogrammare il sistema, in tutti i suoi settori, per non lasciare più indietro nessuno. Sostegno a imprese e cittadini, utilizzo dei fondi Ue per lo sviluppo, investimenti pubblici per le grandi opere e politiche sociali inclusive sembrano elementi imprescindibili per una nuova era e per un nuovo Sud.

CONFCOMMERCIO, FRANCESCO PICARELLA: “SUBITO INDENNIZZI A FONDO PERDUTO”

Il rapporto di Confcommercio sul primo trimestre 2020 rileva una riduzione dei consumi del 10,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e prevede dati ancora più sconfortanti per il secondo trimestre. A essere maggiormente colpite, le colonne portanti dell’economia del Belpaese: turismo, moda, ristorazione. “Si stima che il 40% delle imprese non riuscirà ad aprire o che chiuderà poco dopo la riapertura. Servono azioni forti da parte del Governo: non si può fare a meno di indennizzi a fondo perduto”, ha chiosato Francesco Picarella, presidente di Confcommercio Sicilia.

GLI ECONOMISTI, “POTENZIARE IL MEZZOGIORNO”

“Già prima del Covid-19, al Sud lavorava una persona su quattro, mentre al Nord una su due. Il reddito procapite al Meridione è mediamente di 15mila euro l’anno, al Settentrione è del doppio. Questo a causa della bulimia del Nord, che ha rubato al Sud circa 600 miliardi di euro solo negli ultimi 10 anni. Per far ripartire il Paese, redistribuire le risorse e supportare imprese e famiglie, garantendo l’assistenza ai più piccoli e includendo maggiormente le donne”, ha chiosato l’economista Pietro Busetta, accademico e membro del CdA di Svimez.
“Nonostante l’Italia abbia ricevuto 350 miliardi in fondi Ue – tralasciando i fondi diretti, con i quali si supererebbero i 5mila miliardi di euro -, il Pil italiano è salito solo dello 0,1% nel 2019 e, nel 2020, ha raggiunto una decrescita del -6,4%. Il Mezzogiorno ha un reddito procapite inferiore al 75% rispetto a quello medio dei Paesi Ue, oltre che un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 57,2%. La Sicilia rimane tra le regioni più povere d’Europa, le c.d. ‘Ex Obiettivo 1’. Senza un approccio scientifico che riesca ad avere un impatto reale sui principali aggregati economici della nostra terra – e senza Uffici Europa in seno a istituti bancari, Comuni e Regioni – non si uscirà dall’impasse”, ha detto l’economista Santi Tomaselli, presidente dell’Osservatorio romano ai fondi europei.

CAVALIERI DEL LAVORO, “SUPPORTO ALLE IMPRESE E NUOVI INVESTIMENTI”

Chiudere le aziende è semplice, ma rimetterle in moto con pesanti debiti sulle spalle, in un mercato completamente sconvolto, sembra un’utopia. “Non è possibile offrire solo finanziamenti garantiti al 90% con il microcredito, perché le cause delle crisi aziendali – in quest’occasione – non possono essere considerate endogene. Serve che si tutelino i cittadini e le imprese che possono garantire posti di lavoro, non le banche”, ha chiosato Giuseppe Valentino Condorelli, cavaliere del lavoro e amministratore unico della pasticceria e dell’industria dolciaria omonima.
“Occorre affrontare la crisi in maniera complessiva e sistematica, per supportare tutti i target sociali. La sanità, la scuola, le infrastrutture, le pensioni devono per forza essere maggiorate”, ha aggiunto Alessandro Scelfo, cavaliere del lavoro e vertice della Sais Autolinee S.p.A.
“In momenti di grandissima sofferenza il motore pubblico è essenziale per far ripartire l’economia. Spero in un piano d’investimenti su modello keynesiano, finanziato anche dai Coronabond”, ha concluso Francesco Rosario Averna, presidente del gruppo siciliano dei Cavalieri del lavoro.

LE PROPOSTE DEI SINDACATI
Sblocco turn over, riorganizzazione assessorati e dipartimenti, piano straordinario di formazione

CGIL SICILIA

Il segretario regionale della Cgil Sicilia non ha dubbi. La riforma della burocrazia regionale deve partire dallo sblocco del turn over per immettere nell’amministrazione le nuove competenze e professionalità di cui è carente. Penso alla gestione delle ricorse comunitarie o alla progettazione e gestione dei sistemi informatici. Riteniamo anche che serva una scuola di alta formazione per consentire il continuo aggiornamento dei dipendenti. La legge 7 del ’99 pur con qualche limite presenta elementi positivi che potrebbero far fare un passo in avanti. Ma il problema è che è inapplicata e inapplicabile. Il problema dell’amministrazione infatti non è solo di procedure amministrative, ma di mezzi e competenze che mancano. Se non si parte da lì è difficile fare passi avanti”.

CISL SICILIA

C’è anche la sburocratizzazione nel master plan in 12 punti proposto dalla Cisl Sicilia al governo regionale per puntare al dopo-emergenza da Covid-19. “Per non navigare a vista – spiega il sindacato -e perché la Sicilia per ogni mese di stop ha perso 3 miliardi di giro d’affari”.
“Il lockdown di questi mesi, per l’economia siciliana – sostiene il segretario Sebastiano Cappuccio – ha significato una perdita di giro d’affari pari a tre miliardi di euro ogni mese. “Pensiamo a una pubblica amministrazione efficiente -dice Cappuccio -, snella, semplificata. E che garantisca i livelli essenziali dei servizi. Per questo c’è bisogno di riorganizzazione e di potenziare gli organici con un piano di assunzioni stabili. Ma vanno anche armonizzati i sistemi informativi, di comunicazione e gestione. E vanno previsti programmi straordinari di formazione”.

UIL SICILIA

Secondo il segretario della Uil Sicilia, Claudio Barone: “La riforma della pubblica amministrazione siciliana è stata troppo volte annunciata ma non è mai partita. La chiediamo da anni ma ancora oggi dopo tante promesse non abbiamo ricevuto risposta. Bisogna operare su due versanti: la riorganizzazione della macchina burocratica, superando le frammentazioni di competenze fra i vari assessorati e valorizzare le professionalità che già ci sono. Oggi molti dipendenti non sono utilizzati in maniera congrua. E, infine, aprire alle assunzioni in pianta stabile perché alcune professionalità, sino ad oggi, sono recuperate all’esterno attraverso delle consulenze”.

Ddl Semplificazione a breve all’esame del Parlamento siciliano, le domande del QdS all’assessore regionale alla Funzione pubblica, Bernardette Grasso

Sul Ddl Semplificazione, che proprio qualche giorno fa ha incassato l’ok della Commissione Affari istituzionali all’Ars, abbiamo chiesto un parere all’assessore alla Funzione pubblica, Bernardette Grasso:
Al Ddl semplificazione va senza dubbio riconosciuto il merito di intervenire sui tempi certi entro i quali le pratiche devono essere esitate.

A nostro avviso, però, occorrerebbe una spinta più incisiva su quattro fronti:
– silenzio assenso (andrebbe implementato)
– digitalizzazione
– autocertificazione per favorire gli automatismi
– meccanismi certi che prevedano premi oppure sanzioni per i dirigenti bravi e per i fannulloni.

Lei pensa che su questi quattro punti questo testo di legge si possa migliorare? Quali altre novità introdurrebbe per migliorarla?
Siamo in attesa di conoscere il punto di vista dell’assessore Grasso.
Anche il Presidente della Regione, Nello Musumeci è pienamente consapevole che la crisi economica scaturita dall’emergenza sanitaria da Coronavirus è destinata a lasciare un segno profondo su un tessuto produttivo così fragile come quello siciliano. “Questa esperienza ha ulteriormente debilitato il tessuto produttivo e la stabilità del lavoro – ha detto Musumeci – Da dove ricominciamo? Dall’esistente. Cosa vuole fare lo Stato delle province? Serve capire se vuole nominare un Commissario per le strade, capire se adottare il modello Morandi per le 168 opere pubbliche bloccate in Sicilia che se sbloccate rimetterebbero in moto 3 miliardi di euro”. “In Sicilia serve una rivoluzione antropologica. La Sicilia fa finta di cambiare ma non vuole cambiare. Nella sua stragrande maggioranza questa è una terra che non vuole cambiare. Ha paura del nuovo e si affeziona al vecchio, ha aggiunto poi Musumeci”.

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