Cambiamenti climatici, l’altro virus che non ha vaccino. In Sicilia boom di calamità naturali - QdS

Cambiamenti climatici, l’altro virus che non ha vaccino. In Sicilia boom di calamità naturali

Rosario Battiato

Cambiamenti climatici, l’altro virus che non ha vaccino. In Sicilia boom di calamità naturali

mercoledì 28 Ottobre 2020

L’allarme nei numeri della Banca dati europea “Eswd”: tra 2016 e 2020 nell’Isola oltre 250 eventi estremi, il 70% di quelli accaduti nell’ultimo decennio. Il meteorologo Cibelli: "Nell’Isola cicloni mediterranei o temporali saranno sempre più frequenti e distruttivi”

C’è una pandemia che non si potrà arrestare con il lockdown o con un vaccino. Si chiama cambiamento climatico e le sue conseguenze stanno già avendo un peso specifico non indifferente nell’economia mondiale, causando danni materiali e vittime, con un ritmo crescente, anno dopo anno. In Sicilia, negli ultimi cinque anni, si è registrato il 70 per cento degli eventi calamitosi dell’ultimo decennio e la tendenza potrebbe peggiorare ancora.

SICILIA: UN CLIMA CHE CAMBIA

Scorrendo il rapporto 2019 dell’Autorità di Bacino, si può rilevare il peso dei cambiamenti climatici anche nel territorio siciliano: negli ultimi 30 anni, “sono aumentati in modo consistente il numero dei giorni cosiddetti ‘estivi’ (con temperatura massima maggiore di 25°C) ed è diminuito il numero medio di giorni con gelo (cioè con temperatura minima inferiore a 0°C)”, al contrario calano anche le precipitazioni per le quali, sia le previsioni dei modelli numerici che le osservazioni, evidenziano una “tendenza all’aumento di eventi di precipitazione intensa (negli ultimi anni in diverse località dell’isola si sono verificate piogge di forte intensità con punte di 20 mm in 5`)”.

In altri termini, si prevede “per la Sicilia e per l’area del mediterraneo un aumento degli eventi estremi, sia nel numero di episodi alluvionali sia nella durata e frequenza di periodi siccitosi”. Tra le conseguenze “l’aumento della vulnerabilità degli ecosistemi naturali, degli incendi estivi e l’alternanza di episodi alluvionali con periodi fortemente siccitosi, l’innalzamento dei mari, la salinizzazione delle falde e dei terreni prossimi alle coste, continuerà ad aumentare il degrado e la perdita di suolo e di vegetazione, con aumento della sensibilità del territorio ai processi di desertificazione”.

EVENTI ESTREMI: GLI ULTIMI DIECI ANNI IN EUROPA

Negli ultimi dieci anni, cioè tra il primo gennaio del 2010 e ottobre del 2020, si sono verificati in Europa circa 170 mila eventi registrati come fenomeni meteorologici locali e violenti. A darne conto c’è una banca dati europea che si chiama “European Severe Weather Database” e si trova online (eswd.eu), ed è un punto di riferimento anche per valutare l’intensità degli eventi più estremi e la loro distribuzione sul territorio europeo. Di questi 170 mila eventi, in Italia se ne sono verificati circa poco meno di 9 mila, cioè pari al 5% del totale. Tra quelli nazionali, ce ne sono 395 che si sono verificati in Sicilia, considerando appunto tutta la gamma possibile: vortice di sabbia, gustnado, grandine grossa e diffusa in più zone, pioggia intensa, tornado (anche multipli), forti raffiche di vento, intense nevicate o tempeste di neve, gelate, valanghe, fulmini.

LA CRESCITA DEGLI ULTIMI ANNI: ITALIA E SICILIA NEL MIRINO DEL RISCHIO

Negli ultimi cinque anni, gli eventi che hanno riguardato direttamente la Sicilia sono stati 262, praticamente il 70% di tutti quelli accaduti nell’ultimo decennio, segno inequivocabile di una crescita. In generale è cresciuto anche il dato nazionale con 5.886 eventi, che vale più della metà di quelli registrati nell’intero decennio (65%).

IL CONFRONTO COL DECENNIO PRECEDENTE

A dare il senso della crescita del rischio è anche il dato che confronta gli eventi accaduti in Sicilia nel decennio 2000/2010 con quelli del successivo 2010/2020: 73 nel primo caso, circa 4 volte in più nel secondo. La crescita è proporzionale se si considerano realtà territoriali più grandi, in Italia siamo a 1.370 nel primo caso, circa 6 volte in più nel secondo. Ancora più evidente il dato allargato all’area europea: 28.549 nel primo decennio, circa 13 volte in più nel secondo.

I CONTI DEI DANNI: RAPPORTO TRA SPESA E RIPARAZIONE DI 4 A 1

Lo scorso novembre è stato presentato il rapporto 2019 dell’Osservatorio di Legambiente che ha certificato, tra il 2010 e il 2019, ben 563 eventi e danni rilevanti in 350 Comuni dovuti al maltempo, 73 giorni di stop a metro e treni, 72 giorni di blackout elettrici. Aumentano frequenza e impatti delle ondate di calore. Secondo gli esperti di Legambiente, l’Italia è l’unico grande Paese “senza un piano di adattamento al clima”, eppure occorrerebbe “invertire il rapporto di spesa tra la riparazione dei danni e la prevenzione, oggi 4 a 1”. Nel corso del 2018 ci sono stati 148 eventi estremi, 32 vittime e 4.500 sfollati.

CATANIA, MESSINA E PALERMO

La Sicilia orientale è stata al centro del rischio naturale negli ultimi anni. A partire dal 2010, ad esempio, la sola città di Catania è stata coinvolta in nove eventi estremi. Un allarme che non viene colto dai comuni, al punto che, secondo dati Legambiente, il 70% dei paesi siciliani è a rischio e “le amministrazioni ancora non sembrano aver posto le tematiche della prevenzione da alluvioni e frane tra le priorità del loro lavoro”. Nel mirino dell’associazione del cigno ci sono “una gestione sbagliata del territorio e la scarsa considerazione delle aree considerate ad elevato rischio idrogeologico, la mancanza di adeguati sistemi di allertamento e piani di emergenza per mettere in salvo i cittadini, insieme a un territorio che non è più in grado di ricevere precipitazioni così intense”.

La zona peloritana costituisce un altro dei territori “maggiormente esposti al rischio” anche perché si “tratta di un’area ad elevato rischio idrologico, e a causa delle sue caratteristiche orografiche e geomorfologiche, è interessata da un regime pluviometrico caratterizzato da pochi episodi piovosi ma molto violenti”. La memoria torna ai terribili fatti dell’ottobre del 2009 quando un violento nubifragio provocò lo straripamento di corsi d’acqua e diversi eventi franosi, causando 37 morti, 95 feriti e 6 dispersi, tra Scaletta Marina, Scaletta Zanclea e diverse località del comune di Messina: Giampilieri Superiore, Giampilieri Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano di Briga, Briga Superiore e Pezzolo. Anche Palermo non fa eccezione, considerando i 12 casi avvenuti dal 2010 ad oggi, senza peraltro menzionare il clamoroso nubifragio dello scorso 15 luglio.

IL MARE IN PERICOLO

L’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani analizza l’evoluzione dell’erosione delle coste italiane tra il 1970 e il 2020, utilizzando i dati del ministero dell’Ambiente. Un fenomeno, quello dell’erosione, che riguarda il 50% delle coste nazionali. Facendo riferimento ai dati elaborati dal geologo marino Diego Paltrinieri, Legambiente ha sottolineato un tasso di erosione del 46,4%, considerando i 1.750 chilometri in erosione su 3.770 chilometri di coste basse sabbiose (che sono quelle sostanzialmente erodibili). In questo quadro nazionale già abbastanza complicato, la Sicilia si colloca nell’area più a rischio, dove si evidenziano picchi fino al 60%. Andando più in dettaglio, il rapporto CoReMA Spiagge ha registrato, per l’Isola, un’erosione costiera di 438 km, pari al 25% del dato totale nazionale. È il dato peggiore tra le regioni italiane.

DESERTIFICAZIONE: LA SICILIA STA MESSA PEGGIO DI TUTTI

A dare il quadro di questo fenomeno è stato uno studio del Cnr che ha certificato come in Sicilia le aree a rischio desertificazione costituirebbero il 70% del territorio. Intanto, dopo l’apprezzamento dello scorso giugno, la Giunta regionale ha dato il via libera definitivo al Piano Regionale per la lotta alla siccità, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’11 settembre. Il piano della Regione consente di andare più in profondità nella lettura dei dati: ci sono le “aree critiche” che rappresentano oltre la metà dell’intera regione (56,7%) e un altro terzo (35,8%) è classificato come “fragile”. Inoltre, in Sicilia e nell’area mediterranea in generale, aggiungono gli autori del rapporto dell’autorità di bacino, “l’aridità è aumentata negli ultimi 30 anni con conseguenze abbastanza significative sulle piante, sulla vegetazione in generale, sullo sviluppo di malattie, sulla disponibilità delle riserve idriche superficiali e profonde”.

Le risposte messe in campo dalla Regione non mancano: ci sono il piano contro la siccità e anche i 350 milioni di euro spesi in due anni e mezzo sul dissesto. In campo anche buone pratiche nell’ambito del Green Deal, tramite il gruppo di lavoro “Green deal going local” che ha fatto registrare, dalle Marche alle Sicilia, 25 buone pratiche. In Sicilia, l’esempio più significativo è quello di Balestrate, cittadina nel palermitano, che è diventata una città ‘green’: tutti gli edifici pubblici sono stati efficientati, la percentuale di raccolta differenziata è arrivata sopra il 70% ed è aumentato l’uso dei mezzi alternativi alle auto grazie al bike sharing. Inoltre, si è operato, con grandi risultati, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, per l’ampliamento della zona a traffico limitato, per l’utilizzo di mezzi elettrici per i dipendenti comunali e per un trenino turistico.

Intervista a Francesco Cibelli, meteorologo del Centro meteo italiano

“Nell’Isola cicloni mediterranei o temporali saranno sempre più frequenti e distruttivi”

Francesco Cibelli, meteorologo del Centro meteo italiano, ha evidenziato i cambiamenti che si stanno registrando sul fronte del clima anche in Sicilia.

Avete rilevato, nell’ultimo anno, dei fenomeni meteorologici di particolare rilevanza in Sicilia?
“Parlando del 2020, non possiamo non citare il nubifragio a Palermo del 15 luglio. È stato un evento davvero estremo per il capoluogo siciliano con la caratteristica di essere estremamente localizzato e soprattutto generato da una situazione sinottica non così particolare anche in estate sul bacino del Mediterraneo. Il temporale ha scaricato in meno di 3 ore più di 134 mm di pioggia su una città che per il mese di luglio ha una media pluviometrica inferiori ai 10 mm. Tutta l’energia in gioco è stata presa da un mare, che presenta temperature superficiali sempre più elevate, e da un’atmosfera anch’essa sempre più calda e dunque in grado di contenere più umidità. È stato il tipico fenomeno localizzato, estremo e difficile da prevedere che spesso si cita nelle previsioni climatiche quando si parla di estremizzazione dei fenomeni meteorologici e che vedrà tempi di ritorno sempre più brevi”.

Per fermare i cambiamenti climatici in atto occorre avviare buone pratiche come la decarbonizzazione e, allo stesso tempo, mettere in sicurezza il territorio per attenuarne le conseguenze. Quando sapremo se le misure in atto saranno efficaci?

“Il cambiamento climatico in atto consta di un aumento sensibile delle temperature a livello globale dovuto molto probabilmente all’immissione in atmosfera di massicce quantità di alcuni gas serra da parte dell’uomo come la CO2 ma non solo. Le ricadute che questo ha sulle condizioni meteorologiche e dunque sulla vita di tutti i giorni è strettamente correlato poi allo stato del territorio. Gli interventi volti ad attenuare il riscaldamento globale non avranno effetto immediato e siamo per altro in forte ritardo. Sappiamo già che le misure adottate fino ad ora sono insufficienti a contenere l’aumento della temperatura media globale sotto la soglia dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali”.

La Sicilia è uno dei territori maggiormente colpiti dalle conseguenze degli eventi meteorologici estremi negli ultimi anni. A vostro avviso cosa ha influito maggiormente?

“La Sicilia presenta un territorio sicuramente molto delicato e morfologicamente più soggetto ad eventi calamitosi. Per la sua latitudine è sicuramente molto esposta a prolungati periodi di siccità a causa degli anticicloni sempre più invadenti. Essendo però anche un’isola nel cuore del Mar Mediterraneo risulta esposta anche a fenomeni come cicloni mediterranei o temporali autorigeneranti che con condizioni del mare sempre più favorevoli in termini di energia, saranno anche sempre più frequenti e distruttivi”.

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