Coronavirus, sulla cosiddetta Fase 2 non c'è ancora alcun accordo tra le Regioni italiane - QdS

Coronavirus, sulla cosiddetta Fase 2 non c’è ancora alcun accordo tra le Regioni italiane

Pietro Crisafulli

Coronavirus, sulla cosiddetta Fase 2 non c’è ancora alcun accordo tra le Regioni italiane

lunedì 20 Aprile 2020

Mentre gli scienziati frenano, a voler accelerare sulla ripartenza sono, paradossalmente, proprio i governatori dei territori messi peggio sotto il profilo sanitario. Così il presidente del Veneto, Zaia, "dichiara guerra" al Sud perché il campano De Luca ha "osato" parlare di chiusura dei confini a fronte dell'evidenza che i contagi nel Meridione sono venuti dal Nord. Il leghista lombardo Fontana accusato di "mistificazioni" sulle Rsa. Le variegate posizioni dei governatori e il tentativo di sintesi di Zingaretti. In Sicilia Musumeci si affida agli esperti: ripartenza "con le attività a più basso rischio" rafforzando le misure di distanziamento sociale e i dpi

Ancora lite tra Regioni sulla questione delle riaperture e della Fase 2.

Nonostante Walter Ricciardi, del comitato esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e consulente del ministro della Salute, abbia frenato, affermando “È assolutamente troppo presto perché i numeri, soprattutto in alcune Regioni, sono ancora pieni di una fase 1 che deve ancora finire”, i governatori della Lega Nord sono partiti in quarta. Vola la petizione per commissariare la Sanità lombarda

“L’azzeramento dei contagi – ha detto Ricciardi – ci sarà nelle prossime settimane o in certi casi nei prossimi mesi. Soltanto sulla base di quei numeri si potrà dare il via libera, soprattutto in alcune Regioni: quando conteremo i nuovi casi sulle dita di una mano e non certamente con numeri a quattro cifre, altrimente potrebbe esserci una seconda ondata che non possiamo permetterci”.

Zaia “dichiara guerra” al Sud

Ma questa linea di buon senso non piace al presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che ha violentemente reagito alle affermazioni del collega campano Vincenzo De Luca. Quest’ultimo, contrario a una riapertura non ragionata, aveva parlato della possibilità di chiudere i confini regionali, ricordando una triste verità: “tutti i focolai che abbiamo avuto in Campania hanno avuto origine dal Nord e se prendessimo decisioni che dopo due settimane alimenteranno un contagio generalizzato sarebbe una tragedia: dovremmo chiudere di nuovo tutto”.

“Se alcuni Presidenti – ha dichiarato Zaia – chiudono i confini regionali, allora fanno loro l’autonomia. Se si chiudono i confini regionali i treni verranno tutti soppressi, il Frecciarossa sarà fermo, nessun tipo di trasporto verrà autorizzato, che proposta è? Non è Nord contro Sud, è Sud contro Nord”.

Una dichiarazione di guerra, insomma, quella di Zaia.

Vogliono riaprire le regioni messe peggio

Paradossalmente a voler lanciare subito la cosiddetta Fase 2 sono proprio le regioni messe peggio sotto il profilo sanitario, come quelle del settentrione.

Non crede nella riapertura di alcune regioni prima delle altre, in particolare prima della Lombardia, il governatore leghista Attilio Fontana, che afferma però di rimettersi a quello che diranno i tecnici, “ma non credo che si possa arrivare a quello perché l’Italia potrebbe rimanere zoppa”.

La richiesta di riapertura immediata della Lombardia continua a sembrare a molti una maniera per sviare l’attenzione dalla grave crisi innescata dal movimento che, in tutt’Italia ma in particolare al Nord, punta al commissariamento della Sanità lombarda alla luce dell’enorme e apparentemente ingiustificato numero dei morti e di quanto sta emergendo dalle inchieste condotte dalla magistratura.

La petizione per commissariare la Sanità lombarda

E mentre la petizione lanciata sulla piattaforma Change.org da Milano 2030 per chiedere un commissario ad acta per la Sanità lombarda, ha superato le settantamila firme, si moltiplicano gli attacchi sui social contro l’operato di Fontana e dell’assessore al Welfare Giulio Gallera.

E Fontana, cercando di difendersi, ha affermato: “Avrei pensato che ci sarebbe stato un po’ più di buon gusto, aspettare almeno fino alla fine della tempesta”.

Un atteggiamento spocchioso ben diverso da quello del governatore del Piemonte, Alberto Cirio di Forza Italia, che ha deciso di affidare la Sanità a una task force presieduta dall’ex ministro della Salute Ferruccio Fazio.

L’organismo dovrà analizzare le carenze strutturali che l’emergenza coronavirus ha messo in luce nel sistema sanitario piemontese e da lì ripartire per la futura programmazione.

“Oggi che le ferite sono ancora aperte – ha detto Cirio, ammettendo dunque gli errori – siamo in grado di capire dove il sistema sanitario necessita di maggiori interventi e da lì ripartiremo per costruire una reale medicina di territorio”.

Le “mistificazioni” di Fontana sulle Rsa

Tutt’altro atteggiamento, come detto, quello del leghista Fontana, che, sulle Residenze sanitarie assistite, parlando a Radio Padania, ha affermato che una delibera simile a quella della Lombardia “era stata presa dal Lazio, ma al governatore Zingaretti non è stato fatto alcun tipo di contestazione”.

“Fontana non si permetta di mistificare – ha replicato l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato – nel Lazio si sono create Rsa esclusivamente Covid per pazienti positivi che secondo le indicazioni cliniche non necessitano di ricovero ospedaliero. Lunedì ne apriremo una interamente pubblica a Genzano di Roma”.

Le variegate posizioni dei governatori

Variegate le posizioni degli altri governatori. Per il presidente della Toscana Enrico Rossi “C’è una grande contraddizione perché con una semplice comunicazione alle prefetture stanno riaprendo centinaia di migliaia di aziende senza protocolli per la sicurezza, che solo in pochi casi sono stati elaborati”.

E il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ha detto che al Governo è stato chiesto “di avere alcune peculiarità regionali riconosciute all’interno delle linee guida nazionali” per la Fase 2.

“Abbiamo chiesto – ha aggiunto, ragionevolmente – linee guida nazionali perché l’Italia è una, ma anche un margine di autonomia: è evidente che le esigenze sono diverse e non si può pensare di gestire in ugual modo dalle funivie della Valle d’Aosta ai vigneti di Pantelleria”.

Zingaretti tenta una sintesi

Un tentativo di sintesi è giunto dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti: “È importante che ora Governo e Regioni, con la comunità scientifica, lavorino insieme con un obiettivo comune: riaprire nei tempi giusti, in piena sicurezza” ha scritto su Facebook.

“È possibile farlo – ha aggiunto -, senza polemiche, come deciso nella cabina di regia. Ora occorrono presto le linee guida nazionali su ‘come’ riaprire per permettere alle Regioni di dare a famiglie e imprese certezze su comportamenti e provvedimenti da adottare”.

“Un altro passo avanti – ha concluso – da fare insieme come sistema Paese per organizzare la rinascita”.

In Sicilia Musumeci si affida agli esperti

Intanto, in Sicilia, il governatore Nello Musumeci si è affidato agli esperti del Comitato tecnico scientifico da lui costituito che, al termine di due giorni di confronto, ha trasmesso al presidente della Regione un proprio parere.

“Alla luce degli incoraggianti dati del contenimento della pandemia nel territorio regionale – è scritto nel parere -, visti i tassi di occupazione dei posti ospedalieri e della capacità ricettiva dell’intera Rete ospedaliera siciliana delle terapie intensive, alla verifica dell’adeguata capacità di monitoraggio, inclusa la capacità di effettuare test diagnostici su vasta scala, combinata al tracciamento dei contatti e a valutazione dell’efficienza e della efficacia del sistema di monitoraggio e gestione territoriale, è plausibile prevedere che la graduale riapertura possa ragionevolmente partire dalla data del quattro maggio con le attività a più basso rischio”.

Il documento redatto dagli esperti siciliani è stato da subito condiviso dal governatore siciliano con il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini e nel corso della videoconferenza con la Cabina di regia nazionale presieduta dal premier Giuseppe Conte, è stato inviato a Palazzo Chigi.

Rafforzare in Sicilia le misure di distanziamento sociale

In merito alla fase di lockdown e alla necessità della ripresa produttiva anche nel territorio siciliano, gli esperti, nello specifico, segnalano l’opportunità di un rafforzamento delle misure di distanziamento sociale e riconoscono “che non tutte le attività lavorative espongono lavoratori e utenti allo stesso rischio di contagio, ma che esso dipenda dal tipo di attività svolta, dal relativo ambiente di lavoro e dalla necessità/possibilità di contatto con soggetti potenzialmente Covid-positivi”.

Costante approvvigionamento di dpi

Nella relazione stilata dagli esperti emerge come i dispositivi di protezione individuale diventeranno comuni nella vita di ciascuno.

Semmai cambierà la tipologia a seconda delle professioni e delle condotte quotidiane.

L’approvvigionamento dovrà essere costante anche per le settimane a venire, così viene incoraggiata l’azione condotta da diverse aziende siciliane. Il Comitato tecnico-scientifico regionale ha individuato precise categorie di rischio corrispondenti a fasce di lavoratori, valutandole in quattro livelli: basso, medio, alto e molto alto.

A quest’ultima appartengono prevalentemente medici e altro personale sanitario “con un elevato potenziale per esposizione a fonti note o sospette di Covid-19”.

Fra i lavori ad alto rischio di esposizione, ci sono anche coloro i quali sono impiegati nelle operazioni di pulizia/sanificazione in presenza di pazienti Covid-19.

Sono a rischio di esposizione media, i lavoratori soggetti a contatti frequenti con il pubblico (ad es. addetti alle consegne di beni e merci, personale addetto alla sicurezza o all’ordine pubblico, lavoratori in punti vendita al dettaglio o all’ingrosso, etc.).

Per il Cts della Sicilia “nei luoghi di lavoro in cui i lavoratori sono esposti a un rischio medio di esposizione, i datori di lavoro dovrebbero implementare dei controlli tecnici come installare barriere fisiche “anti-respiro”.

Sono a basso rischio di esposizione, infine, quanti sono impiegati in lavori che non richiedono il contatto con persone sospettate o note per essere infetti da Covid 19, né hanno frequenti contatti ravvicinati con il pubblico e con altri colleghi.

Sulla base di queste evidenze scientifiche, il governo regionale potrà dunque fare leva sui punti di forza che hanno permesso di gestire la fase uno per puntare al successo della fase due.

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