Credito su pegno, quando conviene - QdS

Credito su pegno, quando conviene

Serena Giovanna Grasso

Credito su pegno, quando conviene

martedì 01 Ottobre 2019

Altroconsumo: i tassi di interesse, però, sono molto elevati (in media il Taeg va dal 9,2% al 15,5%). Forma agevole per chi non possiede i requisiti per superare la valutazioni di affidabilità

PALERMO – Un numero via via crescente di italiani ricorre al credito su pegno, ovvero quella forma di finanziamento di basso importo concessa da banche e finanziarie, garantito da un pegno, una garanzia di tipo reale, su un bene. In pratica, il consumatore consegna alla banca un oggetto in cambio di denaro, con la possibilità di rientrarne in possesso, restituendo il valore di stima dell’oggetto più gli interessi stabiliti e le eventuali spese.

L’ammontare del prestito sarà in ogni caso inferiore al valore dell’oggetto stesso: questo garantisce alla banca di rientrare in possesso della somma prestata con gli interessi, in caso di mancato riscatto del proprietario. Sulla base della valutazione dell’oggetto, la banca concede il prestito, senza nessun’altra indagine patrimoniale: infatti, l’unica garanzia è rappresentata dall’oggetto. La banca rilascia contestualmente al cliente una polizza al portatore che indica la data del riscatto e gli interessi da pagare.

Come sottolinea la guida Altroconsumo, la pratica reca aspetti positivi, ma altrettanti lati negativi non trascurabili. Infatti, il credito su pegno è una forma di prestito agevole per chi in passato ha avuto problemi con il pagamento dei prestiti, come nel caso di cattivi pagatori, o per chi oggi non passerebbe le valutazioni di affidabilità delle banche.

D’altra parte, però, i tassi di interesse non sono così vantaggiosi. Altroconsumo ha effettuato una simulazione di credito su pegno, ipotizzando di impegnare una collana dal valore di 500 euro. Trattandosi di un “prezioso”, darà diritto ad un prestito pari a 400 euro (corrispondente ai quattro quinti del valore di stima del bene, frazione massima stabilita dalla Legge). Ipotizzando una durata di sei mesi, il Taeg (Tasso annuo effettivo globale) oscilla tra il 9,2% e il 15,56%, a seconda dell’ente di credito scelto: tassi non esattamente allettanti. Queste percentuali si traducono in un ammontare da restituire che va dai 418 ai 430 euro.

In genere, vengono impegnati oggetti di valore (oro, monete preziose, gioielli, orologi, argenteria) che hanno quotazioni di mercato più definibili. Alcune banche accettano anche altri beni come quadri, tappeti, pellicce.

La durata prevista per legge va da un minimo di tre mesi a un massimo di un anno, nella maggior parte dei casi la durata media è pari a sei mesi e può essere rinnovata una o più volte a seconda delle politiche adottate dalla banca. Allo scadere della polizza, il cliente può rientrare in possesso del bene, restituendo la somma ricevuta in prestito con gli interessi che variano da banca a banca, operando quindi un riscatto dell’oggetto.

Se, invece, il proprietario non riesce a riscattare il bene alla scadenza della polizza, dopo trenta giorni la banca mette l’oggetto all’asta. Se il bene viene venduto a un prezzo superiore alla somma dovuta alla banca (comprensiva di interessi, commissioni e diritti d’asta), la differenza viene versata all’ex proprietario. Ad ogni modo, occorre specificare che quest’ultima è un’eventualità abbastanza remota, anche perché le aste sono delle buone occasioni per acquistare oggetti di valore a prezzi inferiori a quelli di mercato. Inoltre, solo il 10% degli oggetti impegnati finisce per essere venduto all’asta.

Un commento

  1. Marcello ha detto:

    Credevo che altroconsumo parlasse di interessi legali che si possono applicare senza incorrere all’usura, invece ha,diciamo spiegato come funziona.

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