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“Decapitati” i vertici dell’Università di Catania, nuovi nomi

Antonino Lo Re

“Decapitati” i vertici dell’Università di Catania, nuovi nomi

sabato 29 Giugno 2019

Indagato anche l'ex Procuratore della Repubblica D'Agata. A capo del sistema ci sarebbero stati il rettore Basile e l’ex Pignataro, sospesi dalla professione e con interdizione dai pubblici uffici.

CATANIA – Un terremoto che ha travolto l’Università di Catania.  Ma non solo, visto che c’è anche l’ex procuratore di Catania, Vincenzo D’Agata, tra gli indagati dell’inchiesta “Università Bandita” su presunti concorsi ‘truccati’ nell’università di Catania.

Emerge dal decreto di perquisizione notificato dalla Digos della polizia di Stato. Si sarebbe interessato per il ruolo di ordinario nel settore Anatomia del dipartimento di Scienze biomediche per la figlia Velia.

La candidata, scrive la Procura, avrebbe avuto più incontri per il concorso in università, e, si legge nel provvedimento, “in un’occasione accompagnata dal padre Vincenzo D’Agata, già procuratore della Repubblica di Catania”.

A capo di tutto ci sarebbero stati il rettore Francesco Basile e altri nove professori con posizioni di rilievo all’interno dell’ateneo sono stati sospesi dal gip con provvedimento di interdizione dai pubblici uffici, poiché sono ritenuti responsabili di associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Un quadro desolante, delineato nei minimi particolari dalla Digos etnea.

Coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, che aveva addirittura chiesto gli arresti domiciliari, le indagini hanno permesso di far luce su 27 concorsi truccati. Nel dettaglio si tratta di 17 per professore ordinario, quattro per professore associato e sei per ricercatore.

Uno scandalo che vede indagati ben 40 professori delle Università di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona. Quest’ultima però ha tenuto a precisare di non essere coinvolta. Secondo quanto appurato dall’inchiesta diretta dal procuratore Carmelo Zuccaro, c’era un codice di comportamento “sommerso”, secondo cui gli esiti dei concorsi dovevano essere predeterminati dai docenti, dove nulla veniva lasciato al caso e nessun ricorso poteva essere presentato a riguardo.

A capo di questo “sistema” ci sarebbe stato, come detto, il rettore di Catania Basile e come promotore il suo predecessore Giacomo Pignataro, i quali tra gli altri avrebbero gestito favori e raccomandazioni riguardanti nello specifico i bandi di concorso per il conferimento degli assegni delle borse di studio, dei dottorati di ricerca, per le assunzioni del personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statuari dell’ateneo (Consiglio d’Amministrazione, nucleo di valutazione, collegio di disciplina) e per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti.

Su quest’ultimo aspetto è stato messo in evidenza che il sistema delinquenziale non era ristretto all’Università etnea ma si estendeva ad altri atenei italiani, in cui i docenti – che facevano parte delle commissioni esaminatrici – si sarebbero preoccupati di “non interferire” sulla decisone del futuro vincitore, nella quale veniva poi favorito il candidato “prescelto”.

Secondo il quadro emerso dalle indagini si sarebbero, inoltre, creati finti eventi culturali per poter pagare le trasferte ai commissari. In un colloquio intercettato dagli investigatori un presidente di una commissione di concorso ed il capo di un dipartimento, in presenza del vincitore designato, avrebbero chiamato una persona che aveva presentato la domanda convincendola a revocarla.

Le dieci misure interdittive della Digos di Catania sono state eseguite nei confronti, oltre che del rettore Basile e dell’ex Giacomo Pignataro, anche a carico del pro rettore, Giancarlo Magnano di San Lio, e dei direttori di Dipartimento Michela Cavallaro (Economia), Giovanni Gallo (Matematica), Carmelo Monaco (Scienze Biologiche), Filippo Drago (Medicina) e Roberto Pennisi (Giurisprudenza). Sospesi anche Giuseppe Sessa (presidente del Coordinamento della Facoltà di Medicina) e Giuseppe “Uccio” Barone (ex direttore del Dipartimento di Scienze Politiche).

L’inchiesta della digos di Catania è la terza che coinvolge l’Ateneo fiorentino, dopo le due avviate dalla procura del capoluogo toscano. La prima in ordine di tempo è quella sui presunti concorsi truccati relativi alle abilitazioni nella disciplina di diritto tributario, che nel 2017 portò a sette arresti e all’interdizione dalle università per 22 docenti. Poi c’è quella più recente, che ha sconvolto la facoltà di medicina di Firenze e che ipotizza presunte turbative nella programmazione dei concorsi per professori e ricercatori.

Nel corso della conferenza stampa svoltasi presso la Procura di Catania, il procuratore Zuccaro ha definito questo sistema “squallido perché le persone che vengono proposte non sono le più meritevoli per aggiudicarsi il titolo. Quando qualcuno ha il coraggio di proporsi come candidato per questo posto, nonostante il capo del dipartimento abbia deciso che non sia venuto il suo momento, queste persone vengono fatte oggetto di critiche pesanti, addirittura di ritorsioni da parte dello stesso capo del dipartimento”.

Il procuratore di Catania, ha poi, aggiunto: “Questi sono sistemi criminali e anche i sistemi criminali organizzati non mafiosi posso produrre effetti devastanti. I fatti sono estremamente gravi e certamente non fanno onore a persone che dovrebbero appartenere al mondo della cultura: cultura che non può soffrire l’adozione di sistemi clientelari e non basati sul merito per potersi perpetuare. Una cultura che si basa su questi sistemi è una cultura destinata a rimanere sterile e a perseguire più esigenze clientelari che non esigenze di progresso e di sviluppo della nostra società”.


“Vediamo chi sono questi str… da schiacciare”

CATANIA – “Vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare”. è una delle frasi intercettate dagli investigatori durante l’indagine sfociata nell’operazione ‘Università bandita’ coordinata dalla Procura di Catania e condotta dalla Digos della Questua etnea. A pronunciarla, riferendosi agli altri aspiranti, parlando con un candidato che dovrà vincere, sarebbe stato il prof. Giuseppe Barone, tra gli indagati.

In un’altra intercettazione uno degli indagati pronuncia la frase: “Hanno pestato la merda ora se la piangono” commentando l’operato di un candidato che aveva presentato ricorso, che sarebbe stato minacciato di ritorsioni nei confronti della moglie, che non avrebbe mai – queste le minacce – più fatto parte di una commissione.

In un’altra intercettazione il rettore Francesco Basile parlando in merito ai concorsi ‘ad hoc’, avrebbe detto: “L’Università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta di elite culturale della città perché fino ad adesso sono sempre quelle le famiglie”.


Il ministro della Salute Grillo: “Scoperchiato vaso di Pandora”

ROMA – Secondo i senatori del M5s, l’inchiesta della Procura ha svelato il “cancro che avvelena gli atenei a danno di studenti e aspiranti docenti meritevoli e a vantaggio di baroni e loro affiliati va sradicato con tutta la forza che abbiamo. Grazie alla legge Spazzacorrotti del Movimento 5 Stelle coloro che sono coinvolti in questo scandalo, e si confermeranno colpevoli, saranno finalmente interdetti dai pubblici uffici e quindi anche dall’insegnamento universitario pubblico. Non possiamo pretendere che i nostri giovani scelgano di restare nel loro Paese e investire qui la loro intelligenza ed energia se non cominciamo a risanare profondamente l’Università”, concludono.

Sulla vicenda è intervenuta anche il ministro della Salute, Giulia Grillo, secondo la quale “l’operazione ‘Università bandita’ scoperchia un vaso di Pandora di corruzione che da catanese, da medico e da ministro fa veramente male. Auspico rigore. In gioco c’è la credibilità dell’università, ma anche il diritto dei giovani al futuro. Il Paese ha bisogno di aria nuova nel sistema formativo, con la bussola del merito e della trasparenza”.

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