Gaetano Scotto, il boss con il reddito di cittadinanza - QdS

Gaetano Scotto, il boss con il reddito di cittadinanza

redazione web

Gaetano Scotto, il boss con il reddito di cittadinanza

giovedì 20 Febbraio 2020

Lo ha rivelato ieri al gip durante l'interrogatorio. La controversa figura del boss dell'Arenella, che, tornato a Palermo dopo una lunga detenzione per mafia e droga, venne "omaggiato" con un "inchino" per la festa di Sant'Antonio

Il boss Gaetano Scotto, 68 anni, ufficialmente imprenditore edile e considerato “l’uomo dei misteri” palermitani, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di associazione mafiosa, percepiva il reddito di cittadinanza.

Lo ha rivelato lui stesso durante l’interrogatorio di garanzia davanti ai gip.

L’inchiesta che lo coinvolge, coordinata dalla dda di Palermo, ha portato in carcere con lui altri sette mafiosi – tra i quali due sue fratelli e un nipote – considerati appartenenti al clan dell’Arenella, guidato secondo gli inquirenti proprio da Scotto.

Il capomafia, coinvolto nell’indagine sulla strage di Via D’Amelio, era stato scarcerato il 21 gennaio del 2016 dopo una lunga detenzione seguita a una condanna per mafia e droga.

E, al rientro a Palermo, sarebbe stato destinatario di un “omaggio” deferente nel corso di una processione religiosa.

“Al suo rientro all’Arenella trovò un intero quartiere ad attenderlo – raccontano gli investigatori dalla Dia – Un rione che gli ha mostrato devozione e rispetto, documentati, ad esempio, nel corso della festa di Sant’Antonio, patrono della borgata marinara, che si svolse il 13 giugno, pochi mesi dopo la sua scarcerazione”.

Nel corso di un colloquio telefonico con la fidanzata di allora, Giuseppina Marceca, Scotto interruppe la conversazione affermando che per fare passare il Santo ‘aspettavano lui’”.

“Come se non bastasse, – sottolineano gli investigatori – i due fidanzati salirono su un peschereccio, a bordo del quale fu posizionata la ‘vara del Santo’ per essere trasportata via mare secondo le regole della processione che, peraltro, vietano in maniera categorica che sull’imbarcazione possano salire persone diverse dal sacerdote che officia la funzione e dalla banda musicale”.

Ieri la Curia di Palermo ha duramente commentato la vicenda.

Gaetano e Pietro Scotto sono due delle dieci persone ingiustamente accusate della strage di via D’Amelio da Gaetano Scarantino, smentito dodici anni fa da Gaspare Spatuzza.

Gaetano si è costituito parte civile nel processo sul depistaggio che è in corso a Caltanissetta.

Pietro, condannato in primo grado, era stato poi assolto in appello: tecnico di una società di telefonia, era stato coinvolto nell’inchiesta sull’uccisione di Paolo Borsellino perché accusato di aver captato la chiamata con cui il magistrato comunicava alla madre che stava per andare a farle visita nella sua abitazione di via D’Amelio.

Gaetano Scotto è inoltre indagato, con il boss Nino Madonia, per l’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida, assassinati davanti alla loro casa di villeggiatura a Villagrazia di Carini la sera del 5 agosto 1989.

Nei giorni scorsi il procuratore generale Roberto Scarpinato, dopo trentun anni, ha inviato un avviso di conclusione delle indagini.

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