I 40.000 introvabili nel mercato del lavoro, difficile reperire 35.000 artigiani sul territorio - QdS

I 40.000 introvabili nel mercato del lavoro, difficile reperire 35.000 artigiani sul territorio

Michele Giuliano

I 40.000 introvabili nel mercato del lavoro, difficile reperire 35.000 artigiani sul territorio

giovedì 25 Luglio 2019

Intanto la Formazione regionale ha dilapidato tre miliardi di euro in quindici anni per produrre solo disoccupati. Per il presidente regionale di Confartigianato Sicilia Pezzati "Siamo nel bel mezzo di un paradosso e obbiamo assolutamente sperimentare una strategia che porti all' individuazione dei mestieri più richiesti". Nel 2018 solo 23 percorsi di corsi di specializzazione avviati d’intesa con imprese

Tanti soldi spesi per la formazione, tanti buchi neri rimasti nel mercato del lavoro. La Sicilia piange oggi per i suoi governi regionali che nei decenni sono stati poco lungimiranti. Suona come una vera e propria beffa il fatto che negli ultimi 15 anni si siano spesi quasi 3 miliardi di euro per poi avere come effetto la mancanza di quei necessari profili professionali da inserire nel mondo del lavoro siciliano.

La conferma, l’ennesima a dire il vero, arriva in questi giorni dalla Confartigianato che mette con le spalle al muro coloro i quali avrebbero dovuto garantire proprio ai disoccupati siciliani un futuro lavorativo. Ed invece sono stati lasciati senza arte nè parte. L’organizzazione di categoria evidenzia come oggi nell’Isola esistano oltre 30 mila possibilità occupazionali che restano di fatto vacanti.

L’organizzazione di categoria evidenzia come oggi nell’Isola esistano oltre 30 mila possibilità occupazionali che restano di fatto vacanti perché, udite udite, non si trovano le professionalità necessarie.

Ed allora tornano alla mente i tantissimi soldi spesi proprio per i corsi di formazione finanziati dalla Regione che sarebbero dovuti servire a realizzare attività che potessero riqualificare il siciliano per poterlo aiutare a trovare un lavoro. La Confartigianato conta per la precisione 34.430 assunzioni non concretizzate nelle imprese dell’Isola proprio perchè manca chi è adatto a svolgere la funzione che viene richiesta.

Le professioni più difficili da reperire in Sicilia sono “installatori e riparatori di apparati elettrici ed elettromeccanici”, con una difficoltà di reperimento del 49,7% delle assunzioni, seguita da “montatori di carpenteria metallica” con il 42%, da “tecnici della vendita e della distribuzione” con il 39,5%, da “meccanici e montatori di macchinari industriali e assimilati” con il 36,3%, da “autisti di taxi, conduttori di automobili, furgoni e altri veicoli” con il 31,9%, da “contabili e professioni assimilate” con il 25,4%, da “professioni sanitarie riabilitative” con il 24%, da “conduttori di mezzi pesanti e camion” con il 20,8%, da “conduttori di macchinari per il movimento terra” con il 20,7%, da “personale non qualificato per attività industriali e professioni assimilate” con il 20,3% ed infine “elettricisti nelle costruzioni civili e professioni assimilate” con il 20%.

Ma ci sono anche altri “buchi” nel mercato del lavoro siciliano: ad esempio sono ricercate 1.960 assunzioni per professioni legate al “digitale e all’Ict”, l’1% del totale, di cui 740 di difficile reperimento che rappresentano il 37,8% di questa tipologia di professioni, valore superiore di 19,6 punti alla difficoltà media rilevata dalle imprese dell’Isola (18,2%). Tutte proiezioni statistiche che riguardano il primo trimestre di quest’anno su un totale di 189.380 assunzioni complessive che sarebbero state richieste dalle imprese.

“Siamo nel bel mezzo di un paradosso – dice Giuseppe Pezzati, presidente regionale di Confartigianato Sicilia –. Dobbiamo assolutamente sperimentare una strategia che porti all’individuazione dei mestieri più richiesti e di difficile reperimento oggi sul mercato del lavoro. Non possiamo parlare di disoccupazione, di trentamila occupati in meno in un anno, ma nello stesso momento assistere a una richiesta di lavoro di professionalità che non abbiamo. Occorre puntare su una formazione puntuale e precisa in azienda”.

Negli anni purtroppo la formazione professionale siciliana, quella finanziata a fior di milioni dalla Regione e dall’Unione Europea, si è rivelata un vero fallimento: in pratica i corsi sono stati realizzati senza alcun criterio, spesso solo con l’idea di garantire in realtà un posto solo ai formatori e agli amministrativi degli enti. La carenza oggi di professionalità adatte proprio al mercato del lavoro ne sono la totale riprova: segno di progettualità di corsi finanziati senza un reale riscontro con le richieste del mondo del lavoro siciliano e le conseguenze oggi più di ieri, in un contesto dic risi, si piangono ancor di più.

La Sicilia nel 2018 ha attivato solo 23 percorsi di corsi di specializzazione d’intesa con imprese

Un motivo ci sarà pure perché in Germania il tasso di disoccupazione è del 3,1% contro il 39,3% (giovanile) della Sicilia. Di sicuro ad incidere, anche se non del tutto in questa enorme differenza, è proprio la diversa mentalità nella spesa pubblica da investire per garantire lavoro.

In terra tedesca ad esempio si punta enormemente sugli Its, gli istituti tecnici superiori che realizzano attività di formazione d’intesa con università, scuole superiori, camere di commercio e soprattutto imprese. Un collegamento diretto che permette di programmare quelle attività che effettivamente servono alle aziende. I numeri a confronto sono davvero impari ovviamente in proporzione. Mentre la Germania conta ben 800 mila iscritti a questo tipo di corsi, la Sicilia ne ha la miseria di 579 suddivisi in 23 corsi certificati dalla banca dati nazionale Its. Dunque proporzionalmente in Germania ci sono un iscritto ogni 104 abitanti, in Sicilia invece questa opportunità è riservata soltanto ad una persona ogni 8.600.

Una differenza che la dice tutta su come ci si approccia culturalmente al problema della disoccupazione ed alla necessità di creare nuovi posti di lavoro alle giovani generazioni, al passo con il mercato del lavoro.

L’Isola fa anche peggio di un’Italia che non è che sia granchè scintillante il cui rapporto è di un iscritto ogni 5.700 abitanti. Ovviamente la Sicilia ha delle sue “specificità” che peggiorano il quadro complessivo: in un contesto di fragilità come quello del mercato del lavoro siciliano, si riscontra un disallineamento tra domanda e offerta, misurato dalla difficoltà di reperimento riscontrata dalle imprese. A livello provinciale, per cui è possibile esaminare le entrate nelle imprese con difficoltà di reperimento, si osserva che delle nove siciliane a scontare una maggiore difficoltà è Siracusa (24,7%), seguita da Caltanissetta (22,3%), Enna (21,6%), Ragusa (21,2%) e Agrigento (21,1%).

Intervista all’assessore alla Formazione Roberto Lagalla
“Da ora si punta sui reali fabbisogni delle imprese”

Il governo regionale non nega le difficoltà che oggi attraversa la Sicilia e la sua formazione. L’attuale esecutivo del presidente Nello Musumeci ha avuto una sua peculiarità: quella di far ripartire i finanziamenti ai corsi di formazione dopo ben tre anni di stop decretati dal passato governo di Rosario Crocetta.

“Cambia il paradigma della formazione professionale in Sicilia e si punta sui reali fabbisogni delle imprese – afferma Roberto Lagalla, assessore regionale al la Formazione –, questo è l’obiettivo che si è posto il governo Musumeci. La grave distorsione tra domanda e offerta di lavoro alimenta la disoccupazione, spinge la fuga di cervelli e blocca la crescita del comparto aziendale locale”.

Si punta molto sulla nuova edizione del bando per l’Apprendistato di I livello che accompagna i ragazzi, tra i 15 e i 25 anni, al conseguimento di una qualifica o di un diploma professionale. Insieme a questo, sarà ulteriormente incentivato l’Apprendistato di alta formazione e ricerca per sostenere l’innalzamento del livello delle competenze di giovani tra i 18 e i 29 anni. In questo caso il sistema duale permette ai giovani di compiere un’esperienza lavorativa e parallelamente seguire un percorso formativo finalizzato al conseguimento del diploma d’Istruzione Tecnica Superiore, della laurea triennale magistrale o a ciclo unico, del master di I e II livello, del dottorato di ricerca, di contratti presso enti di ricerca.

Lagalla assicura che a breve ci saranno importanti novità: “Una prima sperimentazione per la Sicilia sarà l’impresa didattica – sostiene -. L’intervento mette in relazione attori economici, istituzioni e giovani studenti per creare una realtà produttiva all’interno dell’istituzione formativa stessa, ed educare i giovani attraverso un’esperienza lavorativa a scuola”.

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