In Sicilia è povero un cittadino su quattro, qui il “dopo” fa più paura del coronavirus - QdS

In Sicilia è povero un cittadino su quattro, qui il “dopo” fa più paura del coronavirus

redazione

In Sicilia è povero un cittadino su quattro, qui il “dopo” fa più paura del coronavirus

venerdì 27 Marzo 2020

Il professore Faraci: “Tra il 2020 e 2021 perderanno il lavoro centinaia di migliaia di siciliani”. La vera grande emergenza è già al Sud

di Rosario Battiato, Melania Tanteri e Antonio Leo

PALERMO – Per avere un’idea del tragico scenario che si aprirà dopo il “congelamento” da coronavirus, è sufficiente prendere come riferimento un semplice dato: un siciliano su quattro è povero (26%), in Lombardia meno di uno su 10 (8,6%). Sono gli ultimi dati dell’Istat, relativi al 2018, che certificano la percentuale di famiglie in povertà relativa e il dato siciliano, in questo senso, pur essendo in miglioramento sul 2016 e il 2017, è il terzo peggiore d’Italia, battuto soltanto da Calabria (34,6%) e Campania (29,5%).

Il futuro, visto dal tunnel “Covid-19” in cui siamo finiti, sembra un baratro senza fine e rischiano di caderci dentro proprio coloro che stavano già sull’orlo prima del blocco delle attività, cioè quella fascia di popolazione in seria difficoltà economica.

Secondo gli esperti la crisi che ci attende sarà ben peggiore di quella causata dal crollo del sistema finanziario statunitense nel 2007. Sono in tanti a immaginare lenta e dolorosa la ripresa, una volta superata la contingenza e raggiunta nuovamente la normalità. “Uno scenario difficile”, spiega il professore Rosario Faraci, ordinario di Economia all’Università di Catania, soprattutto in Sicilia “dove il Pil pro capite è intorno a 16.000 euro, mentre in Lombardia è di 35.000 euro”.

Se è vero che, almeno al momento, le regioni più colpite sono quelle settentrionali, in ogni caso (anche qualora, come si spera, il virus “risparmi” in parte le regioni del Sud con una sanità disastrata) il “dopo”, ovvero l’alba del ritorno alla normalità, nell’Isola fa paura solo a pensarci con il rischio di trovarsi il doppio dei già numerosi poveri.

Un rischio, spiega ancora Faranci, “che c’è”, anche se al momento “non è stimabile con precisione perché in Sicilia non c’è un database unico ed accurato a disposizione degli esperti e degli studiosi per fare simulazioni sull’economia delle famiglie e delle imprese. Dobbiamo arrivare al dato di stima, incrociando fonti diverse. Per esempio, per l’agenzia di valutazione Cerved, si stima che nel 2020-21 ci sarà una perdita di posti di lavoro in Italia tra 2,8 e 3,8 milioni di persone, quindi ragionevolmente di centinaia di migliaia di lavoratori in Sicilia. Un vero dramma! In più si parte dal fatto che, già prima della crisi, una famiglia su quattro nella Regione si trovava nella fascia della povertà”.

“A ciò si aggiunga – prosegue il professore – che il problema emergente, da oggi non da domani, è quello della liquidità per tante piccole imprese, professionisti e partite Iva che non possono monetizzare perché le loro attività sono ferme”.

UN PO’ DI NUMERI
Secondo l’Istat, in Italia ci sono oltre 1,8 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale). La soglia di povertà assoluta è costituita dalla spesa minima necessaria per acquisire i beni e i servizi inseriti nel relativo paniere, cioè l’insieme di quei beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, vengono considerati il “minimo” standard di vita accettabile.

Il dato è decisamente più elevato al Sud (10%), e in particolare nelle Isole (10,8%) più che nel Mezzogiorno continentale (9,6%), praticamente il doppio del Nord (5,8%) e del Centro (5,3%) mentre l’incidenza della povertà assoluta tra i cittadini stranieri è di cinque volte superiore a quella italiana (30,3% contro il 6,4%). E quasi un povero “relativo” su due (46,7%) risiede nel Mezzogiorno – più 2,3 milioni nelle regioni meridionali, di cui un terzo nelle Isole – mentre la povertà relativa (famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà), su scala territoriale, vede la Sicilia al terzo posto (22,5%) dopo Calabria (30,6%) e Campania (24,9%).

POVERI PIÙ POVERI
Il Reddito di cittadinanza può bastare? Oggi raggiunge circa due milioni di persone (dati Caritas Italiana, aggiornati a novembre scorso), ma le perplessità sull’efficacia della misura non mancano. Si segnala, in particolare, la riflessione su lavoce.info di Cristiano Gori, ordinario di politica sociale all’Università di Trento, nonché responsabile scientifico del Rapporto annuale sulle politiche contro le povertà di Caritas.
“Il Reddito di cittadinanza – scrive Gori – è stato promosso attraverso un doppio movimento: promettere più di quello che può ottenere (lavoro) e non valorizzare ciò che offre (sostegno monetario e mix di servizi)” e che pertanto il “mancato raggiungimento degli obiettivi occupazionali ne decreta, agli occhi di molti, il fallimento”. In effetti di lavoro si dovrà parlare, a maggior ragione dopo la crisi, ma il rischio è appunto che “paradossalmente, a farne le spese (del fallimento del Rdc, ndr) rischiano di essere proprio i poveri”. E se questo era una ragionamento che si poteva fare in un periodo di “pace”, figuriamoci la prospettiva sul futuro del post coronovirus, del tutto nebuloso e assolutamente incerto.

NON SOLO POVERA GENTE CHI RISCHIA DI SALTARE
Un clima complicato che in ogni caso non lascia intravedere prospettive migliori per le altre categorie professionali. La settimana scorsa Ance Catania, l’associazione dei costruttori etnei, si è trovata “costretta a chiedere il provvedimento di sospensione dell’attività”, congelando di fatto uno dei comparti ancora decisivi, nonostante la crisi, del sistema siciliano.

In questo risiko improvviso rischiano di saltare anzitutto, afferma il professore Faraci, le “filiere più colpite dall’emergenza economica. Operatori turistici, alberghi e strutture ricettive, organizzatori di viaggi, di eventi e spettacoli, i lavoratori del settore automotive, parrucchieri e centri del benessere, gli autotrasportatori”.

“Ma non vorrei trascurare – agigunge – tante piccole attività che stanno facendo di necessità virtù e si stanno attrezzando per limitare i danni in questo momento difficile. Mi chiedo: ma quanto dureranno? Chi è stato costretto a ‘congelare’ la propria attività per adeguarsi alle misure restrittive alla mobilità imposte dal Governo non potrà ragionevolmente ripartire nelle stesse condizioni”.

Non se la passano meglio i professionisti (dagli avvocati agli ingegneri). Nei giorni scorsi hanno parlato gli architetti etnei, per bocca del presidente dell’Ordine provinciale, Alessandro Amaro, chiedendo misure straordinarie di sostegno al reddito, nella fase attuale, e “un modello nuovo, più sostenibile ed efficace di quello precedente” quando sarà il momento di avviare la ripresa.

L’elenco sarebbe praticamente infinito e nemmeno l’estate, attualmente, sembra un approdo sicuro per le imprese. Gli stabilimenti balneari, per esempio, non conoscono ancora la data di apertura delle attività. E hanno chiesto, attraverso Assobalneari – Federturismo Confindustria – una norma straordinaria per lo stop alla direttiva europea Bolkestein, che di fatto imporrebbe la messa all’asta delle concessioni. In generale, in un momento in cui tutto il Pianeta è bloccato o quasi (e chissà per quanto tempo ancora), è il turismo il settore che preoccupa di più. Alla fine di febbraio Confersercenti aveva rilevato disdette dell’80% delle prenotazioni e di certo la situazione è andata peggiorando fino al blocco assoluto di inizio marzo.



Giusi Milazzo, segretaria Sunia-Cgil Sicilia
“Il 90% degli inquilini non potrà pagare l’affitto”

PALERMO – Uno dei primi pensieri è stato per loro. Per chi non ha casa o è in condizioni economiche tali da non poter permettersi più di pagare l’affitto. Soffre particolarmente la popolazione in emergenza abitativa a Catania: un esercito di migliaia di persone in difficoltà economiche da tempo e che adesso la crisi scatenata dal coronavirus potrebbe mettere definitivamente in difficoltà.
Per questo, sin dall’inizio, il Sunia, il sindacato della Cgil che si occupa di casa e affitti, aveva lanciato l’allarme. Ora la richiesta è di attivare un fondo per sostenere chi rischia lo sfratto per incolpevole morosità e chi, colpito dalla crisi dovuta all’emergenza sanitaria, rischia di non poter pagare la pigione. Come spiega la segretaria regionale Giusi Milazzo. “La percentuale di chi, oggi in affitto, potrebbe non poter più pagare la pigione potrebbe arrivare al 90% – afferma. La situazione è, purtroppo, questa, tanto che abbiamo già scritto al presidente della Regione, Nello Musumeci, affinché intervenga a sostegno di una nutrita popolazione”.
Nei decreti emanati dal Governo Conte, infatti, non si troverebbe alcunché relativo al sostegno economico per la casa. “A parte la proroga degli sfratti fino al 30 giugno – sottolinea Milazzo – un’azione molto importante, ma non sufficiente considerato che, ai nostri sportelli, già stiamo ricevendo tante persone e tante domande che riguardano questo argomento. E questo – precisa – ad appena 15 giorni dalla ordinanza. Il dramma – dice – è solo annunciato”.

Da qui la richiesta al governo nazionale di attivare finanziamenti ingenti e appositi che possano sostenere la morosità incolpevole e a quello regionale di stanziare somme per la stessa problematica. “Pensiamo a un fondo a cui si possa accedere in maniere semplice – conclude Milazzo – in modo da poter avere i soldi subito e garantire anche i proprietari”.

M.T.



Parla il presidente regionale Giuseppe Giardina
Anffas: “Per i disabili situazione catastrofica”

CATANIA – “La situazione che stiamo vivendo è catastrofica”. Non usa mezzi termini Giuseppe Giardina, il presidente regionale dell’Anffas, l’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità che raccoglie 14 associazioni in tutta la Sicilia. Il mondo della disabilità, d’altronde, è particolarmente sotto pressione: i decreti governativi hanno di fatto interrotto le attività nei centri diurni e l’assistenza anche scolastica, facendo ricadere sulle famiglie un peso spesso difficile da portare. Un momento particolarmente delicato anche per i ragazzi affetti da disabilità intellettive o relazionali per i quali interrompere determinate terapie o restare confinati a casa può costituire motivo di nervosismo o comunque di forte disagio.
“L’emergenza coronavirus ci preoccupa per le conseguenze sull’assistenza i disabili: siamo completante fermi – denuncia Giardina. Stiamo cercando di sostenere le famiglie attraverso le videochiamate, i collegamenti via web, ma non basta. Le attività si sono fermate – prosegue – i centri diurni sono chiusi, così come le scuole e fare attività a distanza non è possibile per tutte le famiglie. I nostri utenti sono in difficoltà”.
Insomma, una situazione di stallo che ricade soprattutto sui soggetti disabili, costretti come tutti a stare a casa ma per i quali questa condizione potrebbe aggravare la delicata situazione per chi, ad esempio, soffre di autismo o di disabilitò intellettive o affettive.
“Si cerca di fare il possibile per dare un sostegno psicologico a famiglie e ragazzi – prosegue Giardina. Abbiamo chiesto al presidente della Regione Nello Musumeci di fare un decreto per sostenere le famiglie con disabili, autorizzarle a uscire anche con l’auto per qualche ora. Per loro – conclude – è una tragedia”.
M.T.



Qui Catania. La provincia più colpita dal COVID-19

L’analisi di Rosario Faraci, ordinario di Economia nell’Università etnea

CATANIA – La provincia più colpita dal virus è quella di Catania con ben 321 contagiati al 26 marzo (un terzo dell’Isola). Abbiamo interpellato Rosario Faraci, ordinario di Economia all’Unict, per provare ad analizzare quali conseguenza sta avendo ed avrà l’emergenza sanitaria nel territorio etneo.

Professore, quale lo scenario che si aprirà con questa crisi su Catania e sulla sua provincia, che non brilla certo per redditi alti?
“Catania è un po’ sopra la media regionale perché è una città più vivace dal punto di vista imprenditoriale e commerciale, ma è proprio nei settori di punta della sua economia che la provincia soffrirà maggiormente, a cominciare dal commercio, dal turismo e dall’indotto che questi due settori si portano dietro, penso ai trasporti per il commercio per esempio”.

Quanto pesa il dissesto?
“La sospensione del meccanismo europeo di stabilità libera risorse finanziarie perché i governi potranno indebitarsi maggiormente. Anche l’Italia va in questa direzione. Come poi le ‘nuove’ risorse pubbliche verranno allocate, il ‘dove’ è una scelta politica. Dunque la classe politica catanese ha il dovere morale di presidiare ‘le stanze dei bottoni’ per non perdere priorità nelle eventuali assegnazioni”.

Cosa si può fare nell’immediato?
“Lo dice anche l’Ocse, bisogna mettere in atto meccanismi virtuosi di sostegno alle fasce più deboli, anziani, disabili, ammalati e tutti i soggetti più fragili. La solidarietà dei privati è una importante modalità di ‘corresponsabilizzazione finanziaria’, per usare le parole del compianto Mons. Gaetano Zito che, da grande storico, mi ricordava che nei momenti più bui della sua storia Catania ha saputo sempre rialzarsi nel momento in cui i privati sono stati vicini allo Stato. Non si può immaginare di dover chiedere allo Stato tutto per tutti. Ovviamente il sostegno maggiore dovrà venire dalle banche perché, se il problema vero è la mancanza di liquidità, bisognerà rimettere in circuito subito nuovi denari per chi ne ha bisogno”.

E a lungo termine?
“A lungo termine vanno sostenute imprese e famiglie. Il ragionamento non fa una piega. Se entreranno in crisi vari settori dell’economia, perché le imprese non ce la faranno più e licenzieranno, ci sarà una notevole emorragia di professionalità e di lavori. Il sostegno della cassa integrazione sarà temporaneo, pertanto dobbiamo iniziare a ragionare fin da oggi come ristrutturare ex novo l’economia di Catania eprovincia. Proviamo a vedere il bicchiere mezzo pieno, altrimenti sarà un vero dramma sociale”.

M.T.



“Vicini ai senzatetto e agli emarginati”
Parla Giuseppe Lombardo, assessore Politiche sociali

CATANIA – Sull’emergenza sociale che rischia di investire Catania, abbiamo sentito anche Giuseppe Lombardo, assessore comunale alle Politiche sociali.

In una città già economicamente martoriata dal default, quali saranno le conseguenze per i cittadini più fragili?
“Dall’emergenza sanitaria viene investita negativamente tutta la realtà socio-economica del Paese, senza alcun risparmio per la nostra regione e per tutte le sue attività che sono attualmente bloccate. Il nostro comune, poi, trovandosi già in dissesto, potrebbe presentare ulteriori criticità. Per questa ragione l’Amministrazione si aspetta un aiuto considerevole da parte del Governo”.

I servizi sociali, già sotto pressione, saranno messi a dura prova con l’emergenza. L’amministrazione sta pensando di potenziarli?
“I servizi sociali a Catania non risultano sotto pressione, si tratta solo di un falso mito. Anzi, la tabella di marcia sui pagamenti ha dato delle garanzie che altrove non sono state date; gli stipendi, erogati con i fondi comunali, sono addirittura stati consegnati in anticipo rispetto ai tempi previsti dalle norme. Attualmente i servizi sociali sono stati depotenziati a causa delle restrizioni imposte, vista la chiusura di istituti educativi e asili, con la sospensione dei servizi per i disabili. Alle misure di contenimento, l’assessorato alle Politiche Sociali – in sinergia con il sindaco del comune etneo – ha aggiunto tutta una serie di iniziative a sostegno degli emarginati, dei senzatetto. A tal proposito, si è data la priorità al soddisfacimento del fabbisogno alimentare e igienico, nonché alla distribuzione di strumenti utili alla disinfezione e di informazioni per prevenire il contagio”.

Quanto possono essere utili le forze sane della società, come l’associazionismo e il volontariato, nel dare una mano non solo alle persona fragili ma anche a quei nuclei che vivevano di turismo e/o ristorazione?
“Le forze sane della società, come associazionismo e volontariato, sono messe a dura prova in questo momento, ma rimangono molto utili per il supporto dei più fragili. Le altre parti sociali che usciranno sconvolte dall’emergenza in corso, come gli operatori turistici e della ristorazione, potranno essere supportati dai servizi sociali solo se cadranno in stato di povertà. Diversamente, saranno gli altri assessorati (per esempio Attività produttive) a doversne occupare.

Ivana Zimbone



Il QdS ha aderito all’iniziativa “Solidarietà digitale” offrendo 5.000 abbonamenti digitali gratuiti
Una Catania solidale in soccorso agli ultimi

CATANIA – “L’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 – spiega Caritas – oltre che sanitaria, sta diventando sempre più sociale”. Accanto al lavoro encomiabile di medici, infermieri e operatori sanitari, c’è l’impegno solidale di tutti quegli operatori sociali e volontari che stanno lavorando incessantemente per garantire i propri servizi rimodulandoli alla situazione contingente. A essere colpiti sono coloro che già vivevano situazioni di difficoltà o di fragilità, senza trascurare le nuove situazioni di povertà e di emarginazione, determinate dall’isolamento e dalla chiusura dei luoghi di aggregazione. Inoltre, la chiusura delle università, degli istituti scolastici e formativi ha fatto emergere la necessità di creare nuove opportunità educative per i ragazzi, specie per quelli più vulnerabili delle periferie.

Imprese e associazioni di tutto il territorio hanno risposto positivamente all’iniziativa di “Solidarietà digitale” del Ministro per l’Innovazione tecnologica, mettendo a disposizione servizi gratuiti per i cittadini.

Per favorire la diffusione della cultura ed incoraggiare i giovani ad informarsi, in questi giorni di isolamento e di bombardamento di notizie, il Quotidiano di Sicilia ha aderito alla campagna di solidarietà del Governo mettendo a disposizione 5000 abbonamenti digitali gratuiti per i nuovi lettori che vogliono informarsi ogni giorno da casa ed ha lanciato anche l’hashtag #acasaconilqds. Inoltre, è stato attivato il servizio di condivisione istantanea delle notizie in esclusiva del QdS, mediante il numero whatsapp 3403723096, tramite il quale si possono inviare segnalazioni relative a disservizi riscontrati sul territorio.

Le organizzazioni di volontariato e gli operatori sociali del terzo settore di Catania stanno cooperando per adeguare i loro servizi alle indicazioni governative, dando forma alla “fantasia della carità” sollecitata da Papa Francesco. La Caritas diocesana di Catania, nonostante la momentanea chiusura dell’Help Center inadeguato per garantire le misure anti-contagio, sta lavorando sulle donazioni di alimenti e altri beni, in ingente quantità, ad altre associazioni attive nel territorio, sul coordinamento e sul supporto da remoto, oltre che animando la comunità con le riflessioni del direttore don Piero Galvano condivise sui canali social.

“Un plauso sincero e doveroso” è stato rivolto dal primo cittadino di Catania, Salvo Pogliese, e dall’Assessore comunale ai Servizi Sociali, Giuseppe Lombardo, a tutti gli operatori sociali, “soprattutto del terzo settore no profit che, in condizioni di oggettive difficoltà, offre l’ennesima prova di generosità per la comunità catanese”.

Grazie alla collaborazione tra Comune di Catania, Azienda sanitaria provinciale (Asp) e gli operatori del Terzo settore tra cui Croce Rossa, Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Ebbene, Cooperativa Mosaico del Consorzio Sol.co, Accoglienza e Solidarietà e Insieme Onlus, è stata allestita presso il plesso “Le Ciminiere” di proprietà dell’Ente Città Metropolitana, un’area con bagni e docce in cui distribuire indumenti e prodotti igienizzanti ai senza tetto, quali potenziali soggetti a rischio contagio. L’iniziativa consentirà anche un monitoraggio dei soggetti interessati sotto il profilo sanitario, al fine di segnalare gli eventuali casi-limite all’Asp.

A sostegno di questa iniziativa, in collaborazione con la Croce Rossa, la Fondazione Euromediterranea Luigi Umberto Tregua Onlus ha stanziato una somma destinata all’acquisto di prodotti alimentari e di igiene che saranno acquistati nei supermercati Decò e fatti recapitare direttamente all’area allestita presso Le Ciminiere al fine di essere distribuiti ai più bisognosi.

La stessa Amministrazione, all’interno del progetto “Habito” finanziato con i fondi del Pon Metro, ha messo a disposizione 50 posti letto, in diverse strutture cittadine. A questi vanno aggiunti ulteriori dieci posti letto messi a disposizione dalla comunità salesiana di San Gregorio.

La Croce rossa ha, infine, firmato un protocollo d’intesa con l’Asp per garantire la consegna dei farmaci a domicilio a soggetti tumorali over 65 o in condizioni di particolare disagio che potranno contattare il centralino per emergenza sociale, attraverso il numero unico 3346940411, attivo dalle ore 07.00 alle 21.00. Una Catania solidale che è pronta a trasformare questo momento di isolamento e staticità in qualcosa di costruttivo, guardando con fiducia al futuro oltre il coronavirus.

Eloisa Bucolo

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Un commento

  1. fabrizio ha detto:

    credo che il post corona virus sarà una sicilia piena di macerie e con enormi problemi sul pil italiano oltre che regionale.

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