In Sicilia, dopo l'emergenza sanitaria, più pensionati che occupati - QdS

In Sicilia, dopo l’emergenza sanitaria, più pensionati che occupati

Serena Giovanna Grasso

In Sicilia, dopo l’emergenza sanitaria, più pensionati che occupati

giovedì 06 Agosto 2020

Un milione e settecentomila pensioni contro un milione e quattrocentomila buste paga secondo i dati del Cgia di Mestre. Nell’Isola lo scostamento più accentuato d'Italia. A seguire Puglia e Calabria. L'influenza del coronavirus e l’invecchiamento della popolazione

PALERMO – A causa dell’emergenza sanitaria, il numero di pensioni erogate in Sicilia ha abbondantemente superato quello degli occupati. Infatti, secondo le elaborazioni condotte dalla Cgia di Mestre, ammonterebbe quasi a quota 1,7 milioni il numero di pensioni erogate nell’Isola, ovvero 300 mila in più rispetto ai quasi 1,4 milioni di occupati.

Le stime elaborate dall’associazione degli artigiani e delle piccole imprese veneta tengono conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di età e dell’impulso dato dall’introduzione di “quota 100”. In concomitanza a ciò, si rileva anche la contrazione del numero di occupati conseguente all’esplosione del Covid-19.

Il fenomeno ha coinvolto indistintamente tutte le regioni meridionali, più Umbria, Marche e Liguria, quest’ultima è l’unica regione del Settentrione a versare in questa condizione. La Sicilia “vanta” lo scostamento occupati-pensioni erogate peggiore a livello nazionale; a seguire troviamo la Puglia (-235 mila, determinato da 1,2 milioni di occupati a fronte di 1,4 milioni di pensioni erogate) e la Calabria (-195 mila, con 551 mila occupati e 746 mila pensioni erogate).

Le regioni settentrionali, al contrario, totalizzano un saldo positivo capace di azzerare il trend negativo del Mezzogiorno e addirittura determinare un complessivo saldo positivo a livello nazionale (+429 mila, dato da 22,8 milioni di pensioni erogate in Italia, controbilanciato da 23,2 milioni di occupati). La Lombardia è la regione con il saldo positivo più spiccato: infatti, in questa regione ci sono 748 mila occupati in più rispetto ai disoccupati (più precisamente, 3,7 milioni di pensionati e 4,4 milioni di occupati). Saldi positivi hanno caratterizzato anche il Lazio (+387 mila, dato da due milioni di pensionati e poco meno di 2,4 milioni di occupati) e il Veneto (+367 mila, derivato da 1,7 milioni di pensioni erogate e 2,1 milioni di occupati).

Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi – ha affermato Paolo Zabeo, il coordinatore dell’ufficio studi – Dopo l’esplosione del Covid, infatti, è seguito un calo dei lavoratori attivi. Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6% del Pil. Con culle vuote e un’età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione”.

Sebbene gli effetti della crisi dovuta al Covid avranno un impatto molto negativo dal punto di vista occupazionale, è evidente che il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sarà un altro grosso problema con il quale fare i conti. Infatti, negli ultimi anni gli imprenditori stanno cercando personale altamente qualificato o figure caratterizzate da bassi livelli di competenze: se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa dello scollamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, i secondi, invece, sono posti di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono coperti dagli stranieri.

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