Anche in Sicilia la pandemia frena la corsa delle aziende straniere - QdS

Anche in Sicilia la pandemia frena la corsa delle aziende straniere

redazione

Anche in Sicilia la pandemia frena la corsa delle aziende straniere

venerdì 21 Agosto 2020

Unioncamere, nel primo semestre 2020 saldo tra aperture e chiusure al 40% in meno del 2019. Il calo maggiore in Toscana, seguita da Liguria e Lombardia. In Sicilia il fenomeno è più contenuto. Trapani prima nel Paese per tasso di crescita

ROMA – Continua a crescere la comunità delle imprese di stranieri in Italia ma l’effetto della pandemia ne frena l’espansione. Nel primo semestre del 2020 il saldo tra le nuove imprese e quelle che hanno chiuso i battenti si è attestato a 6.119 unità, portando lo stock di imprese di stranieri a raggiungere il valore di 621.367 unità, l’1% in più rispetto al 31 dicembre scorso. Se confrontato con lo stesso dato del 2019, il progresso evidenzia però un forte “effetto-frenata” dovuto al Covid-19: tra gennaio e giugno dello scorso anno, infatti, il bilancio tra aperture e chiusure di imprese di stranieri aveva fatto segnare 10.205 imprese, il 40% in più rispetto al dato di quest’anno.

È quanto risulta dalla fotografia scattata da Unioncamere e InfoCamere sulle imprese di stranieri nel periodo gennaio-giugno dell’anno in corso, a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.

La concentrazione maggiore di imprese di stranieri continua a registrarsi in Toscana, dove il 14,2% di tutte le attività economiche ha origini fuori dall’Italia. Liguria (13,7) e Lombardia (12,6) sono le regioni che seguono da vicino, insieme a Lazio, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia (tutte oltre il 12%). Con più del 10% anche il Veneto e Piemonte. In Sicilia il fenomeno è più contenuto: solo il 6% delle aziende è guidato da stranieri (al 30 giugno ne risultano 28.246 su un totale di 467.773 soggetti). Nell’Isola a fronte di 929 iscrizioni nel registro delle imprese, ci sono state ben 694 cessazioni, portando così il saldo a 235 unità nei primi sei mesi dell’anno in corso.

La provincia a maggior tasso di imprenditoria straniera resta saldamente quella di Prato, con una quota del 30% sul totale delle iniziative imprenditoriali locali. Molto distanziata (con il 17,3%) segue Trieste, mentre altre quattro province (Firenze, Imperia, Reggio Emilia e Milano) si collocano oltre la soglia del 15%.

Nei primi sei mesi del 2020, i progressi più sensibili hanno riguardato Roma (con 832 imprese di stranieri in più tra gennaio e giugno), Milano (+515) e Torino (+499) che occupano anche le prime tre posizioni in termini di numerosità assoluta di iniziative di stranieri (rispettivamente con 70.898 nella capitale, 58.316 nel capoluogo meneghino e 27.175 in quello sabaudo). è Trapani, però, la provincia che ha registrato il tasso di crescita più alto, sfiorando il 5% (a distanza seguono Rieti e Brindisi).

La forma giuridica più diffusa resta quella dell’impresa individuale (475mila unità pari il 76,5% del totale, una quota di molto superiore alla media italiana, ridottasi negli ultimi decenni a circa il 52%). Poco meno di 100mila imprese di stranieri adottano invece la forma di società di capitali (96.964 unità, il 15,6% del totale).

Le attività in cui si registrano il maggior numero di inziative di stranieri sono il commercio (circa 160mila), l’edilizia (120mila) e l’alloggio e ristorazione (48mila). Guardando però all’incidenza di queste realtà sul totale delle imprese operanti in Italia, i settori con l’incidenza più elevata di imprese di stranieri sono le telecomunicazioni (32,9%) e la confezione di articoli di abbigliamento (dove si arriva al 32%).

Il Marocco batte Cina e Romania

Limitando il campo di osservazione alle sole imprese individuali (l’unica forma giuridica per la quale è possibile associare univocamente la nazionalità del titolare a quella dell’impresa), i dati restituiscono un’immagine nettamente strutturata delle provenienze degli imprenditori stranieri.

La comunità più numerosa (con 63.619 attività) è originaria del Marocco, seguita da quella cinese (52.727) e da quella romena (52.014). Più distanziata la coppia Albania (34.020) e Bangladesh (30.528).

L’analisi condotta attraverso il Registro delle Imprese fa emergere, inoltre, profili molto diversi da paese a paese quanto a creazione di cluster territoriali. Ad esempio, la comunità marocchina – la più numerosa in assoluto – è poco concentrata a livello territoriale con una presenza che raggiunge il massimo a Torino, dove ha sede il 7,1% dei tutte le attività originarie da quel paese. All’opposto, comunità più piccole – come quella egiziana o del Bangladesh – si segnalano per una forte tendenza alla concentrazione territoriale, al punto che nella sola Milano si raccoglie il 43,5% di tutte le imprese con un titolare nato in Egitto e a Roma ha messo le radici il 42,3% di tutti gli imprenditori provenienti dal Golfo del Bengala.

Allo stesso modo si possono delineare cluster settoriali legati ai paesi di origine dei titolari: ad esempio, l’85% della presenza senegalese è nel commercio, come anche il 70% circa di nigeriani, marocchini e albanesi, mentre opera nelle costruzioni il 59% dei romeni e il 40% degli egiziani.

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