La ricchezza attrae la criminalità Aosta, la Mafia conquista le Alpi - QdS

La ricchezza attrae la criminalità Aosta, la Mafia conquista le Alpi

Carlo Alberto Tregua

La ricchezza attrae la criminalità Aosta, la Mafia conquista le Alpi

giovedì 19 Dicembre 2019

La procura distrettuale antimafia di Torino sospettava che le istituzioni della regione Valle d’Aosta fossero state infiltrate dalla mafia. Cosicché, nel corso di due anni, ha accumulato un impianto indiziario fortemente probatorio, con un’inchiesta che sembra molto puntigliosa e dettagliata.
Quella regione, in mezzo alle Alpi, è stata di fatto decapitata con le dimissioni del suo presidente, Antonio Fosson, ed alcuni assessori, nonché altri consiglieri.
È stato osservato, da qualche parte, che una regione piccola, ma molto ricca, doveva essere immune dal cancro principale del nostro Paese che è la criminalità organizzata. Ma è proprio la sua ricchezza che ha attratto i vertici di quell’organizzazione malavitosa. Dovrebbe essere infatti noto a tutti che la criminalità organizzata lascia i territori poveri e va verso quelli ricchi, perché la sua preda è il denaro, ove e quando c’è, non la povertà.

Mafia, corruzione ed evasione fiscale sono i tre cancri del nostro Paese: lo ripetiamo noiosamente, ma siamo costretti a farlo perché essi sono lì e non sono debellati, neanche scalfiti.
Perché le istituzioni non riescono in quel compito in cui, nel 1974, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa riuscì, sconfiggendo definitivamente le Brigate Rosse?
Qualcuno sostiene che vi sia una mentalità diffusa fra i cittadini italiani secondo la quale “la mafia dà lavoro, la corruzione è necessaria per fare girare le ruote della burocrazia, l’evasione è quasi una necessità sociale perché, chi si trova in stato di bisogno, è quasi autorizzato a non pagare le tasse”.
Sono tre credenze popolari che vanno abbattute, in quanto violano i principi etici di buona cittadinanza, le regole di equità che devono albergare all’interno di una Comunità e soprattutto si tratta di menzogne vere e proprie che vanno combattute con tutti i mezzi, soprattutto dalla categoria dei giornalisti.
Nessuno è immune dal dovere di provvedere. Chi si tirasse indietro verrebbe meno al compito del cittadino per bene.
Non sembri un’eresia, ma criminalità organizzata e corruzione camminano a braccetto, perché la prima ha cambiato pelle, passando da un’organizzazione violenta ad un’altra in guanti bianchi. Le famiglie mafiose hanno fatto studiare i propri figli, che sono diventati professionisti, professori, imprenditori e quindi si pongono sul mercato alla pari dei loro colleghi, ma con un atout molto più grande: la quantità di danaro sporco che hanno il compito di sbiancare.
Ecco perché la mafia ha la necessità di inserirsi in tutti i gangli dell’economia, in modo da sfruttare le possibilità economiche e quindi ottenere il risultato di trasformare la liquidità, proveniente da affari delinquenziali, in liquidità ufficiale.
La corruzione si diffonde perché ai corruttori corrispondono i corrotti. Se nessun dirigente o dipendente pubblico si facesse corrompere, imprenditori e professionisti disonesti non avrebbe alcun successo.
Si sa, la carne è debole e tutti tengono famiglia. Il danaro facile acceca e quasi nessuno resiste alle tentazione, come sosteneva Oscar Wilde (1854- 1900).

Il terzo disastro italiano è quello dell’evasione fiscale, stimato in 119 mld. Ci torniamo sopra continuamente perché sembra un Moloch indistruttibile. Maggiori risorse recuperano Guardia di Finanza e Agenzia delle entrate, però l’ammontare dell’evasione aumenta. Evidentemente il valore che le si attribuisce è minore di quello reale.
Anche in questo caso il difetto sta nell’apparato pubblico che non è in condizione di contrastare i cattivi cittadini, che usufruiscono dei servizi pubblici senza contribuire al loro sostegno finanziario.
Il Presidente della Repubblica, sempre molto pacato nei toni, ha esclamato: “L’evasione è indecente”. Forse bisognerebbe educare le persone al senso del bene comune e dell’interesse generale, perché solo attraverso il loro miglioramento culturale si può approdare ad una riduzione di questo grave vulnus che colpisce tutta la comunità.
La questione è semplice: più si sa e più si è forti nei principi etici. Perciò bisogna combattere l’ignoranza.

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