La Sicilia affoga nei veleni, ma le bonifiche sono ferme a Gela, Priolo, Biancavilla e Milazzo - QdS

La Sicilia affoga nei veleni, ma le bonifiche sono ferme a Gela, Priolo, Biancavilla e Milazzo

Rosario Battiato

La Sicilia affoga nei veleni, ma le bonifiche sono ferme a Gela, Priolo, Biancavilla e Milazzo

mercoledì 15 Maggio 2019

L'Ispra ha rivelato che nella città industriale del Nisseno è ancora a zero il risanamento di suolo e acque sotterranee. Va meglio, ma con percentuali piuttosto basse, negli altri territori. Complessivamente in Sicilia si conta un migliaio di siti tra bonificati e non

PALERMO – La contaminazione ambientale è un male sotterraneo, invisibile, eppure sin troppo concreto. Lo dicono le morti per inquinamento che ancora pesano sui vecchi siti in attesa di bonifiche: alcune avviate addirittura due decenni fa e ancora incomplete, un discorso che vale in tutta Italia, con particolare pericolosità in Sicilia dove ci sono quattro siti di interesse nazionale con priorità di bonifica che sono ancora lontanissimi dall’aver completato il processo di bonifica.

I DATI NAZIONALI E LE RAGIONI DEL RITARDO
Si è tornato a parlare di bonifiche dei siti inquinati in seguito all’audizione alla Commissione bicamerale ecomafie di Stefano Laporta, presidente dell’Ispra, il centro studi del ministero dell’Ambiente. Secondo i dati forniti, soltanto in un quarto dei 41 siti di interesse nazionale, quindi le aree più grandi e inquinate d’Italia, sono stati avviati o completati gli interventi di bonifica. Per due terzi di questi siti, ci si è limitati ad avviare la cosiddetta caratterizzazione, che equivale allo studio preliminare. È stato Laporta a sottolineare che “per il 66% delle aree sono stati fatti i piani di caratterizzazione. Per il 12% sono stati avviati gli interventi di bonifica e per il 15% il processo è stato concluso”, un bilancio che lo stesso presidente definisce “non brillante”. Le ragioni dei ritardi, secondo quanto riportato nel corso dell’audizione, derivano dalla frammentazione e dai cambiamenti delle proprietà che di fatto determinano una certa difficoltà a risalire ai responsabili dell’inquinamento. Non aiuta nemmeno una normativa complicata, farraginosa, che spesso sovrappone le diverse competenze.

LA DISTRIBUZIONE REGIONALE
In tutta Italia ci sono 41 Sin che valgono una superficie totale a terra di 171.268 ettari e a mare di 77.733 ettari. La Sicilia è tra le Regioni più coinvolte, sia in termini di numerosità (4), battuta soltanto dalla Lombardia (5), che per estensione marina e terrestre (24.400 ha), dietro soltanto Piemonte (90.000 ha) e Sardegna (56.800 ha). I nomi e cognomi di questi luoghi sono noti: Gela, Priolo, Milazzo e Biancavilla.

LA SITUAZIONE NELL’ISOLA
I quattro sin isolani – rileva il rapporto Ispra “Annuario dei dati ambientali” – sono stati istituiti con decreto in momenti differenti: Gela e Priolo nel 1998, Biancavilla nel 2002 e Milazzo nel 2005. Nel sito nisseno il decreto coinvolge 4.583 ha a mare e 795 a terra, mentre per il polo aretuseo, uno dei più grandi d’Italia, ci sono 10.129 ha marini e 5.814 terrestri. Più contenuti il sito della provincia di Catania, 330 ha a terra, e quello peloritano (2.198 a mare e 549 a terra). Le bonifiche, secondo i dati elaborati dall’Ispra sulla base delle informazioni fornite dal ministero dell’Ambiente, sono quasi all’anno zero.

LE BONIFICHE SICILIANE
A Gela, per quanto riguarda il suolo e le acque sotterranee, la percentuale di procedimento concluso è pari allo zero per cento. Per quanto riguarda entrambi gli ambiti, il 100% del piano di caratterizzazione è stato eseguito, mentre il progetto di bonifica e di messa in sicurezza approvato con decreto riguarda il 13% della terraferma e il 54% delle acque sotterrane.

A Priolo, la situazione non è particolarmente differente. Il procedimento è concluso per l’8% di terra e acqua, ma soltanto il 48% del sin (in entrambi gli ambiti) ha il piano di caratterizzazione completo. Il progetto di bonifica con decreto è stato approvato nel 13% del suolo e nel 18% delle acque sotterranee.

Biancavilla, il più piccolo dei sin isolani (330 ettari tutti a terra) – noto per il caso della fluoroedenite proveniente da una cava naturale in città, che mantiene alcuni assimilabili ai minerali del gruppo dell’amianto – vanta, per il suolo, l’1% del procedimento concluso ma il 100% della caratterizzazione e del piano di bonifica con decreto conclusi. Per quanto riguarda la contaminazione delle acque sotterranee si registra un 100% del piano di caratterizzazione, e poi due secchi zero per cento negli altri due capitoli.

A Milazzo, il piano di caratterizzazione ha riguardato il 62% del suolo e delle acque sotterranee, mentre il progetto concluso il 20% del primo e il 39% delle seconde. La percentuale di avanzamento del procedimento concluso è del 20% per il suolo e del 19% per le acque sotterranee.

LA POSIZIONE DELLA COMMISSIONE
A parlare è stato Stefano Vignaroli, presidente della Commissione Ecomafie e deputato M5S: “di bonifiche nelle aree Sin la Commissione si è occupata anche nella scorsa legislatura, e continua a mantenere alta l’attenzione sul tema”. Un’azione che deriva dal fatto che “in gran parte delle nostre inchieste, infatti, stiamo incontrando aree Sin: approfondiremo lo stato delle procedure di ripristino ambientale e le cause dei ritardi”.


Complessivamente nell’Isola si contano circa un migliaio di sito tra bonificati e non

PALERMO – Accanto a questi ben noti mostri ambientali, ce sono molti altri che, pur non rientrando nella tipologia di sin, preoccupano e non poco per il tasso di inquinamento. Sono i siti oggetto di procedimento di bonifica di interesse regionale. A definirne la misura è stata ancora l’Ispra, sulla base dei dati delle agenzie regionali, che ha così evidenziato il dato totale: complessivamente ci sono registrati nelle anagrafi/banche dati regionali poco meno di 30 mila siti (29.693), considerando quelli con procedimento in corso (16.435) e quelli con procedimento concluso (13.258).

Pur trattandosi di dati ancora parziali, l’Ispra infatti avverte che in “alcuni casi il popolamento è ancora in atto”, i numeri siciliani sono particolarmente importanti, ammontando complessivamente, tra bonificati e non, a circa un migliaio (1.082, pari al 3,6% del totale nazionale).

Si tratta, in termini numerici, del sesto dato nazionale, anche se a preoccupare maggiormente è il dato relativo ai procedimenti di bonifica conclusi. Nell’Isola sono soltanto 128 su 1.082, cioè circa uno su dieci (11% del totale), mentre ce ne sono ancora 954, pari a circa il 90%, con un procedimento amministrativo in corso.
Un dato che pare essere lontano anni luce da quanto registrato, in termini di procedimenti conclusi, in provincia di Bolzano (93%), in Valle d’Aosta (82%), nella Provincia di Trento (68%), in Lombardia (64%), in Friuli-Venezia Giulia (62%) e in Molise (61%). Ed è comunque più basso del dato medio nazionale che risulta di poco inferiore al 50% (45%).


In Sicilia oltre 500 discariche abusive o abbandonate. Regione verso l’istituzione di un fondo per i Comuni

PALERMO – In Regione si provano delle contromisure per i siti contaminati, in particolare per le discariche abbandonate e/o abusive. Nel corso dell’ultima Ecomed, l’evento dedicato all’economia circolare che si è tenuto a Catania all’inizio di aprile, si è tenuto un focus dedicato appunto allo “Stato delle bonifiche in Sicilia: tra normativa e interventi effettivi sullo stato delle bonifiche dei siti contaminati”.

Presente Francesco Lo Cascio, dirigente dell’Ufficio speciale bonifiche della Regione siciliana, che ha spiegato come, proprio a fronte di un ritardo nelle bonifiche degli oltre 500 siti contaminati registrati dalla Regione, si sta valutando l’istituzione di un fondo per i Comuni con fondi regionali e nazionali, così da consentirgli di attingere per procedere alla conclusione della procedura di controllo dei siti contaminati. L’obiettivo è di raggiungere quota 20 milioni di euro.

Delle 511 discariche censite dalla Regione soltanto nove sono state sottoposte a risanamento, mentre per tutte le altre gli uffici regionali stanno procedendo a ulteriori controlli, anche per capire la necessità di una messa in sicurezza delle zone contaminate e, conseguentemente, accertato lo stato di inquinamento, procedere alla bonifica.

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