Dalla Sicilia un calcio all’economia sportiva: infrastrutture a pezzi, i privati non investono - QdS

Dalla Sicilia un calcio all’economia sportiva: infrastrutture a pezzi, i privati non investono

Antonino Lo Re

Dalla Sicilia un calcio all’economia sportiva: infrastrutture a pezzi, i privati non investono

mercoledì 27 Novembre 2019

Dati report 2019 della Figc, l’Isola non regge il confronto con il Veneto: meno società, giovani e donne. Santino Lo Presti, presidente di Figc Sicilia, “Con il presidente siciliano del Coni, Sergio D’Antoni, sono stati ripartiti i contributi regionali: cinquanta milioni di euro per la costruzione di trentacinque impianti, ma molti dei lavori non sono neanche partiti"

PALERMO – Fino a qualche anno fa la Sicilia vantava nel massimo palcoscenico calcistico nazionale, squadre come Palermo e Catania, senza dimenticare le stagioni in cui anche il Messina diede lustro all’intera regione. Tempi che adesso sembrano lontani, anzi lontanissimi visto che nessun club siciliano milita in Serie A e le due più grandi città dell’Isola annaspano rispettivamente in C e in D. In questo momento solo il Trapani tiene in alto il calcio siciliano in Serie B. Una crisi che ha investito inevitabilmente anche l’economia regionale, considerati i grandi introiti provenienti dallo sport più popolare al mondo.

La Sicilia è un terra piena di ricchezze, ma in più delle occasioni non “sfruttate” a dovere e soprattutto poco valorizzate. Se confrontata con la maggior parte delle regioni italiane, anche in ambito calcistico si riflettono delle differenze abissali. Infatti, se il paragone viene stilato con il Veneto – che come numero di abitanti è molto vicino a noi (4,905 milioni contro i 5,027 milioni siciliani) – secondo i dati del Report calcio 2019 pubblicato dalla Figc, riguardante la stagione 2017-2018, la Sicilia non regge minimamente il confronto.

Le piazze del Sud si sono sempre contraddistinte per il loro calore e per il grande seguito di pubblico, componenti fondamentali per lo sport, ma che si confrontano e si sgretolano con la realtà dei fatti, la quale parla per la nostra Isola di impianti non adeguati, strutture fatiscenti, stadi e palazzetti tutt’altro che all’avanguardia. Numerose aree dedicate allo sport si sono trasformate in teatri degradati, dati in pasto al malaffare e alla criminalità e solo in pochissime situazioni è stato possibile recuperarle. Le Amministrazioni comunali non hanno dedicato tempo e fondi per l’impiantistica come conferma una nostra inchiesta dello scorso 26 aprile: nel 2018, secondo ai dati riportati dal sito soldipubblici.gov, i nove capoluoghi siciliani hanno destinato all’impiantistica poco più di 3 milioni e 200 mila euro, per una spesa pro capite di appena 2 euro.

Spiccioli se confrontati agli investimenti effettuati dagli altri Comuni italiani simili per popolazione. Solo Siracusa, che ha speso un milione e 670 mila euro, e Ragusa (2,87 euro la spesa pro capite contro i 2,77 del comune benchmark Asti) sono gli Enti locali che hanno fatto di più per recuperare le proprie strutture sportive.

Quelle sopracitate rientrano tra le maggiori motivazioni che portano un imprenditore a investire le proprie risorse in una società sportiva del Nord Italia piuttosto che in Sicilia. Un boomerang che coinvolge anche gli atleti, non disposti il più delle volte ad accettare offerte di ingaggio dai club siciliani. I dati del Report calcio 2019 evidenziano che nella nostra regione, stagione 2017-2018, sono state 847 le società calcistiche presenti contro le 951 del Veneto.

Le differenze aumentano esponenzialmente sul numero di calciatori che militano nelle serie dilettantistiche: in Sicilia erano 17.515, in Veneto quasi il doppio, 36.674. Senza dimenticare i giocatori professionisti: 141 contro 220. Anche per quel concerne il settore giovanile e scolastico siamo nettamente indietro: 31.469 ragazzi impegnati contro i 72.018 del Veneto. Numeri che, sommati, ricalcano la superiorità del Veneto sulla Sicilia: 109.606 calciatori contro i “soli” 49.630 che militano nei club siciliani.

La forbice è ampia anche per quel riguarda il calcio femminile. Negli ultimi anni sono stati fatti numerosi passi in avanti in tal senso, con i principali club italiani che hanno acquistato diverse calciatrici provenienti da altri campionati. Ad aumentare la visibilità anche il Mondiale giocato la scorsa estate. In Sicilia, però, anche per fattori culturali, le giocatrici tesserate nella stagione 2017-2018 erano solo 176 contro le 813 militanti in Veneto.

E se le future generazioni potrebbero dare slancio allo sport siciliano, la nostra Isola non regge il confronto nemmeno sulle attività dei settori giovanili. Parliamo di 2.514 tra società e associazioni sportive, vale a dire meno della metà di quelle presenti in Veneto che ammontano a 5.701. Dati a dir poco desolanti, che risaltano in negativo la sterilità di tutto il movimento sportivo siciliano, non supportato dal fondamentale intervento degli Enti locali.


Santino Lo Presti, presidente di Figc Sicilia
“Carenze economiche e strutturali”

PALERMO – Sicilia e sport: un binomio che non sembra funzionare. Diversi imprenditori hanno investito nella nostra Isola, ma dopo qualche anno o addirittura mesi sono stati costretti ad abbandonare la nave per le numerose problematiche legate alla pochezza degli incassi e alle ingenti spese da affrontare, senza dimenticare burocrazia e problemi logistici. Sul tema riguardante l’impantanamento dello sport nella nostra regione, il Quotidiano di Sicilia ha intervistato Santino Lo Presti, presidente di Figc Sicilia.

Presidente, i dati del Report calcio 2019 mettono a nudo le difficoltà della Sicilia nello sport se messe a confronto con il Veneto…
“Il reddito di pro capite del Veneto è il doppio di quello che c’è in Sicilia. Prolifera di aziende e ci sono le risorse da cui traggono linfa le società. Ci sono tante strutture sportive. Nella nostra regione non vi è questo benessere economico, che poi può aiutare anche il calcio. La differenza c’è, ma per esempio quest’anno abbiamo avuto qualche aumento di numero dei club esistenti. Regioni importanti come Lombardia e Lazio hanno avuto dei cali, quindi ci riteniamo soddisfatti della situazione visto l’andamento economico in Sicilia”.

La presenza di un numero più elevato di società calcistiche quanto potrebbe incrementare la vivacità economica del nostro territorio?
“Potremmo avere un incremento che va dal 15 al 25%. Se noi oggi chiudessimo gli organici, per quel che riguarda i dilettanti, arriveremmo a 520/530, che è un ottimo numero. Anche se nel siracusano e nell’ennese, province piccole e meno ricche, abbiamo difficoltà a creare i gironi di terza categoria, perché c’è una carenza strutturale ed economica”.

Sono soprattutto le realtà più piccole a fare a meno di strutture sportive adeguate. Senza dimenticare quelle finite in stato di degrado. Uno scenario che spinge imprenditori e atleti a spostarsi verso al tre regioni d’Italia…
“Ci sono tanti presidenti al giorno d’oggi che preferiscono non fare la squadra perché non hanno il campo e sono costretti a giocare fuori casa, il che è un costo aggiuntivo. A Palermo ci sono tanti impianti privati, non tutti gli impianti sono pubblici. A Catania li abbiamo ma sono in condizioni minime di sicurezza. Spesso si creano anche sovraffollamenti, quando in un campo giocano più squadre. Quindi anche da un punto di vista strutturale il Veneto è nettamente superiore. È un confronto che non regge la regione in sé per sé”.

Il calcio femminile negli ultimi tempi è riuscito a emergere creando anche un grosso seguito di pubblico. Anche in questo frangente il Veneto è avanti alla Sicilia, senza dimenticare le attività del settore giovanile…
“Quello del calcio femminile è un fattore culturale, che va sicuramente superato. È legato in maniera marginale all’aspetto economico. Quest’anno, per esempio, abbiamo più di undici squadre di calcio a cinque femminile. Ci sono difficoltà, invece, per il calcio a undici”.

La Federazione nazionale ha mostrato interesse per la nostra regione, organizzando numerosi eventi da diversi mesi a questa parte…
“La Nazionale è venuta qui in Sicilia e di questo bisogna dare merito ai presidenti Gabriele Gravina e Cosimo Sibilia. In un momento in cui il calcio siciliano è in crisi siamo riusciti a organizzare una partita di calcio femminile e lo scorso 18 novembre abbiamo avuto l’Italia di Mancini. È stata qui l’Under 21 che ha già disputato un’amichevole e una gara di qualificazione agli Europei. La Federazione ci è vicina. Scontiamo solo ritardi strutturali ed economici”.

È corretto affermare che il ruolo della politica e delle Amministrazioni locali diventa imprescindibile per la ripresa economica di tutto il sistema?
“Parto da questo: è impensabile che Comuni chiedano i soldi dell’affitto del campo a una società di calcio. Quest’ultime nascono per creare sport, appartenenza. Fanno crescere i ragazzi dal settore giovanile, i calciatori crescono e fanno passi avanti in carriera. È un impegno importante, anche per il sociale. I Comuni non devono risanare i loro bilanci chiedendo cinque o diecimila euro alle società. Il campo è stato costruito con denaro pubblico”.

E per quanto riguarda gli investimenti sulle strutture sportive?
“Con il presidente regionale del Coni, Sergio D’Antoni, sono stati ripartiti i contributi regionali. Sono stati messi a disposizione 50 milioni di euro per la costruzione di 35 impianti, ma molti di questi lavori non sono neanche partiti. Abbiamo più volte incontrato il presidente Nello Musumeci e l’assessore regionale allo Sport, Manlio Messina, per dimostrare che il tema delle strutture sportive non sia secondario. In Sicilia abbiamo in media il 24% di persone che fa sport, nel resto d’Italia arriviamo al 40%. Ogni punto in più di aumento di partecipazione degli abitanti allo sport, sono 100 milioni in meno nel campo sanitario. Siamo sotto di 15 punti, quindi in termini di risparmio per la Regione siciliana parliamo all’incirca di 1 miliardo e mezzo di euro, somma che incide notevolmente. La politica deve avere lo sport come punto prioritario. Vogliamo che la sensibilità mostrata a parole adesso si concretizzi”.

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