Legambiente, la Green Refinery avanti a piccoli passi. Eni replica: “Investiti 322 mln per la riconversione” - QdS

Legambiente, la Green Refinery avanti a piccoli passi. Eni replica: “Investiti 322 mln per la riconversione”

redazione

Legambiente, la Green Refinery avanti a piccoli passi. Eni replica: “Investiti 322 mln per la riconversione”

venerdì 26 Luglio 2019

In occasione di una tappa di Goletta Verde in Sicilia, si è tenuto un incontro che ha fatto il punto sugli interventi nell’area gelese. La ristrutturazione dell’impianto è iniziata nel 2016 e attualmente impiega circa 1.600 persone dell’indotto locale

GELA (CL) – Si è tenuto lunedì scorso, presso la Pinacoteca comunale, l’interessante e vivace incontro dal titolo: “Le bonifiche e la riconversione del petrolchimico di Gela”. L’iniziativa faceva parte di una delle tappe di Goletta Verde in Sicilia.

Con toni franchi e corretti, si è parlato dei ritardi delle bonifiche dei siti inquinati, dei ripetuti allarmi sanitari diffusi dagli organi preposti e della riconversione “green” della raffineria di Gela. Il primo intervento è stato del sindaco Lucio Greco, che non ha nascosto preoccupazioni per il futuro della città. Il primo cittadino ha ammesso di avere avanzato in passato critiche sul protocollo d’intesa del 2014, ma si è dichiarato in ogni caso disponibile a un confronto serio e costruttivo con Eni nell’interesse della città.

Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha fatto rilevare come Eni, con l’accordo del 2014, stia investendo ancora sul passato e molto poco sul futuro. A fronte di un investimento massimo di 2,2 miliardi di euro, 1,8 miliardi sono destinati ad attività di upstream (attività di esplorazione e di nuova produzione di gas, valorizzazione dei campi in esercizio, attività di ripristino e manutenzione), mentre solo 220 milioni sono stati previsti per la riconversione green della raffineria; solamente 200 milioni sono destinati al risanamento ambientale. Pur dando atto all’Eni di alcuni sforzi e piccoli passi avanti nella giusta direzione si è lamentata un’eccessiva lentezza nelle bonifiche e nella riconversione energetica, ma anche una strategia green “opaca”.

A tal proposito – spiega Legambiente – si è evidenziato come la innovativa Green Refinery, con una capacità di lavorazione nominale di circa 816 mila tonnellate all’anno, potrebbe diminuire in modo significativo le emissioni storiche di Co2 dell’ex raffineria. Tuttavia tale impianto rischia di perdere il significato di “Green” nel momento in cui lo si vorrebbe alimentare con olio di palma proveniente dall’Indonesia, per di più da coltivazioni che stanno soppiantando la foresta pluviale e il suo enorme carico di biodiversità.

Sulla questione è intervenuto anche il giornalista di Report, Manuele Bonaccorsi, che già in passato si è occupato del petrolchimico di Gela, l’Eni di oggi sembra avere tradito il sogno originario di Enrico Mattei, anche nello stile produttivo e negli impatti da esso derivanti. Lo stesso ha fatto rilevare la debole e lenta azione di riconversione “Green”, pur trattandosi di una grande multinazionale (partecipata al 30% con capitale pubblico) che avrebbe mezzi e risorse adeguate per contribuire concretamente alla riduzione della propria impronta ecologica. Lentezza che, per il presidente della raffineria Eni di Gela, Francesco Franchi, sarebbe da imputare ai normali processi burocratici.

Dora Profeta, responsabile provinciale dell’Arpa, ha descritto lo stato delle bonifiche dell’area Sin (Sito di interesse nazionale) di Gela, confermando i ritardi esistenti su dette procedure. In merito all’azione diretta dell’Arpa, la Profeta ha lamentato una carenza nella dotazione organica dell’Ente, sia a livello regionale che provinciale. A riprova dei ritardi sulle bonifiche si è evidenziato come, dopo quasi trent’anni dalla dichiarazione di elevato rischio ambientale (1990) e ad oltre vent’anni dall’individuazione del Sito di interesse nazionale (Legge 46 del 1998), ancora a Dicembre 2018 si avevano solo il 13% di progetti approvati per la bonifica dei suoli e il 54% di progetti approvati per la bonifica della falda. Per entrambi (suolo e falda, circa 800 ettari) si evidenzia lo 0% di progetti realizzati e conclusi. Nessuna notizia è stata recepita circa la bonifica dell’area marina, che rappresenta la parte maggioritaria del Sin (circa 4500 ettari).

LA NOTA DI ENI

Eni – con un comunicato inviato alla nostra testata – in riferimento all’incontro di Gela ha precisato che dalla firma del Protocollo nel 2014, la società ha investito (dato Eni aggiornato a fine maggio 2019) circa 1.153 milioni di euro; i cantieri avviati sono 243, di cui 167 già completati; per il risanamento ambientale sono stati spesi circa 178 milioni di euro e avviati 58 cantieri di cui 31 già completati, 800 i milioni spesi per le bonifiche dal 2000.

Per la riconversione della raffineria sono stati spesi 275 milioni di euro, a cui si vanno ad aggiungere ulteriori 47 milioni per attività propedeutiche, per un totale di 322 milioni di euro. Complessivamente, nei cantieri in corso all’interno del sito industriale, includendo anche le attività di risanamento ambientale, manutenzione e di miglioria e modifica, attualmente sono impiegate circa 1.600 persone dell’indotto locale.

Il processo di conversione da raffineria tradizionale a bioraffineria è iniziato nell’aprile del 2016: progettata per trattare cariche non edibili e da scarti fino al 100% della capacità di lavorazione, la bioraffineria potrà quindi processare esclusivamente materie prime di seconda generazione, quindi scarti della produzione alimentare (oli usati e di frittura rigenerati e grassi animali) e sottoprodotti legati alla lavorazione dell’olio di palma (Pfad, acidi grassi di palma distillato) trasformando in biocarburante cariche che andrebbero altrimenti a smaltimento, con aggravio dei costi per la comunità e impatto sull’ambiente.

“La Bioraffineria Eni di Gela – si legge nella nota – è in fase di avviamento ed essendo questa una fase delicata, sarà utilizzato, perché di migliore qualità, olio di palma di provenienza certificata, che non deriva da deforestazione e non nuoce alla biodiversità. Come già avvenuto nella bioraffineria Eni di Venezia, anche Gela utilizzerà solo cariche da scarti, e l’olio di palma verrà sostituito in anticipo rispetto a quanto previsto dalla seconda direttiva europea sulle Energie Rinnovabili. A Gela è infatti previsto un importante investimento per il pre-trattamento (Biomass Treatment Unit) che permetterà di valorizzare cariche sempre più alternative e diversificate, che Eni sta sviluppando: dal progetto oli da alghe, all’utilizzo del ricino appositamente coltivato in zone semidesertiche”.

“Attualmente – conclude la nota – Eni utilizza oltre il 50% degli oli alimentari usati disponibili in Italia nella bioraffineria di Venezia, a Porto Marghera, dove nel corso del 2019 saranno notevolmente incrementate le quote di materie prime alternative al palm oil, superando anche il 50% della carica complessiva”.

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