Mafia, Claudio Fava "deluso" dalla reazione di Antoci - QdS

Mafia, Claudio Fava “deluso” dalla reazione di Antoci

redazione

Mafia, Claudio Fava “deluso” dalla reazione di Antoci

martedì 08 Ottobre 2019

Una conferenza stampa per tornare sulla vicenda della presunta messinscena sull'attentato. Il presidente dell'Antimafia, "Durante l'attentato dormiva, l'ha detto lui!". Il consulente Pappalardo, "mai vista tanta impreparazione"

“Antoci? Dormiva. Lo ha detto lui”.

Ha risposto così il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, a una domanda su cosa stesse facendo il presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, al momento dell’attentato la notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 quando la sua auto blindata fu bloccata lungo la strada da alcuni massi e fu bersaglio di tre colpi di fucile.

Adesso l’ipotesi fatta dall’Antimafia è che si fosse trattato di una messinscena, anche se Antoci non lo sapeva.

“Sicuramente – ha spiegato Fava – se l’attentato fosse stata una messinscena qualcuno dei presenti alla scena avrebbe delle responsabilità. C’erano un funzionario della Ps e tre poliziotti. Noi possiamo ricostruire un contesto ma non attribuire responsabilità personali. Per questo abbiamo invitato la magistratura a indagare”.

“Siamo delusi – ha aggiunto il presidente regionale dell’Antimafia – dalla reazione del signor Antoci. Ci saremmo aspettati parole di gratitudine. E su una cosa lo devo smentire subito: non abbiamo mai acquisito alcun anonimo. Non abbiamo lavorato su alcun ‘si dice’. Abbiamo raccolto testimonianze e documenti ufficiali. Se da indagini che non sono nelle nostre competenze dovesse emergere che si è trattato di una messa in scena non si è trattato di un ‘mascariamento’ ma di reati. Se così fosse Antoci si dovrebbe sentire mascariato non dal nostro lavoro ma da chi ha creato una messa in scena ai suoi danni”.

Con Fava, nell’incontro con i giornalisti, c’erano due consulenti dell’Antimafia: l’ex dirigente della polizia di Stato Tuccio Pappalardo e l’ex presidente del tribunale di Catania, Bruno Di Marco.

Il primo ha detto che nella sua carriera mai ha visto “una tale impreparazione sia di chi ha attaccato che di chi era preposto a difendere”.

“Solo una volta – ha ricordato – è avvenuto qualcosa di simile. Quando il mio collega Rino Germanà sfuggì all’agguato a Mazara del Vallo”.

Bruno Di Marco, ha elencato una serie di anomalie riscontrate nella ricostruzione della dinamica dell’attentato così come risulta dalle testimonianze e dagli atti giudiziari.

Di Marco ha detto che il sindaco di Cesarò (Messina), Salvatore Calì, ha testimoniato alla commissione che la sera dell’attentato non era preoccupato vedendo pregiudicati e persone vicine a esponenti mafiosi nel ristorante dove si trovava con Antoci “ripetendo ciò che aveva detto ai pm che lo avevano interrogato”.

Ma agli atti dei pm nell’inchiesta per il fallito attentato Calì invece aveva detto, anche a Giuseppe Antoci, di essere preoccupato e che temeva “qualcosa di brutto”.

Così come, sempre ai Pm, aveva detto di aver avuto “paura” di parlare di contesto mafioso.

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