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Mafia e corruzione: il re dell’ eolico torna in carcere

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Mafia e corruzione: il re dell’ eolico torna in carcere

giovedì 18 Aprile 2019

Il ruolo di Nicastri, il quale avrebbe coperto la latitanza di Messina Denaro, e del prof. Arata, ex deputato di Forza Italia, che avrebbe coinvolto nell'inchiesta il sottosegretario della Lega Nord Siri

Questi gli indagati nell’ambito dell’inchiesta dei pm palermitani su un giro di mazzette alla Regione siciliana per progetti relativi alle energie alternative e che vede al centro l’imprenditore alcamese Vito Nicastri, che sarebbe vicino al boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro, oggi tornato in carcere: Paolo Franco Arata, 69 anni, professore, consulente della Lega sull’energia ed ex parlamentare di Fi, il figlio Francesco Paolo, 39 anni che si era trasferito da Roma ad Alcamo; Giacomo Causarano, 70 anni; l’imprenditore Francesco Isca, 59 anni; Angelo Giuseppe Mistretta, 62 anni; Manlio Nicastri, 32 anni, figlio di Vito e Alberto Tinnirello, 61 anni, funzionario regionale, prima al Dipartimento dell’Energia. Sono accusati a vario titolo di corruzione e intestazione fittizia, Isca risponde di associazione mafiosa.

Sono in corso perquisizioni negli uffici regionali.

E’ dunque Paolo Arata, docente universitario, ex deputato di Forza Italia e consulente della Lega nell’ambito delle Energie il personaggio principale dell’inchiesta della procura di Palermo che ha ricostruito un giro di tangenti alla Regione per favorire l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, oggi arrestato.

Per i pm Arata, indagato insieme al figlio, a Nicastri e ad altre 5 persone per corruzione e intestazione fittizia di beni, sarebbe un socio occulto dell’imprenditore.

I pm, che hanno disposto l’esecuzione di una serie di perquisizioni alla Regione, parlano di un gruppo imprenditoriale “Arata-Nicastri sviluppatosi in un a serie di operazioni finanziarie, sia ufficiali che non tracciabili” nel settore dell’eolico. Arata ha una serie di relazioni con ambienti politici regionali e nazionali e – scrivono i pm “ha trovato interlocutori all’interno dell’assessorato all’energia, tra tutti l’assessore Pierobon, grazie all’intervento di Gianfranco Miccichè, a sua volta contattato da Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello”.

Secondo i magistrati Arata sarebbe riuscito “ad interloquire direttamente con l’assessore regionale al territorio Cordaro e tramite questi con gli uffici amministrativi dell’assessorato, dopo avere chiesto un’intercessione a Calogero Mannino”.

E’ tornato dunque in carcere Vito Nicastri, imprenditore di Alcamo (Tp) soprannominato il “signore del vento” per avere accumulato una fortuna grazie all’eolico e alle energie pulite.

Nicastri, che era ai domiciliari con l’accusa di concorso in associazione mafiosa dal 2018, è considerato fedelissimo del boss Matteo Messina ed è al centro di una inchiesta su un giro di mazzette che coinvolge diversi funzionari della Regione siciliana contattati per sbloccare procedimenti amministrativi legati alle energie rinnovabili.

L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo.
Nicastri, dai domiciliari, violando le prescrizioni dei giudici, avrebbe continuato a comunicare con l’esterno e fare affari.

Video girati dalla Dia lo ritraggono mentre parla al balcone dei progetti sull’eolico fermi alla Regione. La Procura, che lo teneva sotto controllo, ha chiesto e ottenuto l’aggravamento della misura cautelare.

Indagando su Nicastri e anche grazie alle dichiarazioni di diversi pentiti, i magistrati hanno ricostruito un giro di corruzioni di funzionari regionali siciliani finalizzati a ottenere permessi per progetti legati al mini eolico e alla realizzazione di due impianti di biometano.

Chi è
Vito Nicastri

Arrestato negli anni ’90, tornato in cella nel 2018, già condannato a 4 anni per evasione fiscale, Vito Nicastri, imprenditore trapanese portato in carcere oggi, è uno dei primi ad avere puntato sulle energie rinnovabili che gli hanno consentito di accumulare una fortuna: il Financial Times lo definì anni fa ‘il signore del vento’. Per i pm sarebbe al centro di un giro di mazzette che coinvolge anche funzionari della Regione.

Sei anni fa gli è stato sequestrato dalla Dia un patrimonio di circa un miliardo l’euro. Il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, lo ha indicato come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi. Secondo gli inquirenti sarebbe un referente delle cosche, alle quali si rivolgeva per accaparrarsi i terreni su cui costruire gli impianti in Sicilia e Calabria in cambio di sub-appalti alle ditte a loro legate.

Ha sempre mantenuto costanti contatti con la politica locale in uno “scenario sconfortante”, scrissero i giudici nel decreto di sequestro, fatto di “impressionanti condotte corruttive” che nel tempo coinvolsero funzionari regionali, del Demanio e delle servitù militari. Conosce bene la macchina regionale e ha rapporti con politici nazionali e siciliani. Partito da una cooperativa agricola, trasformatosi in idraulico ed elettricista per avviare aziende impegnate nella riparazione di impianti si è poi convertito diventando imprenditore leader per le energie alternative. Secondo le accuse fin dagli anni ’90 capì che la protezione della mafia era fondamentale per gli affari.

Il suo ruolo è consistito nel fornire una facciata legale ai rapporti inconfessabili tra la grande imprenditoria e le cosche mafiose.

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