Malattia di Crohn e colite ulcerosa: vaccini essenziali per la prevenzione - QdS

Malattia di Crohn e colite ulcerosa: vaccini essenziali per la prevenzione

Raffaele Dario

Malattia di Crohn e colite ulcerosa: vaccini essenziali per la prevenzione

mercoledì 03 Luglio 2019

Presentati a Milano i risultati di un’indagine: scarsa sensibilizzazione sul tema. Orlando (Villa Sofia Cervello): “Vanno eseguiti al momento della diagnosi”

PALERMO – Il soggetto affetto da Malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici) è riconducibile alla categoria del paziente fragile, cioè quell’insieme di individui con un sistema immunitario compromesso. Le Mici (Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa), note anche come Ibd – Inflammatory Bowel Diseases, implicano dunque maggiori rischi di incorrere in complicanze infettive. I rischi infettivi possono essere di origine virale, batterica o fungina.

Patologie senza particolari conseguenze per un paziente con un sistema immunitario efficiente, se contratte da un soggetto immunosoppresso, possono avere effetti anche molto gravi. La tubercolosi latente; l’Epatite A, B e C; l’herpes zoster; le polmoniti batteriche: sono solo alcuni esempi di malattie che possono avere conseguenze molto gravi in un paziente affetto da Mici.

Le strategie da attuare per scongiurare l’aumentato rischio a cui va incontro il paziente affetto da Mici a causa del suo elevato livello di immunosoppressione sono adeguati screening pretrattamento e vaccinazioni. “Gli screening permettono di evidenziare i soggetti predisposti ad alcune infezioni, ossia valutare gli anticorpi specifici del soggetto, per individuare, ad esempio, casi di tubercolosi latente o gli anticorpi per epatite o varicella – spiega Ambrogio Orlando, Responsabile di Unità Semplice Dipartimentale sulle Mici presso l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo. – Ma la strategia su cui puntiamo molto per questi pazienti è la pratica di tutte le vaccinazioni, obbligatorie e non”.

“Le vaccinazioni andrebbero eseguite al momento della diagnosi della malattia infiammatoria cronica intestinale – aggiunge Orlando. – Due sono i motivi. Anzitutto, la vaccinazione eseguita in un soggetto che non ha ancora immunosoppressione ottiene il massimo risultato, ossia una protezione pari a quella della popolazione generale; in soggetti che stiano assumendo farmaci immunosoppressori o biologici, l’effetto della protezione si riduce del 30-40%. Il secondo motivo è che alcuni vaccini con virus attenuati o vivi non possono essere somministrati se il paziente sta assumendo farmaci immunosoppressori e/o biologici perché vi è il rischio di riattivazione del virus”.

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