Coronavirus, al via le prime centomila mascherine "siciliane" - QdS

Coronavirus, al via le prime centomila mascherine “siciliane”

Ivana Zimbone

Coronavirus, al via le prime centomila mascherine “siciliane”

sabato 28 Marzo 2020

Il governo Musumeci ha dato il via libera ai prototipi “made in Sicily”. A progettarle e produrle il Distretto Meccatronica

L’Italia è da ieri il secondo Paese più colpito dalla pandemia dopo Usa e prima della Cina e detiene il triste primato del numero di morti. Tra le principali cause della diffusione del virus, probabilmente, la carenza della disponibilità dei dispositivi di sicurezza individuale per proteggere dal contagio.

Il Belpaese, dopo aver incaricato alla produzione – per decenni – i Paesi in cui il costo della manodopera è più basso (Cina, India, Taiwan, Corea, Turchia), è costretto a riorganizzarsi.

Anche in Sicilia è corsa alla riconversione industriale, soprattutto nel settore tessile. Il governo Musumeci ha dato il via libera ieri ai prototipi ‘made in Sicily’ che, qualche giorno fa, il Distretto produttivo Meccatronica aveva consegnato.

“A giorni arriveranno le prime 100.000 mascherine, i primi 1.000 schermi protettivi 3D per i chirurghi e più di 25.000 kg di gel igienizzante per gli ospedali siciliani. Questa è solo la prima tranche”, annuncia l’assessore regionale alle Attività produttive Girolamo Turano. “Ogni settimana – aggiunge l’assessore – ci sarà una fornitura e i siciliani avranno sistemi di protezione che metteranno la loro vita al sicuro”.

La Protezione civile regionale è stata autorizzata a fare partire gli ordinativi per le forniture di mascherine, gel igienizzante e visiere protettive 3D per i medici degli ospedali pubblici.

Lo stesso assessore Turano, nei giorni scorsi, aveva dichiarato che “aveva già raccolto l’adesione di 20 aziende che, insieme, avrebbero prodotto circa 5mila mascherine in pochi giorni. Ma spiegava che la Protezione civile avesse il compito di selezionare le imprese”.

In realtà l’iter necessario all’autorizzazione alla produzione “in deroga” delle mascherine, regolamentata dagli articoli 15 e 16 del c.d. decreto “Cura Italia” (17 marzo 2020 n.18) segua schemi diversi (vedi articolo in basso, ndr).

L’Istituto superiore della Sanità (Iss) e l’Inail ricevono le richieste dei proponenti, sotto autocertificazione, in cui si assumono la responsabilità della sicurezza dei prodotti. I campioni presentanti dai proponenti non vengono analizzati dall’Iss, ma solo depositati.

In ogni caso, l’autorizzazione alla produzione non sembra essere l’unica difficoltà incontrata dalle aziende siciliane.

A progettarle e produrle sono in Sicilia le aziende del Distretto Meccatronica che ha creato due tipologie di filiere: orizzontale per la produzione massiva dei dispositivi mascherine chirurgiche e diverse filiere verticali per la progettazione, prototipazione e industrializzazione di dispositivi ad alta tecnologia “made in Sicily” da fornire a tutti gli ospedali siciliani per la battaglia contro il Covid-19.

“Alla filiera orizzontale e a quella verticale – ha dichiarato Antonello Mineo, presidente del Distretto Meccatronica – viene aggiunta una filiera logistica, dotata già di 250 camion, che si occuperà della distribuzione.

Sono orgoglioso – sottolinea Mineo, che sta coordinando il gruppo di lavoro – perché gli ingegneri e le aziende del Distretto Meccatronica hanno risposto alla chiamata, mettendo a disposizione il proprio know-how, il personale e la capacità produttiva in uno sforzo encomiabile condiviso, che dimostra come in Sicilia si può e si deve fare rete.

L’assessorato alle Attività produttive, così come la Protezione civile e Confindustria si impegnano nel supporto del fabbisogno stimato, che al momento non si può prevedere in maniera precisa”.

“I prezzi dipendono dal mercato, cercheremo di comprimere i costi il più possibile. La vera necessità riguarda però l’approvvigionamento di materie prime. Le imprese, che si stanno impegnando già nella produzione, non possono occuparsi anche di garantire la continuità della produzione stessa a lungo termine”. Mineo, per accelerare i tempi, si diceva anche disponibile in prima persona a seguire la trafila necessaria pur di arrivare in tempi brevi alla produzione.

Il livello di produttività delle aziende siciliane sembra essere davvero alto ma, forse, non supportato a sufficienza da una rete di forze sinergiche tra loro: “Siamo in grado di produrre da 15.000 a 20.000 mascherine al giorno. Abbiamo mandato i campioni alla Protezione civile, alla Regione, al Ministero della Salute, ma nessuno ci ha ancora risposto”, dichiarava nei giorni scorsi Giacomo Cracchiolo, proprietario di Vestilavoro, azienda capofila del cluster di Meccatronica.

Nel frattempo, non sono mancate le iniziative dei volontari (vedi articolo sotto) che – anche a ritmi durissimi – si sono preoccupati di produrre come meglio hanno potuto dispositivi di sicurezza da regalare a medici e comuni cittadini. È il caso di Elena Bocchetti, farmacista di Comiso che ha realizzato mascherine in doppio strato di cotone con in mezzo un foglio di garza sterile.

C’è persino chi, dopo aver appreso la mancanza del numero adeguato di dispositivi dedicati alla ventilazione per i pazienti Covid-positivi, si è dilettato con successo nella modifica di maschere da sub. “Se avete maschere da sub da donarci contattateci al 389 2120040. Noi le doteremo degli adattatori necessari e le doneremo agli ospedali. La tracciabiità delle donazioni è garantita”, ha detto Rosario Consoli in rappresentanza della ditta Confav.

All’interno del decreto Cura Italia (art. 15) le indicazioni da seguire per la produzione
Istituto superiore della Sanità e Inail chiamati a validare i dispositivi
Il produttore invia autocertificazione che attesta caratteristiche dei Dpi
Il decreto “Cura Italia” stabilisce che per la gestione dell’emergenza Covid-19, e fino al termine dello stato di emergenza è consentito produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni.

All’art. 15, co. 2, si legge che: “I produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche e coloro che li immettono in commercio (…), inviano all’Istituto superiore di sanità una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa.

Entro e non oltre tre giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’Istituto superiore di sanità ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’Iss, nel termine di tre giorni dalla ricezione di quanto indicato, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.

Inoltre (comma 2), i produttori, gli importatori dei dispositivi di protezione individuale inviano all’Inail una autocertificazione nella quale, sempre sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi (…). Anche in questo caso l’Inail, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel presente comma, si pronuncia circa la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale alle norme vigenti

Qualora all’esito della valutazione di cui ai commi 2 e 3 i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore è fatto divieto di immissione in commercio”.

Sul sito dell’Istituto superiore si trovano tutte le istruzioni dettagliate e i moduli scaricabili:
www.iss.it/procedure-per-richiesta-produzione-mascherine
Per inoltrare le istanze: mascherinecovid-19@pec.iss.it



Cresce la rete dei volontari per le mascherine fai da te
L’associazione culturale MutAzioni scende in campo

Mentre le aziende del settore tessile riconvertite sono state – per forza maggiore – impegnate nell’iter burocratico per l’autorizzazione alla produzione, in tutta la Sicilia si è creata spontaneamente una rete di volontari a titolo gratuito. Croce Rossa, artigiani e piccole imprese, ma anche associazioni hanno messo a disposizione tutto ciò che hanno potuto.

Nino Piro – che a Giarre (Ct) ha una tappezzeria – ha 78 anni e ha già distribuito oltre 2.600 mascherine, senza mai fermarsi. “Le nostre mascherine sono realizzate in strati di TNT da 45gr. In mezzo, mettiamo anche un foglio di lana compatta comunemente utilizzata per le cappe da cucina. I nostri non sono dispositivi omologati, ma siamo stati autorizzati dall’Inail. Ne ho distribuite persino al personale medico degli ospedali: al San Marco, al Cannizzaro, al pronto soccorso di Acireale (Ct). I medici le apprezzano e le usano molto più di quelle che sono state spedite alla Regione e che il presidente Musumeci ha fatto vedere in video. Ma le ho date anche al sindaco di Giarre, ai vigili urbani, alle guardie giurate, alla forestale, alle case di cura. Vengono a ritirarle qui da tutti i Comuni”, ha chiosato Piro. “Mio figlio si occupa di turismo e mia figlia è un architetto; entrambi hanno lasciato il loro lavoro per venire qui ad aiutarmi. Adesso iniziamo a chiedere un contributo di 2 euro a mascherina, con registratore fiscale, e solo perché devo pagare le due sarte rientrate a lavoro per lo scopo comune”, ha continuato.

Anche altre realtà si sono proposte per offrire il proprio supporto. L’associazione culturale MutAzioni di Enna chiede all’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza un “aiuto per poter aiutare”: “Molte realtà imprenditoriali del settore tessile desiderano le schede tecniche e le indicazioni precise per la certificazione. Abbiamo bisogno dei carta-modelli per iniziare a produrre. Vorremmo anche poter utilizzare i fondi destinati al nostro progetto ‘Mutazioni: Il sentiero di Kore’ – con bilancio partecipato 2018/2019 – per essere d’aiuto in quest’emergenza sanitaria”.

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Un commento

  1. Giuseppe ha detto:

    Complimenti a tutti coloro che hanno contribuito a tutto ciò. Adesso si deve lavorare per ottenere le certificazioni necessarie. Ulteriore sforzo sarebbe quello di produrre e per la Sicilia ma anche per altre regioni. Ritengo che i costi dei dpi li debba sostenere lo stato e no i privati e nemmeno la regione.

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