Baracche Messina, tappa obbligata in Parlamento - QdS

Baracche Messina, tappa obbligata in Parlamento

Lina Bruno

Baracche Messina, tappa obbligata in Parlamento

martedì 11 Febbraio 2020

Dalla Città dello Stretto si chiede una norma ad hoc per riqualificare le favelas messinesi. Oltre 2.500 immobili in precarie condizioni igienico-sanitarie in cui vivono 7 mila persone

MESSINA – Le baraccopoli messinesi come questione nazionale. “Dopo sessant’anni – ha affermato Marcello Scurria, presidente di ArisMe, agenzia per il risanamento nata nel 2018 – Matilde Siracusano riporta il tema alla Camera dei Deputati. È stata un’occasione importante per ribadire che le 2.400 famiglie non possono più aspettare. Anche lo Stato deve fare la sua parte. Scelga se con una Legge speciale o con la dichiarazione dello Stato d’emergenza, ma decida”.

Non quindi una Legge regionale, come la 10/1990 che stanziò 500 miliardi di lire, che tradotti sono 258 milioni di euro, e di cui sono stati spesi 110 milioni di euro per costruire in 29 anni 498 unità immobiliari. Stavolta, viene chiesto un intervento normativo in Parlamento perché, è stato sottolineato, il degrado di alcune periferie messinesi è diventato un’emergenza di cui il Governo deve farsi carico.

La mostra fotografica a Montecitorio di Federico Ficarra sulle favelas messinesi e il convegno correlato, organizzati dalla deputata di FI Matilde Siracusano, a cui hanno aderito anche Fratelli d’Italia e Lega, sono stati l’occasione per lanciare questa nuova proposta.

Il sindaco Cateno De Luca aveva provato a chiedere, senza esito però, la dichiarazione dello Stato di emergenza e avere così quei poteri speciali che gli avrebbero consentito di avviare lo sbaraccamento, bypassando vincoli e lungaggini burocratiche. Adesso i capigruppo alla Camera dei partiti del centrodestra si sono impegnati a sostenere una norma che va in questo senso, cercando di coinvolgere anche le altre forze politiche.

Almeno questo è ciò che auspica il consigliere comunale Libero Gioveni, che ha invitato il sindaco De Luca a “convocare e a coordinare un tavolo a cui partecipi tutta la deputazione nazionale messinese, senza alcuna distinzione di colore politico, che riesca a raggiungere l’obiettivo di varare una norma esclusiva che tenti di eliminare definitivamente le vergognose favelas presenti nel nostro territorio. Nessun parlamentare messinese si deve sentire accodato o trascinato per inerzia per il raggiungimento di un obiettivo storico per la città ma tutti, indistintamente, si devono sentire protagonisti nella stesura di un disegno di legge da far condividere e approvare al resto del Parlamento, perché la mostra fotografica su questa pagina nera della città non può e non deve rimanere fine a se stessa”.

Ci sono oltre 2.500 immobili tra case, box, depositi, edifici costruiti con materiali di scarto, senza rispettare alcuna norma o alcuna regola edilizia. Sono fabbricati precari, coperti per lo più da eternit, dove vivono circa 2.400 famiglie, più di 7.000 persone. Ma non ci sono ancora numeri certi a cui fare riferimento perché l’ultimo monitoraggio risale al 2002. All’Ars a novembre è stata varata la modifica alla Legge 10 del 1990 che prevede un nuovo censimento degli abitanti della baraccopoli e a quel punto finalmente si potranno avere cifre certe non soltanto sul numero degli immobili, ma anche su quello degli abitanti delle zone di risanamento e sulla loro condizione.

Intanto però c’è il report realizzato dalla Fondazione di Comunità che ha focalizzato l’attenzione in particolare su due aree, forse le più critiche: Fondo Fucile e Fondo Saccà. Tra le questioni emerse è che qui si vive meno che nel resto della città e in particolare la vita media degli ultimi trent’anni è di 70 anni contro i 77 degli abitanti di tutte le altre zone. Un terzo degli abitanti delle due baraccopoli è morto, dal 1990 al 2019, prima dei 65 anni e il 3,7 per cento dei decessi è avvenuto nel corso dei primi mesi di vita, con una mortalità perinatale che è quattro volte più alta rispetto al resto della città.

La strada per il Risanamento che sembrava la più veloce, scelta dall’Amministrazione e da ArisMe, per avere case disponibili da assegnare è quella dell’acquisto ma il mercato non ha risposto secondo le aspettative e continua a esserci reticenza a vendere al Comune.

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