Messina, lotta alla pesca illegale a Capo Peloro - QdS

Messina, lotta alla pesca illegale a Capo Peloro

Lina Bruno

Messina, lotta alla pesca illegale a Capo Peloro

martedì 16 Giugno 2020

Ha preso il via proprio in questi giorni la fase operativa del cosiddetto Progetto Master. La scarsa attenzione per l’ambiente marino ha creato, nel corso degli anni, notevoli disagi

MESSINA – Un giorno ci sarà, forse, anche un’oasi marina, integrata alla già esistente riserva naturalistica intorno ai due laghi di Ganzirri, ma per il momento a Capo Peloro si sta finalmente iniziando a lavorare per contrastare la pesca illegale e ripristinare l’equilibrio naturale nella fascia costiera.

Dopo la consegna dei lavori alla Sogemar Costruzioni, il prossimo passo sarà il sopralluogo per localizzare l’area d’intervento e l’istituzione del tavolo di studio con l’Università. Ha preso così avvio la fase operativa di attuazione del Progetto Master, misure anti strascico, tutela e ripopolamento, ammesso a finanziamento dalla Regione Siciliana nell’ambito del programma operativo Feamp Italia 2014/2020. Avrebbe certamente dato un contributo anche in questa fase l’ex consigliere della VI Circoscrizione Giuseppe Sanò, morto tragicamente durante un’immersione un mese fa, che si è speso in prima persona fin dal 2014 per questo progetto, seguendolo nel suo lungo iter, dalla predisposizione e interlocuzione con l’ex assessore comunale alle Politiche del mare Sebastiano Pino e i funzionari regionali, fino all’approvazione e finanziamento.

Il Progetto nasce per creare un’area di Tutela biologica a Capo Peloro, per combattere l’over-fishing, le attività di pesca non sostenibile, la distruzione di interi habitat e di segmenti della catena trofica e la perdita della biodiversità. Questi fenomeni hanno provocato, come è stato sottolineato nella relazione allegata al Piano finanziato, una perdita di posti di lavoro e di professionalità arrecando un danno oltre che di carattere economico-sociale anche sull’identità del luogo, legato a un’antica tradizione dove il rapporto con il mare si è sempre coniugato con le attività di pesca senza prescindere dal rispetto dei cicli di vita delle varie specie di pesci che invece in parte sono sparite e altre rischiano l’estinzione.

Il progetto esecutivo ha avuto il supporto tecnico di Guido Beltrami della Tecnoreef, società che si occupa di barriere artificiali sommerse e già realizzate anche in diverse parti della Sicilia. Il costo dell’intervento si aggira intorno ai 300 mila euro ed è prevista la realizzazione in mare di un’areale dedicato, attraverso l’immersione di moduli e accessori in grado di esaltare la biodiversità, e contrastare l’azione della pesca a strascico illegale. Le “Unit Reef e gli stop net” sono poste entro le tre miglia dalla linea di costa e a una profondità compresa tra i venti e i quaranta metri. Oltre al posizionamento delle barriere che impediscono l’azione distruttiva delle reti, sono previste anche delle piastre esagonali messe a piramide che riproducono le condizioni per il ripopolamento della fauna ittica. La zona interessata è in particolare la porzione di fascia costiera in cui avviene la gran parte dei fenomeni riproduttivi. L’obiettivo è anche quello di diversificare la tradizionale fonte di reddito derivante dall’attività di pesca intensiva con sistemi a strascico, con l’attività di pesca turismo.

Nel nuovo contesto, se nel frattempo non si è dispersa l’essenza del progetto, deve cambiare anche l’approccio del pescatore, quasi il gestore di un tratto di mare attraverso l’azione di pesca programmata sia nei tempi che nelle modalità e nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale.

“Già in settimana – ha evidenziato l’assessore alle Politiche del mare Dafne Musolino – sarà effettuato un sopralluogo con la Capitaneria di Porto finalizzato alla individuazione del punto in cui collocare le strutture e, parallelamente, istituirò il tavolo di studio con l’Università degli Studi di Messina, Dipartimento di Scienze, con cui è stata stipulata un’apposita convenzione, per concordare l’avvio delle fasi di analisi e di monitoraggio del progetto, che costituirà un importante laboratorio sul campo, di indagine della flora e della fauna locale, i cui risultati avranno risalto anche ai fini del riconoscimento della Bandiera blu per Capo Peloro”.

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