Reddito di cittadinanza in Sicilia, una marea da settanta milioni di euro al mese - QdS

Reddito di cittadinanza in Sicilia, una marea da settanta milioni di euro al mese

Michele Giuliano

Reddito di cittadinanza in Sicilia, una marea da settanta milioni di euro al mese

sabato 22 Giugno 2019

Il trend nazionale sembra davvero andare oltre quelle che sono state le stime del governo e questo potrebbe quindi significare che i fondi accantonati per tale misura non basteranno. Intanto saltano fuori i primi furbetti, 25 denunciati ai 9 comandi provinciali dei Carabinieri al 31 maggio. L'incognita dei navigator. Sergio Saltalamacchia, direttore regionale dell'Inps, fa un bilancio di questi primi mesi

PALERMO – La Sicilia dei record. E non poteva essere altrimenti se si parla di Reddito di cittadinanza, il sussidio introdotto (con legge n. 26/2019 di conversione del decreto legge n. 4/2019) dal governo nazionale a chi è disoccupato o comunque ha redditi molto bassi, al di sotto della soglia di sopravvivenza.

Al 30 aprile, ultimo dato disponibile su base regionale dall’Inps, che ha il compito di esaminare le istanze per l’approvazione o il rigetto, sono 161 mila coloro i quali hanno presentato domanda per l’accesso al beneficio. Di più ha fatto solo la Campania con 172.175, l’Isola ha addirittura più che doppiato regioni come Lazio (che ha lo stesso numero di abitanti) e Lombardia (che ne conta però il doppio). C’è chi giura, tra gli addetti ai lavori, che si rischia di superare anche le stime di Svimez e Banca d’Italia che per la Sicilia avevano previsto all’incirca 350 mila beneficiari.

Intanto il trend nazionale sembra davvero andare oltre quelle che sono state le stime del governo e questo potrebbe quindi significare che i fondi accantonati per tale misura non basteranno. Ad oggi difficile poter dire se effettivamente sarà così anche perché le somme stanziate per ogni beneficiario hanno una forbice enorme: c’è chi addirittura prende anche meno di 100 euro al mese, chi (in pochi a dire il vero, nda) può arrivare anche all’intera cifra disponibile di 740 euro mensili (dipende da una serie di variabili sulla condizione del richiedente).

I sindacati, così come gli istituti di ricerca, si rincorrono per smentirsi: le stime sono totalmente divergenti e c’è al contrario chi sostiene che ci sia stata una sopravvalutazione del fenomeno povertà. Se proprio si vuole azzardare una stima economica, basta prendere come modello di riferimento il dato medio dell’assegno erogato ad oggi che è pari, su scala nazionale, a 540 euro: considerando che sono 117 mila le domande accolte in Sicilia, solo in questa regione la spesa mensile si aggirerebbe sui 63 milioni di euro, quindi 750 milioni di euro l’anno. Ovviamente dati assolutamente parziali e, mano a mano che passeranno i mesi, c’è da giurare che la cifra di chi chiederà l’accesso al sussidio aumenterà ancora.

La Uil è convinta che le cifre a regime saranno molto più alte e addirittura stima che solo Sicilia e Campania costerebbero ogni anno ben 5 miliardi di euro. Al di là di ogni possibile dato aleatorio, la realtà oggi dice che ci sono delle oggettive incognite soprattutto nella gestione di questa enorme mole di persone il cui obiettivo principale sarà quello di ricollocarle nel mercato del lavoro.

Dovranno pensare a questo i cosiddetti navigator, dei veri e propri tutor che seguiranno passo passo il disoccupato per collocarlo adeguatamente rispetto alle proprie competenze. Al di sopra di ogni considerazione potranno 429 persone, tanti quanti sono i posti resi disponibili nell’isola per i navigator, riuscire a gestire una mole così enorme di aventi diritto? E se sì, in che modo? Intanto è già partito il quizzone per le selezioni ma manca un accordo quadro generale per tutte le Regioni, ciò significa che saranno stipulate delle singole convenzione tra Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche del lavoro che gestisce per l’appunto i navigator, e i vari governi regionali. E non è solo questo l’aspetto più preoccupante.

In questo percorso da non dimenticare che ci sono anche i Comuni coinvolti, i quali dovranno gestire i piani di inclusione e attivare i lavori socialmente utili, la famose 8 ore settimanali che ogni beneficiario del reddito di cittadinanza dovrà svolgere. Proprio di questo recentemente si è parlato a Messina nel corso di un convegno organizzato dal Rotary club Stretto di Messina e le considerazioni sono state tutt’altro che positive: “Il nostro compito – ha commentato l’assessore alle Politiche sociali, Alessandra Calafiore – è favorire le iniziative di inclusione, ma non ci sono le risorse adeguate. Inoltre, il basso livello di scolarità è un altro ostacolo all’inserimento lavorativo e, quindi, si devono prevedere determinati percorsi di formazione. Si ridurrà a una misura assistenziale, perché sarà difficile collocare i tanti soggetti in attività lavorative che, in città, non ci sono per tutti. Sarebbero serviti tempi più lunghi per organizzarsi al meglio. È mancato un coordinamento che avrebbe reso efficace la misura”.


Sergio Saltalamacchia, direttore regionale Inps, fa un bilancio di questi primi mesi

Almeno in Sicilia le pratiche burocratiche di competenza dell’Inps sembrano non soffrire di particolari situazioni. Ad assicurarlo il direttore regionale dell’istituto, Sergio Saltalamacchia, che non si sbilancia su fenomeni di evasione o su stime che ogni giorno vengono fuori attorno al Reddito di cittadinanza.

Dalle stime fatte sembra che la Sicilia e la Campania possano assorbire quasi del tutto il budget del Reddito di cittadinanza…
“Non siamo a conoscenza di stime tali da fare immaginare un completo assorbimento, da parte della Sicilia e della Campania, di tutte le risorse stanziate. I dati che abbiamo pubblicato sul nostro sito istituzionale ci danno, infatti, un quadro ben diverso e siamo ben lontani dal totale utilizzo delle risorse disponibili”.

Tra il numero di domande presentate e l’effettiva povertà che si riscontra in Sicilia vi è un riscontro statistico?
“Anche qui, non possiamo far altro che rifarci ai dati ufficiali sul numero di domande presentate. Dati pubblicati e puntualmente aggiornati sul nostro sito istituzionale, che certamente si prestano ad analisi e studi comparativi e di raffronto, che tuttavia esulano dal nostro compito istituzionale”.

L’iter di verifica delle istruttorie sta viaggiando complessivamente bene o vi sono delle criticità da risolvere?
“Ci riferiamo, ovviamente, solo alla Sicilia, per confermare che, già nelle prime fasi di lavorazione delle domande non abbiamo registrato alcuna criticità. Oggi abbiamo processato quasi l’80% delle domande e solo il restante 20% riguarda quelle ancora in fase di istruttoria. Va ricordato a riguardo che già dal primo mese di vigenza della prestazione siamo stati in grado di assicurare puntualmente il pagamento, entro il 15 del mese successivo. Anche i collegamenti esclusivamente telematici con Caf, Poste e Patronati hanno sempre assicurato il regolare svolgimento di ogni operazione necessaria al controllo ed alla definizione delle domande”.


Piero Ceraulo, segretario generale Fillea Cgil Palermo

A fare da apripista è stata una coppia di coniugi delle Madonie, nel palermitano. Entrambi denunciati con l’accusa di indebita percezione del reddito di cittadinanza.

Da allora ad oggi, e parliamo appena di una manciata di settimane, in Sicilia sono già ben 25 i casi scoperti di chi percepiva il Reddito di cittadinanza lavorando in nero.

Una doppia beffa per lo Stato che si vede evadere le imposte da lavoro e tributarie per il lavoratore sommerso e che per di più gli eroga un lauto sussidio. La “regina” dei furbetti al momento è Palermo che dei 25 beccati ne ha contati ben dieci. I casi più frequenti di lavoratori in nero hanno riguardato sino ad oggi il settore edile, o ancora attività commerciali e della ristorazione.

“Sono centinaia le denunce fatte dalla Fillea in questi anni per lavoro irregolare: pochissimi restano invece i controlli – ha commentato il segretario generale Fillea Cgil Palermo Piero Ceraulo -. Il fenomeno del lavoro nero è in aumento ma non perché ci sono i lavoratori che percepiscono il Reddito di cittadinanza e fanno i furbi con lo Stato. Il lavoro irregolare in edilizia c’era e continua ad esserci, perché è strutturale, ma viene combattuto con armi spuntate. C’è una condizione di ricatto dovuta alla crisi decennale del settore, dove il lavoro nero spesso è l’unica alternativa per il lavoratore, costretto ad accettare un salario basso, senza diritti. Per questo chiediamo controlli serrati e non per spot”.

Coloro che lavorano in nero e percepiscono il Reddito rischiano innanzitutto sanzioni penali. è punito infatti con la reclusione da due a sei anni chi rende dichiarazioni o produce documenti falsi o attestanti informazioni non vere ovvero omette informazioni dovute.

Pene inferiori, da uno a tre anni, sono invece previste per coloro che non comunicano variazioni di reddito o altre informazioni comunque rilevanti per la riduzione o la revoca del Reddito, entro i seguenti termini.

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