Referendum sul taglio dei parlamentari, un Sì che aiuta la Democrazia. Ma per molti è demagogia - QdS

Referendum sul taglio dei parlamentari, un Sì che aiuta la Democrazia. Ma per molti è demagogia

redazione

Referendum sul taglio dei parlamentari, un Sì che aiuta la Democrazia. Ma per molti è demagogia

mercoledì 02 Settembre 2020

La qualità dell’azione politica dipende dalla competenza e non dal numero di deputati e senatori. L'ex premier Letta, "Il Sì ci obbliga alla riforma della legge elettorale". Marano (M5s), "Rappresentatività a rischio? è la solita resistenza di fronte al taglio dei costi della politica". Il fronte del No, Mancuso (Fi), "Populismo becero e insignificante, ricordate l'abolizione delle Province in Sicilia?". Fava (Cento Passi), "Solo demagogia, si risparmia un caffé: voto no"

di Paola Giordano e Patrizia Penna

Il bombardamento mediatico è iniziato già qualche settimana fa. Mentre la partita per i cittadini si gioca tra il sì e il no al referendum sul taglio dei parlamentari, per molti partiti politici che spesso faticano a trovare compattezza si è aperto un terzo “varco” rappresentato dalla “libertà di voto”: una sorta di via di fuga di fronte all’impossibilità di individuare una linea comune.

L’appuntamento con il referendum del 20 e 21 settembre ha messo in confusione persino un politico di lungo corso come Silvio Berlusconi. “Sono molto perplesso”, ha chiosato il leader di Forza Italia. “Il taglio è una scelta che avevamo adottato dal 2005 con la nostra riforma costituzionale cancellata dalla sinistra. Questo è un taglio che non si inquadra in una riforma complessiva e che avrà l’effetto di ridurre gli spazi di democrazia. Io sto ancora riflettendo sul mio voto fermo restando la libertà di voto assoluta per i nostri militanti ed eletti”, ha concluso.
Fate vobis, dunque.

Tra i pochi, all’interno della coalizione di centrodestra, ad avere le idee chiare, c’è Fratelli d’Italia che, attraverso la voce di Giorgia Meloni ha ribadito la sua posizione chiara e netta per il sì: “Ma attenzione – ha precisato la leader di FdI – per noi la vera battaglia non è questa: il test politico per il governo sono le regionali. I 5 stelle invece voglio spostare tutto il focus del voto del 20 e 21 settembre sul referendum: è un modo per evitare di dare peso al voto sui governatori. E non capisco perché nel centrodestra si dia sponda a questo tentativo visto che il referendum pesa zero sul governo”.

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha formalizzato il suo Sì al referendum ma all’interno del Partito democratico il dibattito resta particolarmente acceso.
Al netto della politica che cerca sempre di salvarsi in calcio d’angolo, la consapevolezza è che l’appuntamento del 20 e 21 settembre rappresenta un test significativo per “misurare” lo scollamento tra cittadini e politica. L’esito è tutt’altro che scontato.

Quello per cui gli italiani si recheranno alle urne i prossimi 20 e 21 settembre è un referendum popolare confermativo che tira in ballo la riduzione del numero dei parlamentari da 945 a 600 (parlamentari eletti nella circoscrizione Estero compresi). Un taglio netto del 36,5%.
Alla Camera si passerebbe da 630 a 400 deputati, mentre in Senato la sforbiciata eliminerebbe 115 poltrone, scendendo dagli attuali 315 senatori elettivi a 200. Verrebbe inoltre introdotto un tetto massimo dei senatori a vita fissato a cinque.

L’11 luglio 2019 l’Assemblea del Senato ha approvato in seconda deliberazione, a maggioranza assoluta, il disegno di legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019. La proposta di legge costituzionale era stata approvata, in sede di prima deliberazione, dalla Camera il 9 maggio 2019 e dal Senato il 7 febbraio 2019, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge costituzionale 214, 515 e 805 (rispettivamente d’iniziativa dei senatori Quagliariello; Calderoli, Perilli; Patuanelli, Romeo).

Il disegno di legge costituzionale approvato dal Senato è stato trasmesso alla Camera dei Deputati l’11 luglio 2019 e assegnato alla I Commissione Affari Costituzionali in sede referente il 16 luglio 2019.
Ai sensi dell’art. 138 della Costituzione, le leggi di revisione della Costituzione sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi. Quando nella seconda votazione non è̀ raggiunta la maggioranza di dei 2/3 dei componenti di ciascuna Camera, la legge è sottoposta a referendum popolare se, entro tre mesi dalla sua pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Nel caso in questione a richiedere di sottoporre la riforma al vaglio popolare sono stati 71 senatori.

La legge sottoposta a referendum non è̀ promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non sarà necessario raggiungere il quorum: sarà sufficiente anche un solo voto in più per il sì o il no.

Le ragioni del “NO”, Michele Mancuso (Fi): “Grave danno alla rappresentanza democratica. Ricordate l’abolizione delle Province?”

On. Mancuso, sul taglio dei parlamentari, all’interno di Fi e, più in generale, di tutto il centrodestra, sussistono orientamenti diversi. Lei cosa ne pensa?
“Penso che questa sia una grande occasione per mettere fine al populismo, nel senso che votare no oggi significa prendere atto del fatto che il risparmio non sta certamente nel taglio dei parlamentari, come dimostrano diversi studi fatti in merito. Il taglio dei parlamentari oggi sarebbe solo un grave danno alla rappresentanza democratica sul territorio. Votare no, secondo me, significa continuare a dare rappresentanza. Se per qualcuno il problema è quello di avere parlamentari più o meno bravi, questo non sta nel numero perché i bravi e i meno bravi si possono avere su 10 o su 1.000, non cambia nulla. Noi abbiamo in Sicilia un esempio emblematico del fatto che proprio per andare dietro al populismo becero e insignificante è stato prodotto un danno irrecuperabile: mi riferisco all’abolizione delle Province. Serviva a fare risparmiare e invece abbiamo perso 5 miliardi di euro di trasferimenti dallo Stato alle Regioni per le province in poco più di cinque, sei anni, cioè abbiamo perso migliaia di milioni di euro su interventi per le scuole che dipendevano dalle province, sulla viabilità provinciale che è ormai abbandonata a se stessa, sui servizi socio-assistenziali che dipendevano dalle province. Adesso ci ritroviamo sì dei carrozzoni irrecuperabili, con centinaia di dipendenti demotivati, che non hanno più la motivazione e gli obiettivi che avevano con l’esistenza della rappresentanza democratica. Quella mossa fu compiuta solo per togliere consiglieri provinciali che rappresentavano un costo: non era così perché erano un costo ma che aveva un ritorno di utilità alla società che valeva molto di più di quello che è stato ‘risparmiato’ con il taglio delle province. Bene, questo dei parlamentari credo che abbia lo stesso approccio: facciamo finta di risparmiare ed intanto eliminiamo un po’ di gente che, invece, difende la democrazia perché di questo si tratta. Per cui io sono assolutamente per il no e auspicherei che il presidente Berlusconi desse un indirizzo preciso ma mi rendo conto che quando si è in una coalizione bisogna rispettare l’insieme delle parti e quindi è giusto che un leader non si sbilanci più di tanto. D’altro canto, abbiamo giuristi e anche rappresentanti di centro, di destra e di sinistra che la pensano in questo modo (sostengono il no, ndr) e mi auguro che la gente non si faccia trasportare dall’impeto di eliminare l’omino politico di turno quando invece, alla fine, si taglia semplicemente una rappresentanza di legittimità democratica eletta dalla gente”.

Le ragioni del “SI”, José Marano (M5s): “Riduzione degli spazi di democrazia? E’ la solita resistenza di fronte ai tagli”

Onorevole Marano, perché votare sì al referendum?
“Per quanto mi riguarda e per quanto riguarda il Movimento 5 stelle, il tema dei costi della riduzione della politica è uno degli obiettivi che abbiamo perseguito da sempre, fin da quando non eravamo ancora dentro le Istituzioni. Ora che siamo dentro le Istituzioni continuiamo a portare avanti quello che, appunto, sin dall’inizio è uno degli obiettivi più importanti del nostro programma e dei nostri principi: bisogna ridurre i costi della politica, è necessario”.

I sostenitori del no in Sicilia lamentano il rischio per l’Isola di una minore rappresentatività degli elettori, cioè si ridurrebbe il numero dei rappresentanti: è così?
“Assolutamente no. In questi ultimi giorni ho visto che coloro che sostengono il no sono molto accaniti su questa argomentazione. Si tratta, a mio avviso, del solito accanimento che si manifesta quando si deve tagliare qualcosa. Questo mi fa pensare, ad esempio ai vitalizi in Regione ed anche in Parlamento. Non è così, non c’è alcun rischio. Per prima cosa ci stiamo allineando al resto dell’Europa. L’Italia è il paese con il numero più alto di parlamentari eletti dal popolo: dopo il nostro Paese con 945 parlamentari, ci sono la Germania che ne ha 700, la Gran Bretagna con 650 e e la Francia con meno di 600. Dunque non stiamo facendo niente di anomalo che non sia già realtà negli altri Paesi europei. C’è anche da considerare il fatto che i parlamentari nazionali, di norma, è cosa buona e giusta che sul territorio possano lavorare con i consiglieri regionali e con i consiglieri comunali. Quindi la rappresentatività del popolo c’è a tutti livelli e su tutti livelli si può tranquillamente lavorare e portare avanti i progetti per il territorio. Se si pensa pure che ci sono parlamentari che arrivano in Parlamento per star lì e non fare il proprio lavoro, che non portano avanti gli obiettivi per cui sono stati eletti e si pigliano solamente lo stipendio si capisce bene che sarebbe meglio fare una sfoltita”.

Nessun rischio dunque per la rappresentatività del popolo?
“No, perché non si stanno riducendo a 150 il numero dei parlamentari. Il tutto verrà ripartito per assicurare a tutti territori di essere rappresentati”.

Fava (Cento Passi) vota “NO” e afferma “Si risparmia solo un caffè l’anno. Il taglio dei deputati è solo demagogia”

“Voterò no al referendum perché il taglio dei parlamentari è la più infantile e demogogica delle riforme”.

Lo ha affermato, intervenendo sulla questione, il presidente della Commissione regionale Antimafia Claudio Fava (Cento Passi), aggiungendo : “Se non vi piacciono questi parlamentari o questi partiti, non votateli! Ma sputare sul Parlamento, che è la più alta garanzia democratica per questo Paese, è solo un esercizio di facile populismo (per risparmiare in un anno il costo di una tazzina di caffè…)”.

“Meno parlamentari – ha spiegato Fava in un post sulla propria pagina Facebook  – vuol dire meno rappresentanza e più potere ai segretari di partito. Come dice Luciano Canfora: solo demagogia primordiale!”.

Facsimile scheda già on line: 51,5 milioni al voto

È on line sul sito del servizio elettorale – informa il Viminale – il facsimile della scheda per il referendum costituzionale confermativo che si svolgerà il 20 e 21 settembre. Questo il testo del quesito stampato sulla scheda: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?”.

I cittadini con diritto di voto possono esprimersi barrando la casella del sì o del no. Per il referendum costituzionale confermativo, a differenza del referendum abrogativo, non è previsto il raggiungimento di un quorum di validità: l’esito referendario è comunque valido indipendentemente dalla percentuale di partecipazione degli elettori. Hanno diritto al voto 51.559.898 cittadini, di cui 4.616.344 all’estero. I maschi sono 25.021.636, le femmine 26.538.262 (rilevazione semestrale del 31/12/2019).

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