Regione, quel pasticciaccio dei fondi Ue. Perché nella Sicilia affamata mancano idee e progetti - QdS

Regione, quel pasticciaccio dei fondi Ue. Perché nella Sicilia affamata mancano idee e progetti

Dario Raffaele

Regione, quel pasticciaccio dei fondi Ue. Perché nella Sicilia affamata mancano idee e progetti

martedì 26 Novembre 2019

Fesr 2014-2020: dopo la certificazione all’ultimo minuto del 2018 (con grave danno per i beneficiari dei contributi che li ricevono in ritardo), a novembre 2019 certificati solo 12 mln. Intanto la Commissione europea blocca i pagamenti passati per l’utilizzo di progetti vecchi

Ci risiamo. La Regione, come consuetudine resta immobile sulla certificazione della spesa dei fondi europei. Per poi affrettarsi a certificare alla Commissione europea nelle ultime due settimane di dicembre. Con grave danno per i beneficiari dei contributi che, ancora una volta, potranno vedersi effettuare i rimborsi non prima di marzo/aprile (vogliamo essere ottimisti, nda) del 2020.

Al 21 novembre, secondo quanto ci ha riferito la Commissione europea, la Regione siciliana ha certificato solo 12.100.404,58 di euro a valere sui fondi Fesr 2014/2020 per l’anno in corso. Poco più di un milione al mese dunque, su una dotazione complessiva – lo ricordiamo – di 4,27 miliardi.
Prevedibile dunque la corsa alla certificazione per non perdere la disponibilità di queste risorse (entro fine anno dovranno essere spesi e certificati 404 milioni di euro per evitare il loro disimpegno).

Al 30 giugno del 2019 la spesa certificata ammontava a 769 milioni, appena il 18% del totale disponibile, quando manca poco più di un anno alla scadenza naturale del settennato di programmazione Ue (in realtà, grazie alla formula “N+3”, ci saranno altri tre anni di tempo per spendere tutto e, possibilmente, bene).

Ma il problema resta sempre lo stesso. Mancano le idee, mancano i progetti, nonostante la Sicilia sia una terra “affamata” di fondi, necessari per far ripartire l’economia, per realizzare le infrastrutture, per creare occupazione, per adeguare dal punto di vista della sicurezza il territorio, per mettersi al passo con quanto richiede l’ambiente.

Ma questi fondi, finiscono invece per diventare quasi un peso, di cui “sbarazzarsi” il prima possibile, solo per dire all’opinione pubblica di aver fatto il compitino e all’Ue di aver compiuto il proprio dovere, evitando da una parte il disimpegno degli stessi e dall’altro garantendosi un nuovo flusso. E proprio per questo, pur di far apparire come speso denaro che invece resta a marcire nei “cassetti” dell’Ue, la Regione ha spesso utilizzato lo stratagemma dei progetti retrospettivi. Progetti pensati originariamente per essere realizzati con altri fondi (non di origine europea) spostati frettolosamente a fine anno sotto altri capitoli di bilancio, per l’appunto quelli legati ai fondi europei. Così è stato fatto negli ultimi anni. Così è stato fatto l’anno scorso (come abbiamo documentato in diverse inchieste pubblicate sul nostro giornale). Così speriamo non si faccia quest’anno.

Per questo abbiamo provato a sentire Patrizia Valenti, Autorità di certificazione della Regione Siciliana. Ma tra i siciliani (che vogliono sapere) e la fonte ufficiale dei dati, si è innalzato come sempre il classico muro di gomma. Mancate risposte alle email, alle telefonate, ai messaggi, continui rimandi a tempo indeterminato, l’obbligo di passare dall’ufficio stampa della Presidenza della Regione (il dott. Fabio Di Pasquale, nda) che dopo l’ennesima gentile richiesta di dati (perpetrata per diverse settimane, ma si sa… i tempi della burocrazia…) è stato capace solo di dirci: “In questi giorni non è possibile. Prossima settimana vediamo”, o ancora “quando avremo qualcosa da dire lo faremo con un comunicato stampa”.

Nessuna risposta riguardo al rimborso (comunque tardivo) agli imprenditori beneficiari dei fondi Fesr certificati per il 2018. Hanno ricevuto quanto loro dovuto dalla Regione? Perché questi fondi sono stati tenuti sui conti correnti della stessa per mesi e mesi, mentre gli imprenditori soffocati dai debiti erano costretti a chiudere l’attività? E quanto è stato effettivamente speso e certificato dalla Regione per questo 2019 che volge ormai al termine?

Evidentemente la Regione su questi punti non ha nulla da dire, o magari vuole solo nascondere la realtà dei fatti, il non fare o il “fare con i tempi della burocrazia”.

Realtà che ci è stata svelata dalla Commissione europea: la Regione siciliana ad oggi, per il 2019, è stata capace di certificare la miseria di 12 milioni. E le imprese falliscono. E i cantieri restano fermi. E i siciliani sono sempre più con il cappio alla gola.

Dario Raffaele


Intervista a Luigi Sunseri, vice presidente commissione Ue all’Assemblea regionale siciliana e componente gruppo Movimento Cinquestelle all’Ars

Manca una reale programmazione nella spesa dei fondi comunitari

luigi sunseri

Onorevole Sunseri, sono stati consegnati i soldi spesi e certificati nel 2018 ai richiedenti dei progetti?
“Lo scorso anno il target di spesa che doveva essere raggiunto era pari a 720 milioni di euro, cifra che è stata coperta con l’inserimento di due grandi progetti retrospettivi, di cui si è ampiamente parlato. Ma la Commissione Europea a fine estate ha inviato una lettera in cui diceva che quella spesa non era giustificabile e di conseguenza ha deciso di interrompere i pagamenti e di conseguenza anche i pagamenti da parte della Regione si sono interrotti. Quindi, l’obiettivo che doveva essere raggiunto lo scorso anno di fatto è stato falsato dall’inserimento di progetti che in realtà non potevano essere inseriti. Le carenze rilevate riguardano in particolare procedure di scelta molto generiche delle operazioni da ammettere a cofinanziamento all’interno del programma.
Stiamo parlando dei progetti Retrospettivi, i ‘non-nativi’: opere che sono in realtà già in costruzione ma finanziate con soldi dello Stato o delle Regioni, di cui si chiede il rimborso. Senza l’inserimento di tali progetti la Regione Sicilia, al 31 dicembre 2018, non avrebbe mai potuto raggiungere il target N+3 ma, come abbiamo più volte ribadito e denunciato, i progetti retrospettivi non sono altro che un escamotage amministrativo studiato dai tecnici di Palazzo d’Orleans per provare a mettere una pezza alla pessima gestione dei Fondi europei”.

Perché in Sicilia non funziona il sistema dei fondi extra regionali?
“Manca una reale programmazione. Nel momento in cui non riesci a programmare ti ritrovi a dover spendere dei soldi entro la fine dell’anno, perché l’Ue ti obbliga a spendere dei soldi per dirti: ok, sei stato bravo a spendere dei soldi e quindi possiamo continuare con i pagamenti, ma nel momento in cui questa cosa non si riesce a fare, la Regione per raggiungere l’obiettivo di spesa inserisce vecchi progetti che non fanno parte della programmazione attuale”.

Di chi è la responsabilità di questa mancata capacità di programmare?
“La responsabilità è sia politica che amministrativa; è degli uffici che devono portare avanti le pratiche ma anche della politica nella programmazione dei fondi comunitari. La Sicilia in questo ambito è tra le peggiori regioni d’Italia.
Le cause sono molteplici: a cominciare da una iperburocratizzazione, all’incapacità di portare avanti le pratiche, dall’incapacità programmatica perché si inseriscono progetti difficili da portare a compimento al coinvolgimento di vicende giudiziarie: ad esempio la Siracusa-Gela è una di quelle grandi opere che doveva essere realizzata con i fondi comunitari e invece ad oggi è bloccata dalla magistratura perchè sono stati arrestati imprenditori e funzionari”.

Pensa di prendere iniziative in merito alla mancanza di capacità di programmare la spesa?
“I primi di dicembre incontrerò il capo della Commissione europea della direzione generale per la politica regionale ed urbana, la Dg Regio, per fare il punto della situazione perché il rischio del disimpegno delle somme è concreto e la Sicilia non si può permettere di perdere questa opportunità”.

Raffaella Pessina

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