Regione, soldi ci sono ma non si spendono - QdS

Regione, soldi ci sono ma non si spendono

Carlo Alberto Tregua

Regione, soldi ci sono ma non si spendono

sabato 10 Agosto 2019

Alla fine del 2018, la Regione siciliana disponeva di risorse europee, pronte per essere spese, da attingere allo sportello di Bruxelles, secondo quanto segue: Fse (Fondo sociale europeo) 820 milioni, Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) 4,3 miliardi, Feamp (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) 118 milioni e Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) 2,21 miliardi.
Inoltre, erano disponibili presso lo sportello di Roma i fondi di Sviluppo e Coesione (Fsc), per un ammontare di 1,8 miliardi. L’allora governo Renzi fece una norma che istituì il Patto per il Sud, che firmò con numerose istituzioni meridionali, per un ammontare complessivo di 2,3 miliardi di euro.
Dall’elenco che precede risulta del tutto evidente che sono a disposizione della Regione e degli enti locali siciliani, oltre 11,5 miliardi. Dunque, i soldi ci sono. Però, per misteriose cause patologiche, non vengono spesi.
Per esempio, se va tutto bene, la Regione quest’anno riuscirà a spendere la misera somma di 400 milioni, mentre se funzionasse adeguatamente, avrebbe potuto spendere e certificare, complessivamente, anche 4 miliardi.

Non si capisce perché circa 1.200 dirigenti e circa 12mila dipendenti regionali non siano in condizione di porre mano alla spesa dei fondi disponibili per immettere nel circuito finanziario della Sicilia le indispensabili risorse finanziarie di cui l’economia ha bisogno, come le persone dell’ossigeno.
Da mattina a sera e da sera a mattina, i dirigenti regionali preposti ai fondi europei e statali dovrebbero porsi il problema di attivare tutti i meccanismi di spesa.
Sappiamo bene, per numerose inchieste a riguardo che abbiamo svolto in questi decenni, che molto dipende dagli enti locali i quali non inviano progetti redatti in conformità ai regolamenti europei, perciò bocciati puntualmente. Ma la Regione dispone del cosiddetto potere sostitutivo, quindi può intervenire per accelerare i processi di formazione dei progetti. Non è che manchino i cantieri da finanziare.
Ma questo è un altro discorso e riguarda i cantieri già finanziati che per circostanze misteriose (ma non tanto), continuano a restare chiusi. è questo il secondo grave danno per l’economia della nostra Regione.
Vi è il capitolo della Formazione regionale (Fondi Fse) per la quale è prevista una spesa quest’anno di 125 milioni: soldi buttati al vento perché coloro che partecipano ai corsi non trovano ugualmente occupazione in quanto non acquisiscono competenze.
Di fatto, i corsi di formazione servono a finanziare i formatori: si tratta di una sorta di ammortizzatore sociale non utile alla necessità primaria della nostra economia, che è quella di disporre di competenti, che lo possono diventare con un processo innovativo e aggiornato ai meccanismi di crescita.
Vi sono poi i Fondi per l’Agricoltura e per la Pesca, i quali dovrebbero essere impiegati al cento per cento, per innovare il naviglio armatoriale da un canto, ed estendere nel territorio i processi innovativi per la coltura dei prodotti agricoli, dall’altro.
Quello che precede è del tutto evidente e pacifico, peccato che i burocrati si comportino come le tre scimmiette e gli assessori che li dovrebbero indirizzare non hanno polso e capacità per far funzionare quel settore loro affidato.

Quando converso con amici lombardi o marchigiani su questi argomenti, mi guardano increduli e commentano subito: “Se le avessimo noi queste risorse, incrementeremmo la ruota economica”. Dal che, si potrebbe citare quel detto popolare: “Il Signore dà il pane a chi non ha i denti”. Peccato che sia la nostra burocrazia che la nostra imprenditoria siano sdentate. Basterebbe che si facessero installare ottime dentiere per cominciare a masticare, consumando quelle risorse immobilizzate negli sportelli di Bruxelles e di Roma.
Il peggio di quanto precede è che in questa abulia e assenza di attività nessuno paga, non ci sono conseguenze né economiche né di carriera per i 1.200 dirigenti che regolarmente percepiscono tra i centomila e i duecentoquarantamila euro l’anno (lordi).
Inoltre, essi godono delle relative ferie e se poi si assentano qualche altra decina di giorni dal posto di lavoro, nessuno dice niente.
Una pacchia che dura da sempre. Quanto durerà ancora?

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