Rinvio scadenze fiscali, alto rischio di contenzioso tributario - QdS

Rinvio scadenze fiscali, alto rischio di contenzioso tributario

Salvatore Forastieri

Rinvio scadenze fiscali, alto rischio di contenzioso tributario

giovedì 16 Aprile 2020

Criteri adottati vanno “calibrati” perché così come sono comportano disparità di trattamento tra i contribuenti. Sospensioni concesse sono di brevissima durata, si teme un vero e proprio “ingorgo fiscale” a giugno

ROMA – Come abbiamo già detto dalla pagine di questo Quotidiano, le criticità del “Decreto Liquidità”, il Dl n. 23 dell’8 aprile 2020, riguardano fondamentalmente l’aspetto economico, un problema il quale, peraltro, può avere effetti devastanti anche dal punto di vista sociale. Speriamo, quindi, che giungano al più presto nelle tasche degli aventi diritto le somme messe in circolazione dal Governo con i Decreti Legge già pubblicati ed in attesa di essere convertiti in legge dal Parlamento.

Delle criticità riguardanti l’ambito del lavoro e degli ammortizzatori sociali se ne è già parlato e, come si è visto, sono abbastanza pesanti.

Ma anche in materia tributaria i problemi sono tantissimi. L’Agenzia delle Entrate, in verità, più volte ha fornito chiarimenti e, proprio in data 13 aprile scorso, il giorno di Pasquetta, ha pubblicato un’altra circolare, la n. 9, reperibile nel sito istituzionale dell’Agenzia, per fornire importanti chiarimenti in merito alle novità introdotte con il Decreto Legge 23 dell’8 aprile scorso.

Va detto subito che sembrerebbe che si stia provvedendo, con un apposito emendamento al Dl 18 del 17 Marzo 2020, ad eliminare quella norma che proroga di due anni i termini a favore dell’Ufficio fiscale per notificare l’accertamento relativo all’annualità in scadenza, ossia il 2015.

Ma le questioni sul tappeto che restano sono ancora troppe.
Quelle di carattere fiscale, infatti, sono disposizioni le quali, se non “regolate” meglio al più presto, non solo continuano a generare confusione e malcontento tra i cittadini, ma possono determinare anche un contenzioso tributario che, alla ripresa della “vita” economica ed amministrativa, sarebbe una ulteriore “palla al piede” dell’intera economia del Paese.

Il più grosso problema, sicuramente, è quello dell’ingorgo fiscale di giugno. Sappiamo, infatti, che tutte le sospensioni concesse con il Decreto 18 e con il successivo 23 sono state di brevissima durata. Tutte, poi, vanno in scadenza nel mese di luglio, o nei paragi. Si preannuncia, quindi, un grosso groviglio di scadenze che certamente è in assoluto contrasto non solo con problemi di natura sanitaria che i versamenti e gli altri adempimenti in questo particolarissimo momento comportano, ma anche con le difficoltà economiche e la mancanza di liquidità dei contribuenti.

È impensabile, infatti, che da qui a due mesi la situazione economica delle aziende italiane possa migliorare in modo tale da consentire la liquidità necessaria per potere rispettare tutte le scadenze di giugno/luglio, scadenze che qualcuno ha quantificato in ben 17 miliardi di Euro.

Sempre in materia tributaria, uno dei tanti dubbi sorge quando si cerca di capire se tra i versamenti “sospesi” per la “rimessione dei termini” di cui al “nuovo” articolo 21 del D.L. 23/2020, sono compresi anche quelli “non spontanei”, ossia richiesti dall’Ufficio con avviso di liquidazione, come nel caso del pagamento che può essere fatto, con la riduzione della sanzione ad un terzo, entro i termini per fare ricorso (“definizione per acquiescenza”) dopo la notifica dell’atto amministrativo pendente al 16 marzo.

Altri dubbi nascono poi con riguardo al sistema di determinazione delle nuove soglie per la concessione della sospensione prevista dal nuovo articolo 18.
In base alla nuova formulazione della norma, infatti, assumono rilievo due condizioni. Per le imprese che nell’anno precedente hanno realizzato un ammontare di ricavi non superiore a 50 milioni di Euro, la sospensione fino a tutto il mese di maggio è concessa, con pagamento entro giugno, ma a condizione che il fatturato (o l’ammontare dei corrispettivi) dei mesi di marzo ed aprile di quest’anno, sia stato inferiore di almeno il 33% rispetto ai corrispondenti mesi di marzo e di aprile del 2019.
Per le imprese, invece, che nell’anno precedente hanno realizzato un ammontare di ricavi superiore a 50 milioni di Euro, la citata sospensione è concessa a condizione che il fatturato (o l’ammontare dei corrispettivi) dei mesi di marzo ed aprile di quest’anno, sia stato inferiore di almeno il 50% rispetto ai corrispondenti mesi di marzo e di aprile del 2019.

Un criterio, diverso da quello precedente, ancorato esclusivamente ai ricavi dell’anno precedente (2 milioni di Euro), che lascia privi di copertura moltissimi contribuenti che hanno comunque subito, oltre alla contrazione del fatturato, anche altri effetti negativi, compresa una sensibilissima mancanza di liquidità, effetti spesso legati anche, o in misura prevalente, al mancato pagamento da parte dei propri clienti delle operazioni già poste in essere.

Bisogna ricordare al riguardo che il “fatturato” è cosa assolutamente diversa dall’ammontare dei ricavi. E bisogna ricordare pure che, principalmente il “fatturato”, ma anche i “ricavi” (fiscalmente considerati tali dalla normativa tributaria), non sono assolutamente sintomo di liquidità dell’azienda.

Se si vuole fare un esempio, accade che, in presenza di un fatturato di marzo 2020 uguale a quello del 2019, sia che l’impresa abbia conseguito l’anno scorso un ammontare di ricavi inferiore o superiore a 50 milioni di Euro, nessuna sospensione sarà concessa, anche se tutte le fatture emesse a marzo del 2020 dovessero restare assolutamente impagate.

È opportuno che questi paramenti vengano meglio “calibrati”, visto che, così come sono, comportano disparità di trattamento tra contribuenti con “fatturato” o “corrispettivi” di uguale importo ma con liquidità assolutamente diversa, liquidità che, come è abbastanza chiaro, è legata a fattori diversi dalla “produzione”, principalmente al tipo di attività svolta o al tipo di clientela alla quale l’attività fornisce beni o servizi.

Dal Decreto “Liquidità” non giungono notizie in merito a qualche altro problema precedentemente segnalato. Nulla viene detto in merito alla possibilità di estendere la sospensione dei versamenti nei casi di “comunicazioni di irregolarità” dell’Agenzia delle Entrate per le quali, sulla base delle disposizioni fin qui emanate, non è consentita alcuna sospensione per il pagamento con la riduzione ad un terzo o alla metà, nei casi previsti, rispettivamente, per i “controlli automatici” previsti dall’articolo 36 bis del D.P.R. 600/73 e per i “controlli formali” di cui all’articolo 36 ter dello stesso decreto presidenziale, nonché nei casi di dilazioni già concesse dalla stessa Agenzia.

Nessuna notizia in merito alla auspicata disapplicazione, per quest’anno, degli Indici di Affidabilità Fiscale (Isa). A causa della crisi economica in atto, questi indici hanno certamente preso qualunque significato tale da consentire pagelle di affidabilità o meno.

Nessuna notizia nemmeno in merito alle auspicate sospensioni in materia di tributi locali.
Tante attese, quindi. Ma la speranza maggiore resta quella che riguarda la semplificazione. Occorre cominciare a lavorare da subito per la ripresa del Paese, ma non bisogna dimenticare che il successo di questo obiettivo passa anche dalla semplificazione, qualcosa che è stata sempre invocata ma che ha avuto sempre i connotati dell’utopia.

Ora, però, in un momento così difficile, durante il quale tante cose che fino a poco tempo fa sembravano impossibili, bisogna fare anche questo. Bisogna realizzare una vera semplificazione degli adempimenti, compresi evidentemente quelli tributari, affinché finalmente la “tax compliance” possa svolgere il ruolo importante che le si è sempre attribuito nella lotta all’evasione fiscale.

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