Senza meritocrazia cinquantamila siciliani fuggiti all'estero. E tra questi undicimila neo laureati - QdS

Senza meritocrazia cinquantamila siciliani fuggiti all’estero. E tra questi undicimila neo laureati

Roberto Pelos

Senza meritocrazia cinquantamila siciliani fuggiti all’estero. E tra questi undicimila neo laureati

giovedì 03 Settembre 2020

La preoccupante fuga di cervelli analizzata dal direttore di Svimez, Luca Bianchi: “In questo modo la Sicilia perde non solo popolazione giovanile ma anche altamente qualificata”. Secondo i dati dell'Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, dal 2002 al 2018 hanno lasciato l’Isola per l’estero in 51.800 giovani emigrati. L’assessore all’Istruzione Roberto Lagalla: “I giovani sono preoccupati dalle prospettive occupazionali”

“La Lombardia è la regione italiana con il più elevato numero assoluto di emigrati (95 mila tra il 2002 e il 2018, di cui 25 mila laureati), seguono Sicilia e Lazio con rispettivamente, 52 mila e 50 mila”. E’ uno stralcio dell’audizione della Svimez, l’Associazione per lo sviluppo industriale del mezzogiorno, ascoltata in Commissione Esteri della Camera dei Deputati durante la discussione su alcune proposte di legge per l’istituzione di una Commissione per gli italiani all’estero.

L’intervento è riferito soprattutto ai giovani. Come ha aggiunto il direttore della Svimez Luca Bianchi ai nostri microfoni, “in particolare, abbiamo sottolineato come tra il 2002 e il 2018 circa 52 mila persone (51.800) costituiscano il saldo migratorio negativo per la Sicilia. Questo dato, che non è comunque paragonabile a quelli degli anni della grande emigrazione, mostra tuttavia una forte ripresa del fenomeno rispetto alla fine degli anni ’90 e inizio 2000 quando si era tendenzialmente esaurito.

Per fare un raffronto, nel 2006 il saldo netto era di appena 1.500 persone, mentre nel 2018 raggiungeva le otto mila unità e nel corso degli ultimi 15 anni si attesta a circa 50 mila. Se consideriamo che queste emigrazioni verso l’estero si sommano ai flussi molto più consistenti dei trasferimenti dal Sud verso il Centro-Nord, ne consegue che le migrazioni dalla Sicilia sono riprese in modo consistente.

Va anche segnalato che – prosegue il direttore della Svimez – rispetto alle migrazioni del passato, è molto cresciuta la quota dei laureati e la Sicilia ne ha persi circa 11 mila verso l’estero nello stesso periodo. Quindi, è un problema due volte rischioso perché in questo modo la Sicilia perde non solo popolazione giovanile, ma anche altamente qualificata. Occorre provare ad attuare politiche di attrazione di rientro dei cervelli emigrati e siccome molti giovani si trasferiscono anche per gli studi universitari, – conclude Bianchi – sarebbe importante o prevedere specifiche agevolazioni per farli tornare, come degli sgravi fiscali al momento del rientro, oppure mantenere i contatti con queste università di destinazione in modo che le competenze acquisite dagli studenti emigrati vengano trasferite ai giovani meridionali”.

Sul tema è intervenuto anche Roberto Lagalla, assessore all’Istruzione della Regione Siciliana. “La qualità formativa dei nostri Atenei è indubbia, la fuga degli studenti dalla Sicilia verso le regioni del Nord è un fenomeno noto e ritengo che rifletta la preoccupazione dei giovani e delle loro famiglie rispetto alle prospettive occupazionali. – ha sottolineato – Come Regione Siciliana siamo intervenuti sia sulle risorse per il diritto allo studio, realizzando anche misure straordinarie contenute nella legge di stabilità regionale, sia sul matching tra domanda e offerta di lavoro sul nostro territorio, creando sinergie positive tra imprese, enti e università.

Per ultimo, alla luce dell’impoverimento delle famiglie siciliane dopo il Covid-19, similmente ad altre regioni meridionali, abbiamo proposto l’esenzione del pagamento delle tasse universitarie del primo anno per gli studenti siciliani, iscritti in altre regioni, che decidessero di rientrare in Sicilia, prevedendo un impegno complessivo di 4 milioni di euro. Una iniziativa che, nel tempo, – chiude l’assessore – può aprire la strada al rientro dei cervelli in fuga”.

“L’impresa è l’unico reale generatore di ricchezza capace di creare opportunità di lavoro – dice Alessandro Albanese, vicepresidente vicario di Sicindustria -. E le persone restano dove c’è lavoro.

Oggi il problema reale è che i nostri ragazzi vanno via e non c’è alcun ricambio, perché questa terra non è attrattiva. La domanda che quindi continuiamo a fare è: ci diamo finalmente un modello di sviluppo che alla Sicilia manca da 50 anni? E un modello di sviluppo serio non può prescindere dalla manifattura, dalla produzione, dalla creazione di valore. E quindi nessuna forma di sussidio, ma creazione di lavoro reale; misure per la crescita dimensionale delle imprese; un piano infrastrutturale materiale e immateriale adeguato a una produzione 4.0; un impianto normativo snello e una burocrazia efficace ed efficiente che attragga gli investimenti e non li respinga così come avviene adesso; un uso dei fondi pubblici che abbandoni le logiche clientelari e che invece risponda a un piano di sviluppo; una formazione agganciata alle politiche del lavoro; una pubblica amministrazione che punti ad una completa digitalizzazione”.

Sul tema abbiamo ascoltato i segretari regionali Andrea Gattuso (Nidil Cgil), Sebastiano Cappuccio (Cisl) e Giuseppe Raimondi (Uil)

PALERMO – Sul tema dell’emigrazione abbiamo ascoltato il parere dei sindacati. “La difficoltà nel trovare un lavoro è ormai un dato assodato e interiorizzato dai giovani siciliani a tal punto da portare ad uno stato di scoraggiamento che trova come unica valvola di sfogo la fuga – sottolinea Andrea Gattuso, segretario generale di Nidil Cgil -. Questo generale clima è diventato un assunto culturale prevalente non solo tra i giovani ma anche nelle famiglie che, quando ne hanno la possibilità, assecondano e a volte incoraggiano i ragazzi a studiare o a cercare lavoro nel Nord Italia o all’estero.

Altro elemento che alimenta la fuga è quello della qualità del lavoro e della mancanza di meritocrazia. Da anni diciamo che da un lato sarebbe necessario incrementare i controlli ispettivi e rafforzare i Centri per l’Impiego e soprattutto fare investimenti che possano portare lavoro nella nostra Regione: pensiamo ad esempio alle opere di infrastrutturazione e alla messa in sicurezza del territorio ma anche a potenziare infrastrutture immateriali come l’Istruzione e la ricerca.

Il dato sulla spesa dei fondi comunitari è la cifra della mancanza di visione della politica siciliana sul futuro dell’isola. Un esempio di cattiva amministrazione che porta allo stato di scoraggiamento – conclude Gattuso – è l’Avviso 22 che finanzia tirocini extracurriculari: un bando uscito nel 2018, tirocini partiti a settembre 2019, molti di questi ragazzi hanno finito il tirocinio e non hanno ancora ricevuto un euro. Come dovrebbero i giovani siciliani avere fiducia?”.

“E’ chiaro che per rimediare alla fuga dei giovani all’estero c’è bisogno soprattutto di una politica e di una strategia di crescita e di sviluppo che noi riteniamo debba essere messa in campo dalla Regione – dice Sebastiano Cappuccio, segretario regionale della Cisl -. Rispetto a questo abbiamo fatto una serie di proposte come mettere in campo tutte le risorse possibili in un momento in cui l’Europa ha trovato un accordo rispetto ai fondi a sostegno in seguito alla vicenda covid. I primi sono messi a disposizione dal Mes: al di là delle inutili discussioni politiche che si fanno e che riguardano la ricomposizione dell’assetto della sanità nel nostro Paese, sono 36 miliardi di euro, mentre 209 mld serviranno per lavoro, crescita, sviluppo, infrastrutture, informatizzazione, scuola, università, ricerca, digitalizzazione del Paese e sburocratizzazione della Pubblica amministrazione.

Se non si mette in campo, all’interno della Regione, un piano altrettanto coerente con questi obiettivi è ovvio che la fuga dei giovani diventa sempre di più una concretezza”.

“Che cosa fare per agevolare il rientro in Italia e nella nostra regione dei giovani emigrati e avviare un processo di rigenerazione della nostra popolazione?” Se lo chiede anche Giuseppe Raimondi, segretario regionale della Uil, secondo il quale occorre “sostenere le politiche di reshoring che consistono nel rilocalizzare gli investimenti già realizzati in paesi low cost con un ritorno parziale o totale di produzioni verso i paesi di origine. Come si sostiene questa politica? Si sostiene con la semplificazione legislativa la flessibilità del mercato del lavoro, la diminuzione della tassazione su lavoratori e imprese, energia a costi bassi e per un lungo periodo di tempo accompagnamento delle imprese nei processi di location”.

Per avviare questo fenomeno in Sicilia, secondo il segretario Uil, occorrono una serie di interventi, alcuni dei quali riguardano anche l’azione del Governo nazionale.

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