Serre verticali idroponiche negli edifici abbandonati - QdS

Serre verticali idroponiche negli edifici abbandonati

Rosario Battiato

Serre verticali idroponiche negli edifici abbandonati

martedì 14 Gennaio 2020

Al via in Veneto il progetto sperimentale di Enea. Una grande occasione anche per la Sicilia, che fa segnare un record di immobili non più abitati: 17%, quanto Calabria e Campania insieme

CATANIA – Dare nuova vita agli edifici inutilizzati o abbandonati tramite la riqualificazione. Si sintetizza in questi termini l’obiettivo di Ri-Genera che prevede appunto di agire su capannoni dismessi ed edifici abbandonati come caserme, magazzini e case cantoniere creando serre verticali a coltivazione idroponica, ovvero fuori suolo, che garantiscono una maggiore produzione di verdure con minimo consumo di acqua e senza uso di pesticidi.
Il progetto è promosso da Enea in Veneto e vede tra i firmatari Coldiretti Padova, Parco Scientifico e Tecnologico Galileo, Advance, Idromeccanica Lucchini e Gentilinidue. Un piano che anche in Sicilia potrebbe trovare un’adeguata attenzione, dato l’elevato numeri di edifici inutilizzati.

IL PROGETTO
Il modello proposto si basa sul sistema “Arkeofarm”, “creato da Enea in collaborazione con Idromeccanica Lucchini – si legge nella nota ufficiale dell’Agenzia – che consiste in un impianto per coltivazioni orticole intensive sviluppato su più piani verticalmente” e, in particolare, “nella serra sono impiegate tecniche idroponiche avanzate in ambiente chiuso e climatizzato, con illuminazione artificiale integrale a led che può essere ad altissima automazione grazie a sistemi robotizzati per tutte le operazioni, dalla semina alla raccolta fino al confezionamento”, ha spiegato la ricercatrice Enea Gabriella Funaro.

LA DESTINAZIONE
La serra verticale concepita dai tecnici Enea diventa in questo modo un nuovo “elemento” urbano che si può adattare grazie alla “possibilità di essere localizzata sia in edifici privi di particolari qualità, anche completamente ciechi, sia in edifici storici o con vincoli architettonici perché permette di lasciare inalterato l’involucro entro cui viene inserito il sistema di coltivazione”. In particolare, all’interno le “coltivazioni sono realizzate in scaffalature sovrapposte minimizzando gli spazi e eliminando i rischi e le incognite del clima e delle malattie che invece gravano in modo rilevante nell’agricoltura outdoor” e poi l’utilizzo delle “luci a led che riproducono lo spettro solare accelerano la fotosintesi consentendo alle piante una rapida crescita con qualità organolettiche e nutritive ottimali”.

IL CASO SICILIA
Nell’Isola ci sono tantissime strutture abbandonate, basti pensare che la percentuale degli edifici non più abitati dai siciliani, in quanto cadenti, in rovina o in costruzione, è pari al 17% del totale nazionale, cioè il primo dato per regione (quello che cumulano assieme le due Regioni al secondo e al terzo posto della classifica: Calabria, 9,3% e Campania 8,4%).

La speranza è che il progetto possa infatti andare oltre il Veneto: “L’interesse riscosso da Ri-Genera da parte di aziende private e di istituzioni del nord Italia, ci fa ben sperare che il progetto possa essere esportato dal Veneto al resto del territorio nazionale e anche all’estero. Per questo abbiamo previsto attività volte ad aumentare la consapevolezza di produttori e consumatori, oltre che delle istituzioni, sui benefici delle tecniche di coltivazione idroponica e di vertical farming a livello di sostenibilità ambientale, economica e sociale”, ha concluso Funaro.

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