Tasse, in Sicilia gettito complessivo più contenuto (5.706 euro a persona) - QdS

Tasse, in Sicilia gettito complessivo più contenuto (5.706 euro a persona)

Serena Giovanna Grasso

Tasse, in Sicilia gettito complessivo più contenuto (5.706 euro a persona)

mercoledì 21 Agosto 2019

Cgia di Mestre: valori inferiori solo in Calabria (5.516 euro). Più del doppio in Lombardia (12.297 euro). L’80% finisce nelle casse dello Stato (4.570 euro), briciole per Regioni e enti locali

PALERMO – La Sicilia è la seconda regione dove il peso del fisco è più basso. Infatti, secondo i dati contenuti all’interno del report della Cgia di Mestre (Associazione artigiani e piccole imprese), elaborati a partire dalle analisi condotte dall’Agenzia per la coesione territoriale e dall’Istituto nazionale di statistica, nell’Isola le entrate tributarie ammontano mediamente a 5.706 euro in termini procapite, circa 3.400 euro meno della media nazionale (9.168 euro).

Nel 2017, ultimo anno in cui sono disponibili i dati, la Calabria è la regione con l’importo medio procapite più contenuto in assoluto: infatti, ogni residente di questo territorio ha pagato all’erario mediamente 5.516 euro. Sono, invece, i cittadini lombardi a versare più tasse al fisco: infatti, ogni residente di questa regione ha pagato mediamente 12.297 euro tra tasse, imposte e tributi. Seguono i valdostani con 11.480, gli abitanti del Trentino Alto Adige con 11.297 e l’Emilia Romagna con 11.252 euro.

Secondo l’ufficio studi della Cgia “questo risultato non deve sorprendere. Come recita l’articolo 53 della Costituzione, il sistema tributario italiano è basato sul criterio della progressività. Pertanto, nei territori dove i livelli di reddito sono maggiori, grazie a condizioni economiche e sociali migliori, anche il gettito tributario presenta dimensioni più elevate che altrove”.

Scendendo nel dettaglio, la quota più consistente dei tributi in Sicilia finisce nelle casse dello Stato (4.570 euro procapite, anche in questo caso il secondo valore più contenuto a livello nazionale, pari all’80% del totale), così come nel resto d’Italia (7.672 euro), sotto forma di Irpef, Ires, Iva, imposta di registro, imposta ipotecaria, imposta catastale, imposte su donazioni e successioni e accise su carburanti, oli minerali, tabacchi, gas metano ed energia elettrica.

Mentre il restante 20% si suddivide tra i tributi destinati alle amministrazioni regionali (507, valori più contenuti solo in Sardegna e Puglia, rispettivamente 392 e 415 euro), composti da Irap, addizionale regionale Irpef, bollo auto, addizionale regionale all’accisa sul gas naturale, tassa sulle concessioni regionali e sul diritto allo studio, e quelli destinati alle amministrazioni locali (629 euro), composti da Imu, Tasi, Tari, addizionale comunale Irpef, tassa occupazione spazi e aree pubbliche, imposta comunale sulla pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni, imposta sulle assicurazioni Rc auto, tributo provinciale per i servizi di tutela, protezione e igiene dell’ambiente.

“Questi dati consentono di fare una riflessione anche sul tema dell’autonomia differenziata – afferma Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi – Un argomento che nelle ultime settimane ha lacerato i rapporti all’interno della maggioranza ed ha contribuito a far scoppiare la crisi di governo. L’autonomia differenziata è stata vissuta come una contrapposizione tra Nord e Sud del Paese. Invece, è una partita che si gioca tra il centro e la periferia dello Stato”.

Secondo la Cgia di Mestre, questa riforma può incidere positivamente su tutte le regioni e non solo su quelle che per prime hanno chiesto maggiore autonomia. “Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono le regioni che stanno vivendo la fase più avanzata di questa partita – afferma Renato Mason, segretario della Cgia di Mestre – ma altre nove, in forme diverse, hanno manifestato l’interesse ad avviare una trattativa con l’Esecutivo. Più autonomia equivale a più responsabilità ed è evidente che i risparmi e l’extra gettito prodotto devono rimanere nei territori che li generano. Queste tre regioni faranno da apripista, provocando un effetto trascinamento che ridurrà la spesa pubblica e innalzerà la qualità dei servizi erogati ai cittadini”.

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