Ue, laureati senza lavoro, Italia meglio, Sicilia un vero disastro. Penalizzate soprattutto le donne - QdS

Ue, laureati senza lavoro, Italia meglio, Sicilia un vero disastro. Penalizzate soprattutto le donne

Pietro Crisafulli

Ue, laureati senza lavoro, Italia meglio, Sicilia un vero disastro. Penalizzate soprattutto le donne

lunedì 18 Novembre 2019

Secondo Eurostat se il dato italiano è in miglioramento, la situazione drammatica riguarda come al solito il Mezzogiorno, dove negli ultimi vent'anni il tessuto economico è stato smantellato investendo soltanto nel centro-nord. Così, a fronte a una media del 40% dei laureati italiani senza lavoro, la Sicilia è al 30,1% e per le donne il dato scende al 16,8%. Rota (Cgil) "Un'altra conferma della 'disattenzione' per il Sud, occorrono governi con un progetto per l'intero Paese e quella perequazione sempre promessa e mai mantenuta"

In Italia quasi sei laureati su dieci (il 59,8%) risultano occupati a tre anni dal titolo, una percentuale in crescita di dieci punti rispetto al 2014 ma ancora lontanissima da quella media europea che ha raggiunto l’83,5%.

In pratica – secondo quanto emerge dai dati Eurostat relativi al 2018 pubblicati di recente – oltre il 40% dei giovani che si laurea non trova (o non cerca nemmeno più) lavoro nei tre anni che seguono la laurea.

Il dato statistico e le realtà disastrose del Sud

Come al solito il dato statistico nasconde realtà disastrose e differenze inaccettabili in un Paese civile, che spesso non vengono evidenziate a dovere dai mezzi d’informazione. La tendenza a “informarsi” sui social, tra algoritmi russi e macchine della propaganda, fa il resto. Le conseguenze, soprattutto al Sud, sono sotto gli occhi di tutti.

Se, insomma, il dato medio italiano potrebbe anche andar bene, basta andare a guardare meglio e ci si rende conto che va benissimo al Nord e malissimo al Sud.

Ed è proprio la mancanza di speranza che attanaglia i giovani meridionali. Qualche tempo fa, durante una manifestazione, inalberarono uno striscione che diceva: “Giovani specializzati per essere disoccupati”.

L’Italia, infatti, risulta il Paese con la performance peggiore dopo la Grecia, ma anche quello con le maggiori differenze tra le regioni che fanno sì che siano italiane le due aree con i risultati peggiori, la Calabria e la Sicilia.

Nel Mezzogiorno per troppi anni niente investimenti

La situazione drammatica del lavoro riguarda come al solito il Mezzogiorno, dove per troppi anni governi a trazione leghista hanno causato, con massicci investimenti nel Nord che hanno escluso il Meridione, un danneggiamento del tessuto economico del Sud, aggravato da leggi come quel Federalismo Fiscale varato dal Governo Berlusconi e scritto dal leghista Roberto Calderoli che ha dato il colpo di grazia ai Comuni del Meridione.

Le ricche regioni del nord a trazione leghista, come Lombardia e Veneto, vorrebbero tra l’altro acquisire ancor più denaro attraverso la cosiddette “Autonomia”, un “divorzio all’italiana”, come lo ha definito il giornalista catanese Manuele Bonaccorsi nell’omonima inchiesta di Report GUARDA L’INCHIESTAche dimostra anche come dietro la presunta “virtù” di certe regioni ci siano condanne della magistratura.

Calabria e Sicilia fanalini di coda

Le regioni che in tutt’Europa registrano le percentuali più basse di laureati al lavoro a tre anni dal conseguimento del titolo sono Calabria (29,1%) e Sicilia (30,1%), ultime dopo la Sterea Ellada greca (33,7%).

Tra le regioni con la percentuale maggiore di laureati occupati entro tre anni dal titolo c’è la Bassa Baviera con il 97%.

In Sicilia la percentuale più bassa d’Europa

Se si guarda invece agli occupati tra uno e tre anni dalla laurea è la Sicilia la regione con la percentuale più bassa in Europa con appena il 32,3% di persone che trovano lavoro in questo lasso di tempo dalla fine degli studi.

Il segretario della Cgil di Catania Giacomo Rota

Rota (Cgil) una conferma della “disattenzione” per il Sud

Secondo Giacomo Rota, segretario della Cgil di Catania, “La fuga dei cervelli, la disoccupazione dei laureati meridionali e in particolare delle donne conferma ancora una volta che non c’è stata la dovuta attenzione verso il Sud del Paese: si è strutturalmente scelto di inventarsi una ‘Questione settentrionale’ che non esiste, per consentire ad alcuni governi di depredare di risorse il Mezzogiorno”.

“Tutte politiche dissennate – ha sottolineato – che cominciano a costituire una tempesta perfetta”.

“Certo – ha aggiunto -, bisogna registrare che in Italia ormai da anni i governi, tutti, non hanno dimostrato di avere un progetto complessivo per il Paese. Oltre a ciò bisogna sottolineare il fallimento dei governi della Regione siciliana degli ultimi vent’anni che, quel poco che c’era da parte dello Stato lo hanno sperperato, lo hanno utilizzato male, ma soprattutto non sono riusciti a sfruttare quei fondi europei che avrebbero potuto fare la differenza”.

“Occorrono governi con un progetto per l’intero Paese”

“Ecco perché – ha sottolineato il sindacalista – occorrono governi capaci di mettere in piedi un progetto per il Paese, ma per l’intero Paese, finendola di fare demagogia, di parlare alla pancia della nazione, di soffiare sul fuoco alimentando gli aspetti peggiori del carattere di noi italiani”.

La perequazione promessa e mai mantenuta

“Occorrono dunque – ha aggiunto – politiche anticicliche rispetto alle scelte del passato, ammettendo finalmente che esiste una questione meridionale che deve diventare produttivo per il bene di tutto il Paese. E per farlo occorre ridurre l’enorme gap che le scelte dissennate di questi anni hanno accresciuto, ossia attraverso una perequazione che, come ha svelato Report, è stata sempre promessa e mai attuata”.

“Aggredire la massa dell’evasione fiscale”

Secondo Rota “Lo si può fare avendo il coraggio di aggredire la grande massa di evasione fiscale, utilizzando in maniera virtuosa ciò che rimane delle risorse europee”.

“Bisogna infine – ha concluso il sindacalista – avere il coraggio di ricordare che comunque, in Italia, lavoratrici e lavoratori dal povero Sud al ricco Nord ricevono paghe tra le più basse nei Paesi sviluppati”.

In Bassa Baviera la percentuale è del 98,3%.

In media in Italia sono occupati tra uno e tre anni dalla laurea il 62,8% dei laureati, un dato di 10 punti migliore del 2014.

In Veneto quasi 46 punti più della Calabria

In Italia guardando alle percentuali degli occupati a tre anni dalla laurea (considerando quindi anche il primo anno dopo il termine degli studi) è ampissima la forchetta tra le varie regioni con il Veneto con una percentuale di occupati a tre anni dal raggiungimento del titolo del 75%, quasi 46 punti in più della Calabria.

Il Paese nel quale è più facile trovare lavoro è la Germania con il 93,7% di occupati a tre anni dal titolo in media e il 97,7% nella regione di Luneburgo, nella Bassa Sassonia. La situazione è ancora più difficile per il lavoro nelle regioni del Sud se in tasca si ha solo il diploma di scuola superiore.

In Germania occupati al 90,3%, in Sicilia 22,2

Entro tre anni dalla fine degli studi risulta occupato in Italia il 48,9% dei ragazzi, in miglioramento di 12 punti sul 2014, contro il 76,5% della media europea.

Ma se in Germania in media entro tre anni ha trovato lavoro il 90,3% dei ragazzi diplomati in Sicilia risulta occupata appena una persona su cinque (il 22,2%, con un calo dal 25,8% del 2017) mentre in Calabria sono il 28,6%.

Occupazione laureate, in Sicilia è debacle

Per le ragazze poi al Sud è una vera e propria debacle con appena il 16,8% delle giovani siciliane che lavora entro tre anni dal diploma di scuola superiore a fronte dell’85,3% della provincia di Bolzano e il 43,6% in media in Italia.

In Germania la media è dell’88,3% con picchi regionali superiori al 90%. Per le donne laureate la percentuale più bassa di coloro che sono occupate a tre anni dal titolo è in Calabria con appena il 21,6% (in calo sul 2017) mentre in Sicilia sono il 29,1%.

Per le donne europee laureate la media di occupate a tre anni dalla laurea è dell’82,1% mentre per l’Italia è del 58,1%, con la provincia di Bolzano all’82,6%, il Veneto al 76,2%, la Lombardia al 72,9% e la Campania al 42%.

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