Sicilia, spesa pubblica improduttiva - QdS

Sicilia, spesa pubblica improduttiva

Massimo Mobilia

Sicilia, spesa pubblica improduttiva

giovedì 02 Agosto 2012

Le amministrazioni locali della nostra regione sotto la lente di ingrandimento del Rapporto annuale della Banca d’Italia. Languono, invece, gli investimenti, diminuiti in tre anni, dal 2008 al 2010, del 7,2%

PALERMO – Dopo un’approfondita analisi sulla crisi del credito in Sicilia, dal crollo dei prestiti a famiglie e imprese, alle sofferenze finanziarie con la chiusura di banche e la riduzione di dipendenti e sportelli, l’attenzione del Qds sul Rapporto annuale della Banca d’Italia sull’economia regionale si sposta adesso sulle magagne della spesa pubblica locale.
Nei numeri dei Conti pubblici territoriali, pervenuti dal dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica presso il ministero dello Sviluppo, trova conferma un dato che risalta spesso nelle nostre inchieste sugli sprechi della pubblica amministrazione: le spese correnti superano di gran lunga quelle per investimenti. è successo nel triennio 2008-2010 quando, a fronte di una riduzione del 4% nelle spese correnti, le spese in conto capitale – che di conseguenza sarebbero dovute aumentare – sono diminuite invece del 7,2%. Nessuna sorpresa se si pensa che nel 2010 le spese di funzionamento incidevano per l’84,2% sul totale della spesa primaria, e sono risultate in aumento del 3% nelle Province e addirittura del 23,3% nei Comuni.
Abbiamo dunque, ancora una volta la certezza che le amministrazioni pubbliche investono poco o non investono affatto. Ciò non può che cagionare la salute del Pil regionale, nei confronti del quale gli investimenti fissi sono stati pari in media al 2,6% nel triennio 2008-2010, quando la spesa pubblica totale delle Pa locali è stata pari a 3.709 euro pro capite, al netto degli interessi. Incidenza sul Pil che si è attestata al 2,2% nel 2010, per oltre un terzo favorita dalle politiche economiche dei Comuni vincolati dalle disposizioni del Patto di stabilità.
Tuttavia, dal 2004 al 2010, il calo di investimenti da parte degli enti locali siciliani è stato costante e maggiore rispetto al resto d’Italia: nei Comuni con oltre 60 mila abitanti il calo è stato del 14,9% annuo a fronte di una media nazionale dell’11,5%, mentre negli enti più piccoli non soggetti al Patto la flessione è stata di circa il 9% annuo. Nella diminuzione dei trasferimenti in conto capitale, ha pesato per tutti la forte riduzione dei trasferimenti da parte della Regione.
Nella gestione delle risorse pubbliche c’è un capitolo, in particolare, che rappresenta allo stesso tempo il simbolo dell’immobilismo siciliano e della cattiva amministrazione della cosa pubblica, ed è quello dei fondi europei, altro tema di nostre ripetute inchieste. Alla fine del 2011 la Sicilia ha dovuto restituire fior di quattrini alla Commissione europea per il mancato utilizzo delle risorse messe a disposizione nel Programma operativo 2007-2013: il regolamento comunitario prevede il disimpegno automatico delle somme, a valere sui tre principali fondi strutturali – Fesr, Fse, Psr – se non impegnate entro il 31 dicembre del secondo anno successivo allo stanziamento.
In particolare, a fine 2011 sono venuti meno 15 milioni di euro dal Fondo sociale dove la spesa certificata è stata pari al 16,9%. Peggio hanno fatto nel programma più importante, il Fondo europeo per lo sviluppo regionale, dove la certificazione si è fermata al 12%, mentre nel Piano di sviluppo rurale i pagamenti si sono fermati al 34,3%. Ad un anno e mezzo dalla scadenza del Programma comunitario i conti sono ben presto fatti su quanto ci sia ancora da spendere, rispetto ad una dotazione complessiva che, secondo la Ragioneria generale dello Stato, è pari a 10,8 miliardi di euro comprensivi del cofinanziamento nazionale. Tutti soldi che vengono a mancare per lo sviluppo della Sicilia e che rimangono inspiegabilmente chiusi nei cassetti di “mamma” Regione.
Un debole palliativo è arrivato quantomeno dalla legge n. 11 del 2009 sul “Credito d’imposta”, divenuta operativa nel 2011, che ha permesso di sbloccare 120 milioni di euro nei confronti delle imprese con sede in Sicilia nei settori delle attività estrattive, manifatturiere, del turismo, dei servizi legati all’information technology e della trasformazione agroalimentare. Sono state accolte 402 istanze su 925 presentate, per un totale di 109,8 milioni di euro di credito concessi. Certamente non basta.

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